05/11/2012
Fondi europei. Molti li citano, ma pochi li conoscono come sarebbe auspicabile. Soprattutto perchè essi non piovono dal cielo. Anzi, visto che i Paesi europei contribuiscono al loro budget in proporzione al numero di abitanti siamo noi fra i maggiori finanziatori, e proprio noi non li sappiamo poi sfruttare. Aggiungiamo che essi coprono uno spettro vastissimo di progetti: si va dall'agricoltura alla pesca, dalle dogane alla giustizia, dal commercio all'artigianato, dall'arte alle imprese eccetera. Per aiutare a capire nel concreto cosa essi siano abbiamo scelto di raccontare storie individuali e ci siamo concentrati sugli ERC- European Research Council-funded projects, o fondi europei per la ricerca scientifica.
Perchè questa scelta? Perchè ce lo ripetono a ogni occasione: solo la ricerca e l'innovazione ci salveranno e faciliteranno la tanto attesa ricrescita del Paese. Lo dicono gli industriali, gli intellettuali , le autorità accademiche, gli ambientalisti, gli economisti. E aggiungono che per ottenere le risorse per sviluppare programmi di ricerca in futuro ci sarà soltanto l'Europa. Le risorse nazionali saranno sempre più magre a causa del patto di stabilità. I fondi comunitari invece sono obbligatori e cioè noi li paghiamo come l'Europa esige e pertanto non sono condizionati da vincoli. In questo momento per la scienza si sta elaborando il programma Horizon 2020 che entrerà in vigore alla fine del 2013. Sarà il nuovo programma quadro della ricerca europea e assorbirà il grosso delle nostre risorse. Il titolo che gli è stato dato suggerisce il suo scopo: fornire risposte alle grandi sfide che attendono il nostro continente. Ci darà un orizzonte. E lo farà ponendo al centro la ricerca scientifica. Il punto importante è questo: Horizon 2020 all'Italia costerà tantissimo. Quindi ci si attende un ritorno adeguato. Come si colloca l'Italia per ora? Male. È il coro unanime perchè, come ci ripetono tutti in continuazione, noi non sappiamo usare, chiedere e spendere i Fondi europei.
QUALCHE CIFRA
Il Settimo programma quadro per la ricerca UE ora in vigore è costato 52 miliardi di euro per sette anni e di questi abbiamo versato 7,5 miliardi, pari al 14,4%
ricevendo in ritorno solo poco più di 4 miliardi pari all'8,5%.
Come s'è detto si paga in proporzione alla popolazione. Quindi:
*l'Inghilterra paga il 12% ricevendo il 14,5 %
*l'Olanda investe il 4% ed ottiene il 6,7%
*il Belgio il 3 % ed ottiene il 4% e via così.
Un altro paragone: noi spendiamo per la ricerca in Europa ogni anno oltre un miliardo di euro.
Quanto spendiamo invece per la ricerca in Italia?
Versiamo ogni anno:
*170 milioni al Ministero per la Ricerca
*650 milioni al CNR
*500 milioni all'ASI (spazio)
*280 milioni ai fisici dell'INFN
più un'elemosina ai sismologi dell'INGV, agli astrofisici dell'INAF e a un'altra decina di Enti.
Ma questi investimenti servono soprattutto per pagare gli stipendi al personale e inoltre saranno soggetti a tagli e limature sempre a causa del patto di stabilità che resterà tale chiunque vinca le elezioni di primavera. Come s'è detto presto non ci sarà altro che l'Europa.
Il fisico Luciano Maiani
IL FUTURO
Horizon 2020 arriverà fra breve e ci costerà molto: il suo budget complessivo sempre per sette anni sarà di 80 miliardi di euro contro i 52 del programma attuale.
Quindi la nostra quota di oltre il 14% salirà a 1,7 miliardi di euro l'anno pari a 11,9 miliardi per il settennato.
Le stesse cifre le fornisce Luciano Maiani, un illustre fisico che è stato presidente dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, del CERN di Ginevra, infine del nostro Consiglio Nazionale delle Ricerche che ha diretto fino al 2011. Anche lui denuncia: «Guardiamolo Horizon 2020, guardiamolo bene. Pagheremo il 14% del bilancio Horizon e alle percentuali attuali (se non miglioreremo) riceveremo in cambio solo l'8,5%».
Perché, professore, l'Europa ci tratta così male?
«Siamo noi a trattarci male. I nostri scienziati sono bravissimi, ma sono la metà di quanti ne vantano gli altri Paesi europei. La conseguenza è che in Europa noi riceviamo la metà dei contratti che vengono vinti dagli altri. Inoltre molti italiani si aggiudicano contratti che poi utilizzano all'estero perchè vi trovano condizioni migliori, laboratori più attrezzati e magari perchè sono accolti meglio dai colleghi. Eppure siamo bravi, molto bravi. Il nostro CNR che io ho presieduto fino all'anno scorso, è il quarto gruppo di ricerca in Europa, primi essendo l'analogo francese, CNRS, Centre Nationale pour la Recherche Scientifique, l'analogo tedesco, Max Planck Institute, e la Commissione per l'energia atomica francese, CEA. Quarto siamo noi con il CNR. Io ricevevo dallo Stato italiano solo 650 milioni l'anno per l'Ente che però viveva bene grazie ai contratti e ai fondi che otteneva dall'Europa, dalle Regioni, dalle industrie. Senza contare che certe valutazioni andrebbero puntualizzate. Noi saremmo anche quarti, ma i francesi del CNRS hanno avuto contestazioni nel contesto comunitario, noi mai».
Che cosa significa tutto ciò nella pratica, nella vita dei ricercatori più brillanti, molti dei quali partono perché noi non abbiamo più posti da offrire, né assunzioni, nè concorsi? Abbiamo cercato di capirlo esaminando la vita concreta di qualcuno che questa situazione la vive.
Visto che Horizon 2020 è di enorme complessità, per chiarezza ci siamo limitati ad affrontare il settore della ricerca di base il cui sito parla da solo nel senso che elenca i progetti finanziati a tre livelli che corrispondono alle età dei candidati e in ciascun livello i progetti vincitori vengono divisi per Paese. Intendendo per Paese non la nazionalità del candidato, ma il Paese in cui si svolgerà la ricerca proposta.
Collegandosi al sito:
www.erc-europa.eu/erc-funded-projects
tutti possiamo controllare ciò che viene dato all'Italia, all'Inghilterra, alla Germania, all'Olanda, ma anche al Portogallo, alla Spagna, eccetera. Tanto per dire, limitandoci a considerare gli starting grant, i finanziamenti per chi inizia, e cioè ha conseguito il dottorato da meno di 7 anni, persino la Spagna nel 2012 si è aggiudicata più di noi: 29 progetti mentre all'Italia ne sono toccati solo 24 che sono stati ospitati dal Collegio Carlo Alberto di Torino, dalla Sissa di Trieste, dalla Fondazione Humanitas, ma anche dall'Università di Palermo e così via....
Il matematico Alfio Quarteroni.
UN VINCITORE
Alfio Quarteroni ha vinto ben due volte un ERC project al livello più alto di carriera. Entrambi erano da utilizzare in Italia e in Svizzera visto che egli è professore nei due Politecnici, di Losanna e di Milano. Il titolo del primo progetto è accativante: ”Prendere a cuore la matematica”. Il professore è un illustre matematico con un curriculum di tutto rispetto che comprende l'Università Cattolica di Brescia, ma anche il Centro per lo sviluppo della Sardegna che era stato voluto da Carlo Rubbia e che lui ha diretto, oltre a una cattedra nel Minnesota.
Il suo progetto, che si propone di aiutare i cardiologi a valutare meglio, grazie ad algoritmi matematici, l'opportunità di eseguire bypass coronarici o di scegliere lo stent più opportuno per i pazienti, verrà portato avanti al Politecnico di Losanna e in quello di Milano al tempo stesso. Costruirà un ponte fra i due Paesi che coinvolgerà quasi 70 persone.
Il secondo progetto s'intitola “Math to ward”, dalla matematica alla corsia, e aiuterà il medico a scegliere velocemente tra le diverse opzioni possibili davanti al malato, avendo come unico strumento decisionale un normale Iphone. Esso rientra nel programma “Mox.Polimi.it” con cui il Politecnico di Milano cerca di portare la matematica dappertutto.
Il professore è d'accordo con Maiani che l'Italia vince troppo poco rispetto a quello che si paga. Perché? «Abbiamo gente bravissima, ma forse meno abituata, rispetto agli inglesi o agli svizzeri, a mettersi in gioco».
Andrea Beraudo
Il CANDIDATO
Ha deciso di mettersi in gioco un candidato che è al suo primo tentativo. Andrea Beraudo, laureato in Fisica col massimo dei voti (ovviamente) all'università di Torino dove ha conseguito il dottorato, ha poi lavorato al Centro Europeo di Fisica Teorica di Trento, al CEA di Parigi, al MIT di Boston e al Cern di Ginevra dove si trova ora. Qui ha vinto una borsa alla Divisione Teorica, borsa prestigiosa e assai difficile da conseguire.
Beraudo sta preparando la domanda per uno starting grant, sezione per i più giovani, ed ha chiesto all'università di Torino di ospitare il suo progetto, se lo vincerà. Vale a dire, se vincerà non andrà all'estero, come fanno in tanti, così come ci ha detto Maiani. Lui sa che a Torino troverà ciò che cerca: scienziati di alto livello, strutture, accoglienza.
Se ce la farà l'università di Torino riceverà un milione e 200 mila euro divisi in 5 anni. Con questi Andrea si pagherà il proprio stipendio, assumerà 4 assegnisti e comprerà attrezzature d'avanguardia per computer che tutti a Torino potranno utilizzare. Col suo gruppo pubblicherà ricerche , attirerà visitatori ed altri allievi . A tutto vantaggio del prestigio dell'Ateneo.
Tanto più perchè il suo progetto affronta un tema centrale della fisica contemporanea: quello dello stato della materia esistente nei primi istanti dell'universo, il cosidetto plasma di quark e gluoni (QGP). Per ricreare il QGP in laboratorio sono stati costruiti due acceleratori assai avanzati (uno al Cern e l'altro in Usa). Qui sono condotti esperimenti che spetta poi ai fisici teorici interpretare servendosi di computer sofisticati. Le ricadute sulla società che questi hanno comportato sono ben note: basti pensare a Internet che è stato inventato proprio al Cern per la ricerca e che, come sappiamo, ha poi rivoluzionato il mondo.
Alberto Anfossi
IL TUTOR
Come ha detto Maiani, dall'Italia giungono poche domande, quindi l'Italia consegue poche vittorie e sino a ora solo il 10% delle proposte italiane sono state accolte. Arrivano poche domande che spesso sono anche compilate male.
Di ciò ora molti si preoccupano e proprio ad Andrea Beraudo è successo che gli sia stato offerto un tutor che per caso è un fisico come lui. Si chiama Alberto Anfossi e poichè era molto interessato alla cooperazione equo-solidale, dopo aver conseguito il dottorato in fisica al locale Politecnico ha anche ottenuto un master in management al Collegio Carlo Alberto di Torino, Fondazione della Compagnia San Paolo mirata alla ricerca e alla formazione ad alto livello in campo economico, la scuola di Elsa Fornero per intenderci.
Era allora rettore del Politecnico subalpino lo stesso Profumo che ora è ministro, ed era già molto preoccupato per la nostra posizione in Europa. In questo clima all'università e al Carlo Alberto (siamo sempre a Torino) a qualcuno è venuta l'idea di un progetto strategico e di affidare ad Anfossi il compito di tutor dei candidati. Per iniziare, dei candidati torinesi. Ma il momento è maturo e il progetto dovrebbe estendersi.
«Per candidarsi in Europa è certamente opportuno conoscere l'inglese, ma è anche necessario saper fare previsioni finanziarie, calcoli di stipendi e così via. Prendiamo due rami in cui noi italiani siamo molti bravi e competiamo bene: fisica e oncologia. Ma ve lo vedete un fisico o un oncoematologo che presentano un bilancio alla UE? Qualcuno li deve aiutare a calcolarsi lo stipendio che intende darsi (quello di un ricercatore di ruolo) , come pagare i giovani che intendono aggregare, come fare il bilancio di quello che vuole acquistare. E quanto gli costerà tutto ciò, quindi quanto devono chiedere.
Qualcuno poi deve assisterlo nella compilazione, nella scrittura. Bisogna imparare oltre all'inglese, anche il linguaggio dell'Europa, il suo modo di procedere. Sebbene ci sia la moda dei neologismi inglesi , in Italia parliamo solo italiano, un italiano che sa di latino . Anche per questo siamo sempre in pochi a sottoporre domande. E a vincere. Siamo bravi, ma dobbiamo capire che oggi è indispensabile partecipare».
Ida Molinari