Spazio, ecco il futuro tra le stelle

Chiusa per sempre l'era dello Shuttle, appena atterrato in Florida, la Nasa si affiderà ai privati. I quattro progetti per portare in orbita gli astronauti americani. E l'Europa....

21/07/2011
L'equipaggio dell'ultima missione dello Shuttle Atlantis.
L'equipaggio dell'ultima missione dello Shuttle Atlantis.

Al termine di una missione di 12 giorni, lo Shuttle Atlantis è atterrato sulla pista del Kennedy Space Center, in Florida. Si è conclusa così, dopo trent'anni, la storia delle navette americane. Qualcuno al quartier generale della Nasa ha tirato un respiro di sollievo. Ogni lancio costava mezzo miliardo di dollari: un salasso insostenibile per il bilancio dell'agenzia spaziale Usa. Per non parlare della sicurezza, perché ogni volta che partiva uno Shuttle la mente era al ricordo del Challenger, esploso in volo durante il lancio, e del Columbia, incenerito rientrando nell'atmosfera.

Per molte più persone l'atterraggio di Atlantis segna invece la perdita del lavoro. Nella zona di Cape Canaveral, in Florida, sono già piovute 9.000 lettere di licenziamento.
Altre migliaia stanno arrivando a Houston e in tutti gli Stati Uniti, alla Nasa così come in decine di aziende private impegnate nel programma. Era già successo con la fine delle missioni lunari Apollo, ma allora c'era l'attesa per l'avvio dei voli Shuttle. Oggi l'orizzonte appare confuso.

Abbandonato alla fine del 2009 il progetto Constellation, quello del ritorno alla Luna alla fine di questo decennio, e con esso lo sviluppo del veicolo spaziale Orion e dei super-razzi Ares, la Nasa non ha una navicella spaziale per i suoi astronauti. Inutile recriminare: Obama ha ricevuto in eredità da Bush junior due guerre e un debito pubblico record. E, con il perdurare della crisi, i soldi per lo spazio sono pochi. Per ora gli americani dovranno masticare amaro e chiedere un passaggio (pagando, s'intende) sulle vecchie capsule russe Soyuz. Un duro colpo all'orgoglio nazionale.

Poi, secondo i piani di Obama e dell'amministratore della Nasa Charles Bolden, dovrebbero arrivare i privati. Quattro sono le aziende in gara per portare in orbita gli astronauti Usa. C'è un colosso aerospaziale come Boeing e piccole industrie sconosciute ai non addetti ai lavori. Dei quattro progetti, uno solo assomiglia allo Space Shuttle: il Dream Chaser (Cacciatore di sogni). Una navetta in scala, proposta dalla Sierra Nevada e derivata da un progetto sviluppato anni fa dalla stessa Nasa.

Molto futuristico (troppo, probabilmente) è il progetto Blue Origin New Shepard: un veicolo capace di decollare e atterrare verticalmente come l'astronave di un film di fantascienza. L'idea deriva dal prototipo sperimentale senza piloti DC-X realizzato negli anni Novanta e abbandonato dopo un incidente. Gli altri due concorrenti preferiscono affidarsi alle tradizionali capsule, tipo l'Apollo per intenderci. Una soluzione semplice e collaudata. Così fa Boeing che ha acquisito in passato sia la North American Aviation – costruttrice dei veicoli Apollo, ai quali la nuova capsula assomiglia in modo impressionante – sia la McDonnell, dalla cui fabbrica uscirono le Mercury e le Gemini.

E così fa anche la californiana Space X. Proprio quest'ultima ha conquistato la pole position alla fine dello scorso anno lanciando in orbita con il proprio razzo Falcon 9 e riportando a Terra la capsula Dragon. La navicella è già stata scelta dalla Nasa per trasportare materiali e provviste sulla Stazione Spaziale Internazionale, ma con piccole modifiche può ospitare sino a sette astronauti. Questo, dunque, potrebbe essere il futuro del volo spaziale a stelle e strice.

E l'Europa? Anche l'Esa ha allo studio una capsula capace di trasportare persone e cose. La capacità tecnica per trasformare il sogno in realtà c'è, ma ci vogliono anche le risorse. E i tempi, a leggere le notizie dal fronte dell'economia, non appaiono davvero i più propizi.

Giancarlo Riolfo
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