25/05/2011
Il presidente Kennedy pronuncia lo storico discorso del 25 maggio 1961.
Giusto cinquant’anni fa, il 25 maggio 1961, il presidente Kennedy
convocava una seduta a camere riunite del Congresso per annunciare che
entro il decennio un americano avrebbe messo piede sulla Luna. Sarebbe
stato di parola: otto anni dopo, nel 1969, Neill Armstrong
divenne il primo uomo, e non solo il primo americano, a calpestare il
suolo lunare e a tornarsene sano e salvo sulla Terra.
Conviene ricordare questo mezzo secolo tondo perché proprio in questi
giorni l’epopea spaziale americana, cominciata appunto con il discorso
di Kennedy, si avvia a una malinconica conclusione. Lo Shuttle spaziale Endeavour
(quello pilotato da Mark Kelly, marito di Gabrielle
Giffords, il deputato dell’Arizona che fu quasi uccisa in
gennaio da un pazzo con la pistola) sta completando il suo ultimo volo,
con a bordo il nostro Roberto Vittori. A metà luglio il
volo d’addio toccherà all’Atlantis e poi… nulla.
Il programma
degli Shuttle è stato chiuso dal presidente Obama nel pieno della crisi
economica. Il Congresso ha chiesto alla Nasa di costruire un potente missile spaziale, sul
genere di quelli del programma Apollo. Ma sarà pronto
al più presto nel 2016 e poi non si sa bene quale dovrebbe essere il suo
obiettivo. La Luna no, perché Obama ha cancellato anche il programma
lunare; e altre destinazioni o non sono possibili o non sono state
indicate.
Così, in mancanza di un futuro, gli appassionati dei viaggi spaziali
devono consolarsi con le glorie del passato. Che sono stampate
nella nostra memoria e nel nostro cuore: io vidi lo sbarco
sulla Luna alla Tv, in casa di vicini, in montagna. Avevo 11 anni,
ricordo come fosse adesso le liti tra Tito Stagno e Ruggero Orlando e la
corsa dentro e fuori casa per vedere se in cielo si scorgeva qualcosa
di quel via vai di astronauti.
Ancora oggi non è chiaro che cosa spinse John Fitzgerald
Kennedy a imbarcarsi nell’avventura lunare. Qualcuno ha detto
che fu il fallimento della Baia dei Porci (lo sbarco a Cuba di circa 2
mila cubani, finanziati e organizzati dalla Cia, per rovesciare il
regime di Fidel Castro) a spingerlo sulla via delle stelle. Ma il
disastro della Baia era di un solo mese precedente lo storico discorso,
impossibile che Kennedy potesse lanciarsi in una simile impresa così di
colpo. Più credibile che fosse l’offensiva spaziale dell’Urss, culminata
nello storico volo di Jurij Gagarin (12 aprile 1961), a
preoccuparlo e insieme spronarlo.
Non v’è dubbio, è stata una grande epopea americana. Qualche dubbio,
invece, regolarmente ritorna quando si tratta di rispondere a una
semplice domanda: ne è valsa la pena? Il progetto Apollo, da
solo, è costato agli Usa 150 miliardi di dollari (valuta 2010). Secondo
certi calcoli, 5 volte il Progetto Manhattan (la costruzione della prima
bomba atomica) e 18 volte lo scavo del canale di Panama, imprese
ugualmente gigantesche, che hanno segnato non meno dei voli spaziali il
destino dell’intera umanità.
Altri stimano invece che la ricaduta tecnologica del programma abbia
prodotto non meno di 30 mila tra attrezzi, oggetti, macchine prima
inesistenti, e che per ogni dollaro speso ne siano rientrati
almeno tre. Senza contare l’impulso decisivo dato
all’elettronica e alla metallurgia.
Certo, non abbiamo colonizzato lo
spazio, nemmeno con lo Shuttle. Ma noi, come posteri, siamo forse troppo
giovani per esprimere un giudizio completo.
Fulvio Scaglione