Come superare il “mal d’ufficio”

Costretti a vivere ore e ore accanto a persone che non abbiamo scelto, bisogna imparare a favorire un clima sereno

13/01/2012

È una fortuna lavorare dove si riesce ad intrecciare oltre a un buon rapporto di lavoro, anche buoni rapporti di amicizia, ma si deve tenere ben presente che non è la norma. Già il solo fatto di avere e mantenere buoni rapporti lavorativi è un traguardo importante. Esistono luoghi in cui persone sedute gomito a gomito non scambiano una parola tra loro. Gli amici si scelgono, i colleghi no. Eppure con molti di loro si passano più ore che con la famiglia a casa. Sarebbe meglio, quindi, che in ufficio il clima fosse piacevole e senza tensioni, non una fonte di stress ulteriore. A volte, però, non è facile e inevitabilmente qualche scontro può esserci.

Emanuela Mencaglia, psicologa di Humanitas, spiega perché è importante avere buoni rapporti con i colleghi: 
«Direi che, innanzitutto, è indispensabile “avere dei rapporti” con i colleghi, perché solo in questo caso si può, eventualmente, lavorare per migliorarli. Esistono luoghi lavorativi, infatti, in cui persone sedute gomito a gomito non scambiano una parola tra loro e a malapena si salutano. Il lavoro ti costringe a relazionarti con innumerevoli figure professionali e gli individui, che sono attori nelle relazioni stesse, hanno il loro carattere, la loro personalità. Il posto di lavoro permette di conoscere queste persone, interagire con loro ed eventualmente decidere se con qualcuno c’è più “feeling”. Se alla fine riusciamo a trovare, tra tanti colleghi, qualche amico, possiamo ritenerci fortunati. Avere un buon rapporto tra colleghi ovviamente aiuta, ma credo che possa essere più efficace riuscire a trovare una buona modalità comunicativa per far sì che gli scambi professionali siano fluidi ed efficaci. È indubbio che per alcune persone sia più semplice avvicinare gli altri, avviare un buon rapporto, ma un grosso aiuto viene anche dai colleghi, che quando sono persone aperte e disponibili, al di là del ruolo istituzionale ricoperto riducono la distanza iniziale e migliorano la qualità del rapporto».

Qual è la prima mossa da fare?
«La disponibilità all’incontro e alla conoscenza dell’altro è indiscutibilmente l’arma fondamentale per iniziare ad avere un rapporto. Poi bisogna incontrare anche la persona giusta. Il rispetto dell’altro e dei suoi spazi personali è necessario, mai esagerare nella confidenza, sarà il tempo che permetterà agli individui coinvolti di modificare i rapporti, rendendoli migliori e, magari, più intimi».

Ci sono regole da seguire?
«Rispettare sempre l’altro, le sue idee, il suo spazio ed esigere dall’altro lo stesso. È la buona educazione. Spesso ce ne dimentichiamo, ma la prima regola per andare d’accordo, è trovarsi in un gruppo di persone educate. Inoltre, è bene imparare a collaborare e a condividere con gli altri le informazioni, in particolare quando si lavora in team, e cercare di stimolare sempre lo scambio, anche quando ci si trova davanti a soggetti che hanno difficoltà nel lavorare in gruppo. Ci sono persone che prediligono lavorare in autonomia e trovano limitativo o noioso il lavoro d’équipe. Per queste persone i colleghi potrebbero essere vissuti come soggetti con cui competere e questo non rende fluidi i rapporti. Per arrivare a loro, potrebbe essere necessaria un po’ più di pazienza e di creatività. Forse percependo l’utilità della divisione dei compiti e dei carichi di lavoro, riusciranno anche a lasciarsi andare nelle relazioni interpersonali».

E se il rapporto è compromesso? Che cosa si può fare?
«Il posto di lavoro è necessariamente un luogo in cui si deve raggiungere un obiettivo, al di là delle relazioni interpersonali, se poi queste sono buone e gratificanti, tutto va a gonfie vele. Quando le cose si inceppano è fondamentale che le persone coinvolte non si arrocchino sulle loro posizioni e cerchino di comprendere il perché dell’attrito. Il buon senso, prima di tutto, ci farà capire che è inutile mantenere delle posizioni rigide che non permettono la negoziazione, ma questo è insito in tutte le relazioni. È quando il rapporto si struttura, che iniziano ad emergere le difficoltà e lì ci si mette alla prova: quanto saremo in grado di mediare, pur di riuscire a raggiungere la meta? Il chiarimento credo che diventi essenziale, come essenziale è ricollocare nella propria “lista di gradevolezza” il collega con il quale ci si è trovati in difficoltà, in una posizione di stand-by, per analizzare quali siano stati gli elementi di conflitto che hanno scatenato la crisi, almeno per quanto ci riguarda, e, quindi, attribuire il giusto peso alle colpe». 

Michele Rosati
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