11/05/2011
L’allarme è stato lanciato durante il Convegno promosso dall'Associazione Italiana per lo Studio del Fegato e il Policlinico Universitario Gemelli di Roma. Se il carico di medicinali è eccessivo, si appesantisce il lavoro del fegato. Il fai-da-te sanitario è dunque sconsigliato, però... «È anche vero che gli effetti collaterali non sono così diffusi e che in Italia il fegato è sempre stato ‘culturalmente' sopravvalutato e l'alcol un suo nemico sottovalutato», precisa il professor Mauro Podda, responsabile del Dipartimento di Medicina Interna di Humanitas e professore ordinario di Medicina all'Università degli Studi di Milano.
«I farmaci danno una vera alterazione in casi rari perché vi è una predisposizione genetica (in futuro sempre più prevedibile attraverso screening appropriati) o una epatopatia grave oppure se il farmaco è assunto a dosi estremamente elevate. Si pensi al paracetamolo. Se la dose è corretta non ha effetti collaterali e può essere assunto anche dalle donne in gravidanza e nei bambini. Certo è che se si prendono 15 grammi, una quantità molto elevata, non solo è tossico per il fegato, ma per l'intero organismo e può condurre a morte o trapianto. Il concetto è che i farmaci debbano essere assunti seguendo le indicazioni che tengano conto delle caratteristiche individuali».
Podda affronta un altro aspetto, a suo parere più grave: «In Italia è diffusa la cultura che il fegato debba essere un organo da proteggere perché considerato particolarmente vulnerabile. Per questo presupposto non vi è fondamento scientifico. In passato, seguendo questa tesi, si abusava di farmaci inutili come gli epatoprotettori, molto spesso da iniettarsi per via parenterale, che hanno ottenuto il risultato contrario disseminando infezioni da epatite B e C che l'hanno, così, danneggiato. E, invece, si sottovaluta il vero nemico del fegato, che è l'alcol, su cui verte troppa indulgenza. L'alcol può essere considerato un farmaco sia per gli effetti neuropsichici sia perché modula molto la risposta ai principi attivi amplificandola o riducendola. È un paradosso italiano, uno dei tanti».