Tumore dell'ovaio, un killer sconosciuto

È uno dei più diffusi tra quelli femminili, ma molte donne ne ignorano i sintomi e le regole di prevenzione

23/03/2011

Il tumore dell'ovaio è il sesto femminile più diffuso: in Italia se ne registrano cinquemila nuovi casi all'anno. È anche uno dei più pericolosi, perché circa nel 70% dei casi la diagnosi avviene in fase avanzata. Eppure oltre un terzo delle donne italiane lo ritiene identico al tumore dell'utero, l'87% non ne ha mai parlato con il proprio medico, il 70% non ne conosce le manifestazioni e solo l'11% sa che l'ecografia transvaginale è fondamentale per la diagnosi. Questi i risultati di una recente ricerca condotta dall'Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna (O.N.Da) in collaborazione con Cegedim Strategic Data (CSD). «Si tratta di un tumore raro e difficile da diagnosticare, che non dà infatti segnali evidenti della sua presenza. Per questo è indispensabile anticipare la fase di diagnosi», spiega il dottor Domenico Vitobello, responsabile dell'Unità Operativa di Ginecologia in Humanitas.

Non si hanno segnali evidenti della sua presenza negli stadi iniziali, quando il tumore è confinato solo sull'ovaio senza metastasi. In questa fase si mette in evidenza spesso come formazione cistica, magari con delle irregolarità ed alterazioni. Il riscontro ecografico è spesso occasionale in seguito alla visita ginecologica di routine annuale che ogni donna dovrebbe eseguire. Non esistono test specifici. Il sospetto diagnostico del tumore ovarico si completa con l'aiuto dei markers tumorali eseguibili con un banale esame del sangue: ad esempio il CA 125 il CA 19.9 il CEA e altri ancora che aiutano il medico ad indirizzare la paziente ad ulteriori accertamenti e cura del caso.

La diagnosi precoce è più frequente nelle pazienti sotto i 50 anni durante la vita fertile periodo dove più facilmente le donne eseguono le visite annuali, mentre è più difficile nelle donne dopo i 50-60 anni dove il tumore è più frequente, ma dove le visite ginecologiche sono eseguite con minor frequenza. «Negli stadi iniziali di malattia o nel sospetto ecografico di cisti complessa la chirurgia è necessaria e può essere eseguito con tecnica laparoscopica tradizionale o robotica - spiega il dottor Domenico Vitobello -. Nel corso dell'intervento viene asportato l'ovaio malato e viene eseguito un esame istologico e qualora fosse posta diagnosi di neoplasia si procede alla chirurgia completa che viene modulata in base all'età della donna e dello stadio di malattia. I tumori nello stadio iniziale, in donne giovani che desiderano figli, possono essere trattati chirurgicamente senza necessariamente asportare l'utero e l'ovaio sano. Negli stadi avanzati della malattia l'intervento prevede l'asportazione dell'utero, delle ovaie e di alcuni tessuti interni intaccati dalla malattia. Grazie alla presenza di più specialisti durante l'intervento è possibile asportare i visceri malati per poter asportare in modo completo la malattia neoplastica. Dopo l'intervento, si procede quasi sempre con la chemioterapia».

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