Bambini sani dopo una gravidanza senza alcol

In Italia si sottovaluta il rischio dell'alcol in gravidanza e la conseguente sindrome feto-alcolica. Bisogna preoccuparsi anche per le donne che ne bevono piccole quantità.

27/11/2012

  Si è appena concluso a Roma il 1° Congresso Nazionale Sifasd (Società italiana sulla sindrome feto-alcolica) dal titolo Il giovane del futuro nasce da una gravidanza sana, un importante appuntamento per far luce sugli effetti dell’assunzione dell’alcool in gravidanza. Gli specialisti hanno lanciato un allarme: in Italia, sono 30mila i bambini che nascono ogni anno con questo problema, ovvero il 5% delle nascite totali. E anche se la patologia non sempre si manifesta in forma grave, cioè con una vera e propria disabilità cognitiva, occorre prontamente intervenire sul fenomeno. La sindrome feto-alcolica (FAS) può infatti provocare gravi danni, non solo al fegato e al cuore ma, anche di tipo neurologico e cognitivo al futuro bambino.

Nel corso della sua vita, può sviluppare un comportamento antisociale, difficoltà nell’apprendimento verbale, nella memoria e nelle abilità logico-matematiche. «Può colpire in forma differenziata - ha spiegato il presidente Sifasd, Mauro Ceccanti - producendo disabilità importanti a livello cognitivo, ma si può presentare anche come incapacità di apprendimento, di parola, o deficit di attenzione. Negli Usa si sta studiando, ad esempio, il legame tra questa sindrome e il bullismo. L’unico modo per prevenire il disordine è non bere assolutamente in gravidanza, ma nel nostro paese manca una cultura in tal senso. Non solo le donne ne sottovalutano la gravità ma anche le istituzioni. Rispetto agli Stati Uniti, ma anche Inghilterra o Francia, siamo molto indietro». La prevenzione, dunque, rimane centrale ma in Italia il problema è stato ampiamente sottovalutato.

Dalla sua nascita, la Sifasd si batte per questo scopo, promuovendo l’assistenza socio-sanitaria e la cura dei soggetti con patologie correlate ad un’esposizione in utero all'alcol, e cercando, parallelamente, di fare educazione sanitaria, formazione degli operatori, sensibilizzazione. Da tempo, ad esempio, è stato chiesto l’avviso per le gestanti sulle etichette delle bevande alcoliche, come accade in altri paesi. La prima causa della malattia è la quantità di alcol consumata dalla madre durante la gravidanza: non esiste una soglia di consumo che possa essere considerata sicura, ma i ricercatori definiscono  a rischio il consumo di 12-13 g di alcol puro al giorno.

Non sono, dunque, soltanto le madri alcoliste a rischiare ma anche le donne che bevono piccole quantità di alcol. Le Linee guida per una sana alimentazione italiana, pubblicate dall’INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione - Ministero delle Politiche Agricole e Forestali) raccomandano alle donne in gravidanza e in allattamento di astenersi dal consumo di alcol. Nonostante ciò, in Italia l’abitudine di bere alcolici in gravidanza è ancora diffusa e i problemi che si propongono a coloro che in vario modo sono chiamati ad intervenire sono molteplici.

«Questo congresso intende indicare la strada da percorrere ponendo in evidenza molte, anche se non tutte, le problematiche connesse al disordine», ha annunciato Ceccanti. «La speranza è che, da oggi, questa patologia venga maggiormente presa in considerazione da tutti e ciò possa contribuire a modificare la cultura prevalente nella nostra società che attualmente favorisce l'esposizione al rischio».

Nel corso del congresso, è stata firmata una convenzione con National Institute on Alcohol Abuse and Alcoholism americano, nell’intento di collaborare nella ricerca e l’individuazione delle problematiche. 

Alessandra Turchetti
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