I bambini di fronte alla morte

Un sito olandese dedicato all'educazione spiega come i bambini affrontano la morte delle persone care e cosa possiamo fare per star loro vicino

18/02/2011

Inevitabilmente, prima o poi ai bambini succede che qualcuno a loro vicino muoia. Può essere un nonno, una vicina di casa, la mamma di un compagno di scuola o - quel che mai si vorrebbe - una figura di riferimento come un genitore.

Spesso, in queste situazioni gli adulti, già scossi per conto loro, non sanno come e cosa dire ai bambini, e come comportarsi anche per quel che riguarda le cose pratiche.
La morte di una persona porta infatti, in breve tempo, ad una serie di azioni rituali che devono essere fatte, e fra queste c’è il funerale o la cremazione.

 

I bambini devono parteciparvi? Qualcuno ritiene opportuno portare temporaneamente i bambini lontano dal dolore, affidandoli magari ad amici o parenti.

In un sito olandese dedicato all'educazione (www.ouders.nl) alcuni esperti, nel campo della “elaborazione della perdita e del  lutto”, concordano invece sul fatto che è sconsigliabile allontanare i bambini, ai quali verrebbe tolta la possibilità di “familiarizzare” con un evento come la morte, parte necessaria della vita, e potrebbero sentirsi esclusi dalla vita familiare. L’importante è essere il più trasparente possibile e raccontare verità “narrabili” con un linguaggio in sintonia con le caratteristiche dei bambini. Tocca agli adulti captare le loro emozioni e desideri, tenendo naturalmente in considerazione l'età.

Secondo quanto riportato dal sito olandese, è fondamentale che il bambino si senta al sicuro e possa - secondo le sue capacità e in base all’informazione ricevuta - fare le sue scelte. Deve poter esprimere i suoi sentimenti, legati alla perdita e alla tristezza, e poter fare domande molto concrete come “perché in una cassa di legno?”, oppure “ma se io devo fare pipi durante il funerale”?

I riti, spiegano gli esperti, aiutano anche i bambini, come gli adulti, nel processo dell’elaborazione del lutto. Aiutano a dire addio, ad elaborare le emozioni e a prospettarsi la vita futura in assenza fisica della persona scomparsa.  Un bambino può sentirsi compreso sotto un mantello di lutto familiare, facendone parte. Naturalmente, in tutto questo bisogna considerare che i bambini non sono tutti uguali, e gli adulti dovranno tenere nel cuore e nella mente le caratteristiche specifiche di ciascuno.

Nel sito si spiega anche che la comprensione di che cosa sia la morte varia secondo l’età del bambino e si mostrano le differenze nelle vari fasce d'età.

Grosso modo, si può affermare che i bambini fino ai tre anni difficilmente distinguono fra cose vive e non-vive, ma che percepiscono bene l’atmosfera e le emozioni.

Fra i tre e i sei anni, la differenza fra vita e morte è percepita, ma è difficile capire il carattere definitivo della morte. Tendono a chiedere “quando torna?” come se si trattasse di un lungo sonno oppure di una vacanza, e a fare molte altre domande.

Dai sei ai nove anni si comprende l’irreversibilità della morte, anche se il concetto di "per sempre" è difficile da afferrare. Possono nascere sentimenti difficili da gestire, che possono portare con sé insicurezza e ansia, e per difesa si tende a negare.

Fra i nove e i dodici anni i bambini sanno che ciò che vive può anche morire. Tendono però a non chiedere molta attenzione, perché vorrebbero vivere il loro dispiacere da soli, per non sembrare ancora piccini. Può quindi succedere che si comportini da “duri”, mettendo un muro fra sé e il dolore, cercando di  nascondere le loro emozioni più autentiche.

 

Harma Keen
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