Gli italiani e l'età: fiduciosi ma...

Una recente ricerca di Assidai ha mostrato il rapporto degli italiani con la vecchiaia. Sentimenti positivi per quella degli altri. Ansia e paure per la propria.

06/01/2012

In una società con un'aspettativa di vita che in Italia sfiora per i maschi gli 80 anni e per le donne gli 85, è fondamentale riflettere sull'invecchiamento, sulla qualità della vita e sull’importanza di una buona salute. Assidai (fondo no profit che fornisce servizi sanitari integrativi www.assidai.it), ha recentemente presentato lo studio, condotto da AstraRicerche, intitolato Gli italiani e l’invecchiamento: pronti a vincere la sfida?, con l'obiettivo di valutare come i nostri connazionali e il sistema socio-sanitario stanno preparando la società di domani a fronteggiare l’emergenza e a sostenere il cambiamento e in che modo gli italiani, che mostrano una grande paura di invecchiare, prevengono le loro ansie.

      Sappiamo che è eccezionalmente cresciuta la percentuale di ultra59enni sul totale della popolazione (da meno del 6% all'inizio del secolo scorso al circa 25% odierno). Quasi quattro italiani su cinque ne hanno cognizione. La ricerca voluta da Assidai inizialmente si chiede se la gente si renda conto non solo dell'aumento, in valore assoluto e relativo, degli anziani ma anche delle mutazioni avvenute nella lora vita.

      Secondo oltre il 70% degli intervistati, tutti maggiori di 15 anni, rispetto a 50 anni fa gli anziani di oggi sono meglio curati (78,7%), più numerosi (77,0%), meno ignoranti (75,9%), più attivi e vivaci (75,2%), più autonomi e indipendenti (73,5 %). Il 56,0% li considera meno rispettati e onorati e solo il 36,8% li considera più amati.

     L'analisi ci dice che gli anziani attuali, confrontati con quelli dell'inizio degli anni '60, appaiono profondamente cambiati, per lo più in meglio, a seguito dei grandi processi di modernizzazione, urbanizzazione, crescita dei redditi e dei consumi, scolarizzazione di massa, esposizione ai mass media, per non parlare delle conseguenze dello sviluppo dello Stato Sociale, della rivoluzione igienica e sanitaria.

      La ricerca mostra, inoltre, la classifica dei sentimenti che i nostri connazionali ultra14enni affermano di provare pensando alla vecchiaia oggi e in futuro. Al primo posto tenerezza e dolcezza (76,2%) seguono affetto e amore (75,4%), solidarietà a protezione (70,5), stima e ammirazione (68,1%). Lo studio di Assidai si sofferma anche sul fattore ansia e paura nei confronti delle vecchiaia attuale e futura mostrando come tale sentimento aumenti col crescere dell'età.

     Assidai ha chiesto agli intervistati quale sia il rapporto col proprio invecchiamento, rapporto che dalle risposte si è rivelato molto difficile e contradditorio.

      Se infatti da una parte l'83% ha risposto che ogni età della vita ha i suoi aspetti positivi, che i pregi delle persone non hanno nulla a che vedere con l'età,
che oggi la medicina ha fatto passi avanti straordinari per rendere più lunga e serena la vita degli anziani (78%) talché essi restano più sani e attivi molto più a lungo che in passato (75%) e oggi sempre più numerosi sono indipendenti e vivaci oltre che attivi e pieni di voglia di vivere (72%), dall'altra però, il 37% dichiara “vorrei non invecchiare o non esser invecchiato mai” e la medesima percentuale afferma “odio invecchiare, sentire il tempo che passa ogni giorno”.


     Il 35% degli italiani, secondo i risultati della ricerca, teme quel misto d’indebolimento fisico e di perdita della memoria
che vede come la premessa della minaccia massima, cioè della riduzione della capacità d'arrangiarsi, autocontrollarsi, autogovernarsi.

      Le "parti del corpo" ritenute più a rischio d'invecchiamento sono la vista (83%), la forza fisica (80%), la pelle (78%), i denti (77%), la memoria (73%), l'udito (70%), le gambe (67%). Interpretando i dati i ricercatori segnalano non la decadenza psico-fisica come maggior fonte d'angoscia ma la paura di perdere l'autonomia  e di essere di peso per i propri familiari. Il terrore della solitudine, dell’abbandono, della "carcerazione soft" in un ospizio o in una residenza protetta (anche se di lusso) attanaglia, infine, il 63% degli Italiani ultra14enni, una media che si alza notevolmente con l'età.

Orsola Vetri
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