Dislessia: troppe le diagnosi errate

Una ricerca nelle scuole romane mostra che il numero di bambini dislessici è sovrastimato. Ne consegue un spreco di risorse ma soprattutto, per il bambino. un'inutile medicalizzazione

17/12/2011

Con le recenti norme (legge 170/2010) relative ai disturbi specifici d'apprendimento in ambito scolastico - (Dsa) sono stati stanziati circa due milioni di euro per il 2010 e il 2011 (un milione per ogni anno) per il sostegno degli studenti dislessici. Il testo era stato accolto con grande favore dalle famiglie degli oltre 350 mila ragazzi che secondo le stime soffrono di disturbi dell'apprendimento, disturbi che sino a pochi anni fa non venivano presi in considerazione provocando in chi ne soffriva grossi problemi soprattutto nell'iter scolastico.

Oggi si presenta, invece, un altro problema causato da un eccesso di disgnosi spesso errate. Lo ha dichiarato il direttore dell'Istituto di Ortofonologia (IdO) di Roma, Federico Bianchi di Castelbianco, che ha presentando a Roma il progetto Ora si!, realizzato attraverso un'indagine condotta in numerose scuole materne ed elementari per individuare i bambini a rischio di Dsa.  

Dalla ricerca è emerso che nelle scuole materne ed elementari di Roma circa il 23% dei bambini viene erroneamente indicato a rischio di tali disturbi, ovvero con significative difficoltà nella lettura, scrittura e nel ragionamento matematico. In realtà secondo gli esperti che hanno curato il progetto, in questa percentuale vi sono anche bambini con difficoltà di tipo minore, definibili come secondarie o a basso rendimento scolastico, e non come Dsa.

Una precisazione che abbassa la percentuale dei bambini a rischio al 4%.  

«Segnalare come dislessici bambini che in realtà non lo sono comporta due gravi rischi», ha spiegato il Federico Bianchi di Castelbianco, «Innanzitutto i bambini vengono dirottati su percorsi alternativi come portatori di una disabilità che non hanno, con oneri economici non sostenibili e totalmente inutili. Inoltre il loro problema non solo non verrà affrontato ma lascerà un vuoto di conoscenze che si ripercuoterà pesantemente sul loro curriculum scolastico».

Fra settembre 2010 e giugno 2011 l'Ido ha monitorato a Roma oltre mille alunni di scuola elementare (9 i plessi coinvolti, con 27 classi prime e 27 seconde).

Secondo l'indagine su 1.175 alunni (1.025 delle elementari, 150 della materne) con la partecipazione di 136 docenti solo il 4% dei bimbi della primaria ha mostrato davvero problemi di dislessia e apprendimento. Si scende poi al 3% se si tolgono dal gruppo gli anticipatari (i bambini iscritti in prima precocemente, che presentano queste difficoltà).

In pratica in Italia, secondo l'Istituto di Ortofonologia (IdO), 1 bambino su 5 presenta difficoltà di apprendimento, ma non è dislessico e tuttavia in molti casi viene ritenuto tale.

La scuola, spiega Bianchi di Castelbianco, «può avere un ruolo fondamentale nell'evitare di inviare dagli specialisti bambini che non hanno davvero problemi di apprendimento. Per questo serve la formazione degli insegnanti. Anche per evitare che loro stessi vedano come soggetti a rischio bimbi che non lo sono».

Il rischio, secondo l'IdO è che vengano dati strumenti didattici compensativi a alunni che non ne hanno bisogno, con un corrispettivo spreco di risorse: dopo l'approvazione della legge che ha stanziato fondi per le scuole per fare formazione e interventi su questo tema si sono già moltiplicate le richieste di aiuto. 

Orsola Vetri
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Postato da AID Varese il 26/12/2011 17:13

L’Associazione Italiana Dislessia è nata per tutelare i diritti delle persone con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), motivo per cui sentiamo il dovere di intervenire a fronte di una campagna mediatica sedicente lanciata dall’ IDO-Istituto di Ortofonologia di Roma, e dall’Associazione “Giù le mani dai bambini”, un sodalizio che pare costituito con il preciso scopo di rafforzare il concetto di medicalizzazione dei DSA e accentuare l’allarmismo, ricorrendo alla trita e ritrita correlazione con i disturbi di attenzione (ADHD) e l’abuso dei farmaci. Non si tiene conto che il percorso di approfondimento per comprendere la causa di un problema così delicato come una difficoltà scolastica è inevitabilmente complesso, e non si riduce alla valutazione delle abilità cognitive connesse all’apprendimento (es. intelligenza, attenzione, memoria, lettura, scrittura, calcolo), ma si allarga alla motivazione del bambino ad imparare, al contesto socio-culturale della sua famiglia, alla metodologia didattica e alle caratteristiche individuali dei suoi insegnanti. E’ intuitivo che tutti i fattori menzionati contribuiscono al successo/insuccesso scolastico, motivo per cui qualunque “teoria” intendesse spiegare tutte le difficoltà di apprendimento alla luce di uno solo di tali fattori, risulterebbe riduttiva se non ottusa. C’è chi pensa che i DSA siano in realtà riconducibili ad un “Disturbo Specifico di Insegnamento”, cioè un insegnamento poco rigoroso delle abilità primarie come scrivere, leggere e far di conto, perché insegnare a scrivere in bella calligrafia verrebbe considerata da certi docenti una pratica “reazionaria”. Il confronto quotidiano con i bambini che sperimentano una difficoltà di apprendimento, qualunque essa sia, e i colloqui con i loro genitori e i docenti, ci insegnano che le cose sono sempre più complesse di come appaiono. Le storie dei bambini con DSA sono simili ma sempre diverse l’una dall’altra, in quanto determinate dal contributo di diversi fattori: neurobiologici, emozionali, famigliari e pedagogici. Se vogliamo dare un contributo costruttivo che aiuti a fare chiarezza in questo ambito, pensiamo che il metodo migliore non sia quello di esporre assiomi e postulati, o peggio slogan allarmistici e infondati, ma piuttosto quello di porsi e porre delle domande, recuperando una dimensione dialettica, certamente più fruttuosa. E’ possibile uscire dalla sterile dicotomia malattia/non malattia, disturbo/non disturbo? Le neuroscienze cognitive hanno spiegato ciò che molti insegnanti attenti hanno sempre osservato, ovvero la presenza di bambini con inattese difficoltà negli apprendimenti di base. Finalmente la legge 8 ottobre 2010, n.170 garantisce il diritto allo studio per i bambini con DSA: è dunque possibile che gli insegnanti, acquisite nuove modalità di comprensione delle difficoltà dei loro alunni, riprendano appieno il proprio ruolo, proprio con il fine di ridurre la medicalizzazione delle difficoltà scolastiche, e non certo di incrementarla, rendendo l’ambiente scolastico più inclusivo e garantendo pari opportunità a tutti i bambini. Dott. Cristiano Termine NPI dell'Università degli Studi dell'INSUBRIA Membro del Consiglio Direttivo AID

Postato da AID Varese il 26/12/2011 16:54

Associazione Italiana Dislessia COMUNICATO STAMPA del 16/12/2011 Non è affatto vero che in Italia ci siano troppi bambini con Diagnosi di Disturbo Specifico di Apprendimento (dislessia, disortografia, discalculia), come ha sostenuto oggi Federico Bianchi di Castelbianco, direttore dell’Istituto di Ortofonologia di Roma, in una conferenza stampa a Montecitorio. Secondo l’Associazione Italiana Dislessia la situazione è opposta: la diagnosi di Disturbo Specifico di Apprendimento, così come riportato dai dati scientifici nazionali e dalle Linee Guida pubblicate dall’Istituto Superiore di Sanità, dovrebbe riguardare il 3,5% dei bambini in età scolare, ma in realtà riguarda meno dell’1% dei bambini. Questo significa che solo un bambino su quattro riceve una diagnosi appropriata e quindi l’aiuto di cui ha bisogno. “Diffondere informazioni scorrette, non sostenute da dati pubblicati e verificabili“ dice Roberta Penge, neuropsichiatra infantile dell’Università Sapienza di Roma” contribuisce ad aumentare i pregiudizi rispetto a questo disturbo spesso misconosciuto o confuso con altre difficoltà, aumentando la sofferenza dei bambini che ne sperimentano le conseguenze insieme alle loro famiglie”. Secondo l’Associazione Italiana Dislessia la situazione è opposta: la diagnosi di Disturbo Specifico di Apprendimento, così come riportato dai dati scientifici nazionali e dalle Linee Guida pubblicate dall’Istituto Superiore di Sanità, dovrebbe riguardare il 3,5% dei bambini in età scolare, ma in realtà riguarda meno dell’1% dei bambini. Questo significa che solo un bambino su quattro riceve una diagnosi appropriata e quindi l’aiuto di cui ha bisogno. “Diffondere informazioni scorrette, non sostenute da dati pubblicati e verificabili “dice Roberta Penge, neuropsichiatra infantile dell’Università Sapienza di Roma” contribuisce ad aumentare i pregiudizi rispetto a questo disturbo spesso misconosciuto o confuso con altre difficoltà, aumentando la sofferenza dei bambini che ne sperimentano le conseguenze insieme alle loro famiglie”.

Postato da giancarlochiari il 22/12/2011 17:20

mi sono occupato del problema della lettura nella scuola elementare per quasi trent'anni, scoprendo con dispiacere che in Italia è del tutto assente una cultura adeguata a promuoverla, non per altro l'ultima ricerca condotta da Tullio de Mauro ha documentato che meno del 20 percento degli adulti legge un articolo di giornbale riuscendo a comprenderlo apppiano. diire che in Italia i dislessici siano circa il 5 per cento è una assurda fesseria. Negli Usa, non in tutti gli stati della federazione sia ben chiaro, il problema delle lettura è stato affrontato con serietà documentando che i dislessici veri, quelli cioè che non riesono a leggere per problemi dipendenti da fattori diversi da quelli dell'apprendimento sono meno del 5 per mille. Gli altri dislessici son in realtà il prodotto di apprendimento. In Italia sono pochissime le scuoel di tutti gli ordini e gradi che trattano la lettura come un'arte che si insegna e che si può migliorare con regolarità. J.F.K., sembra avesse studiato seguendo un regolare corso tecniche di lettura veloce che consentivano una lettura di oltre 800 parole al minuto. Purtroppo in Italia c'è chi insegna senza nepure sapere conme si fa, partendo solo dalla sua esperienza di apprendimento, Forze per questo i giornali non trovano lettori, ma non mi risulta si siano mai informati su come promuovere questa abilità... questo mi fa dire che in questo campo l'ignorazna regna anche grazie ad unministro che faceva viaggiare i neutrin in galleria e che pensava di avere il 5 percento di dislessici, confondendo un problema di tipo neurologico con l'analfabetismo di ritorno

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