29/03/2012
Foto Corbis
Schiaffi ai figli? Secondo una ricerca di Save the hildren il ceffone alla piccola peste ci scappa per il 22% solo qualche volta al mese, per il 5% più o meno tutti i giorni e quasi la metà (49%) molto raramente. Ben uno su quattro però si rifiuta categoricamente di utilizzarlo, insieme agli altri mezzi di coercizione fisica, come strumento per educare i propri figli. La ricerca dal titolo “I metodi educativi e il ricorso a punizioni fisiche”, che ha preso di mira genitori con figli nella fascia d’età 3-16 anni, s’inserisce nella campagna “A mani ferme - Per dire ‘no’ alle punizioni fisiche nei confronti dei bambini" in collaborazione con la Società italiana di pediatria (Sip) e l’Associazione nazionale dei pedagogisti italiani (Anpe).
Rispetto alla precedente ricerca si è registrato un aumento del ricorso allo schiaffo fra i genitori con figli tra 6 e 10 anni (27% contro il 22% del 2009) e fra 11 e 16 anni (18% contro l’8%). In decremento invece il ceffone verso i bambini più piccoli (3-5 anni): si è passati dal 38% del 2009 al 22% del 2012. Dalla ricerca emerge poi che il 75% dei genitori ritengono la coercizione fisica un gesto violento da non utilizzare sistematicamente nell’educazione dei figli. Può essere solo l’extrema ratio quando non ci sono altre soluzioni. Per il 45% dei genitori, poi, la mano parte per «esasperazione, spavento, reazione di un momento» e per il 38% «per segnalare in modo inequivocabile che si è superato un limite estremo». Insomma, quando ci vuole ci vuole. Altri dati interessanti: lo schiaffo ai bambini per il 57% delle mamme e dei papà non è poi comunque una grande tragedia, per il 26% di essi addirittura può avere un effetto benefico per renderli adulti educati.
«Con questa nuova campagna Save the Children non vuole colpevolizzare i genitori, ma anzi aiutarli, dimostrando che è possibile mantenere disciplina e autorevolezza attraverso modelli educativi non violenti», ha spiegato alla stampa il direttore generale dell’organizzazione Valerio Neri. «In realtà le conseguenze di uno schiaffo, soprattutto se reiterato, non sono neutre», ha proseguito Neri, «un bambino può diventare con l’andare del tempo aggressivo e nervoso, o, al contrario deprimersi ed è importante che i genitori siano consapevoli di ciò». La conferma viene dai genitori secondo cui i figli hanno bisogno innanzitutto di una famiglia capace di dialogare con loro, ascoltandoli (35% del campione di genitori) e facendo sentire la loro presenza (32%). In alternativa allo schiaffo si può imporre una restrizione (il 68%), sgridare i figli con decisione (35,6%), costringerli a svolgere delle attività non gradite (33%). Secondo Neri, poi, «si evidenzia una non piena consapevolezza dell’impatto di una loro condotta violenta sui figli e anche una certa solitudine e assenza di supporti adeguati alla loro genitorialità». Save the Children ha preparato una “Guida alla genitorialità positiva”, con alcuni principi per essere dei genitori non violenti: individuare gli obiettivi educativi di lungo termine, far comunque sempre sentire il proprio affetto, fornire punti di riferimento ai figli, cercare di capire cosa pensano e provano nelle diverse situazioni della vita, assumere un approccio “problem-solving” piuttosto che uno punitivo.
Stefano Stimamiglio