Eterologa, è confermato il divieto

Emessa ieri sera l'attesa sentenza della Corte Costituzionale, che ha rinviato ai giudici di merito per il venir meno dei presupposti giuridici su cui si basavano i ricorrenti.

23/05/2012

«La Corte Costituzionale si è pronunciata sulla questione di legittimità costituzionale sollevata dai Tribunali di Firenze, Catania e Milano relativamente al divieto di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo sancita dalla legge n. 40 del 2004, restituendo gli atti ai giudici rimettenti per valutare la questione alla luce della sopravvenuta sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 3 novembre 2011 (S.H. e altri contro Austria), sulla stessa tematica». Questo lo scarno comunicato emesso ieri sera dall’ufficio stampa della Corte Costituzionale in merito all’attesa sentenza sulla presunta illegittimità della legge 40 nella parte in cui vieta la fecondazione cosiddetta “eterologa” (art. 4, comma 3 della legge 40/2004). La fecondazione eterologa è quel procedimento in laboratorio che consente l’utilizzo di materiale biologico proveniente da un soggetto esterno alla coppia per creare in laboratorio, e poi impiantare nell’utero, un embrione. I tre ricorrenti avevano fatto leva sulla sentenza di primo grado della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, che aveva in un primo momento cassato una norma della legge austriaca, che, come avviene in Italia, vieta la fecondazione eterologa. La Consulta ha deciso invece di non decidere sull’assunto che la situazione in diritto è mutata a causa della sopravvenuta sentenza di secondo grado, in riforma di quella di primo grado, della stessa Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 3 novembre scorso. In quell’occasione quest'ultima aveva rigettato definitivamente il ricorso di una coppia austriaca di veder rimosso il divieto dell'eterologa esistente in Austria: «ogni Stato in materia può decidere autonomamente», aveva in sostanza deciso la Grande Chambre. Una sentenza significativa perché ha statuito definitivamente che il divieto di fecondazione in vitro eterologa non è una violazione della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.

Tornando all’Italia, gli atti ritornano dunque ai giudici di merito, che, se lo riterranno, potranno presentare ancora ricorso, questa volta non potendosi più appoggiare però sul diritto internazionale pattizio ma esclusivamente su articoli precisi della Costituzione italiana.

«Mi dichiaro soddisfatto della decisone della Corte sulla fecondazione eterologa perché essa si allinea con la decisione del 3 novembre scorso della Corte europea dei diritti umani che aveva annullato la decisione di primo grado della quale si erano incautamente fidati i giudici di Catania, Milano e Firenze», ha commentato in serata Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita. «Ma vi è di più: la sentenza della Grande Camera non si era limitata a distruggere l’argomento con il quale i giudici ordinari avevano dubitato della costituzionalità del divieto di fecondazione eterologa. La sentenza finale infatti nega che il divieto violi i diritti umani e di conseguenza lascia liberi gli Stati di decidere sulle modalità della fecondazione. E questo legittima le scelte che in Italia erano state fatte con la legge 40. In definitiva la fecondazione eterologa nel nostro Paese resta vietata e probabilmente in via definitiva. Sarebbe opportuno che la lezione fosse compresa da chi non sa rassegnarsi al principio fondamentale della legge 40 che riconosce il concepito come un soggetto di diritti». Casini ha poi precisato che «la valutazione del bilanciamento tra i vari interessi in gioco che è di competenza esclusiva del legislatore (ed anche questo è un particolare di notevole importanza che la Corte Costituzionale ha implicitamente accettato) non può dimenticare né l’art. 3 della Convenzione sui diritti del fanciullo, secondo cui l’interesse del minore deve avere precedenza rispetto ai desideri degli adulti, né quanto scritto nella Dichiarazione sui diritti del fanciullo del 1959 secondo cui gli Stati devono dare ai bambini il meglio di sé stessi. Ed il meglio non è certo l’eterologa, ma la certezza di una identità genetica, giuridica, psicologica e affettiva».

Esprime apprezzamento anche il presidente di Scienza&Vita, Lucio Romano: «La pronuncia della Corte Costituzionale, nel restituire gli atti ai giudici rimettenti, conferma il permanere del divieto di fecondazione eterologa disciplinato dalla Legge 40. Nel ribadire la non violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo si attesta l’esigenza di garantire il diritto del nascituro a riconoscere i propri genitori, in rispetto del principio di certezza delle relazioni familiari». Un “nulla di fatto” invece secondo l'avvocato Filomena Gallo, che ha assistito la coppia di Brescia che aveva richiesto la rimozione del divieto. «Tale pronunciamento comporta per i magistrati che hanno sollevato dichiarazione di incostituzionalità di riformulare il quesito, basandosi però solo sulle norme nazionali e non avendo come parametro la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo», ha commentato la giurista.

Stefano Stimamiglio
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