Il bambino non è un elettrodomestico

L’affettività è fondamentale per far crescere i bambini. Giuliana Mieli in un incontro con i genitori illustra le parole chiavi della vita affettiva.

11/04/2013

«Siamo al mondo non perché ci hanno nutrito, ma perché ci hanno accuditi affettivamente. La sopravvivenza umana non è legata solo al benessere ma a qualcosa di immateriale, che è la qualità affettiva delle relazioni». Giuliana Mieli, filosofa e psicoterapeuta, non si stanca di avvertire le madri e i padri che l’affettività è fondamentale per far crescere i bambini. Soprattutto in una società che privilegia un modello di benessere esclusivamente materiale, che trasforma i bambini in denutriti affettivi”, e prospetta nuove generazioni sempre più bisognose di cure psichiatriche.

Consulente per vent’anni presso il reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale San Gerardo di Monza e successivamente dell’Ospedale San Giuseppe di Milano, la Mieli ha scritto un libro illuminante sul tema, Il bambino non è un elettrodomestico (titolo di un saggio edito da Feltrinelli), e l’8 aprile scorso ha tenuto una conferenza a Sesto San Giovanni, organizzata dall’associazione Piccoli Passi, dedicata alla “base biologica degli affetti”.

Ecco le parole chiave dell’incontro.

La coppia

«Proprio perché il piccolo umano è il mammifero che impiega più tempo a diventare adulto e autonomo, ha bisogno di un ambiente che gli garantisca il benessere fisico ed emotivo. Questo ambiente richiede la presenza di una coppia, uomo e donna, entrambi fondamentali per il suo sviluppo».

La simbiosi con la madre

«La simbiosi madre-figlio non avviene solo nell’utero, ma fin dalle prime settimane della gravidanza è anche emotiva. Il cambiamento ormonale che rende la donna più fragile, più empatica, più emotiva non è semplicemente un “effetto collaterale”. La natura non fa nulla per caso: quella particolare condizione di sensibilità consente alla donna di trovarsi in maggior sintonia psicologica con il suo bambino».

Maternità

«Il senso della maternità è scritto nell’utero. Contiene ma non comprime, pone un limite ma non è egoistico. L’essere umano, appena concepito, qui sperimenta una condizione di felicità assoluta, una felicità che è prima di tutto relazionale».

Travaglio


«E’ un distacco lento e graduale, un moto ondoso che è anche il simbolo di tutte le successive fasi di crescita: esplorazione del mondo, ritorno alla sicurezza della madre. Il dolore della madre è fisico ma anche emotivo: è la fine dell’epoca dell’onnipotenza, quel corpo non basta più e il piccolo vuole vedere il mondo. Quanto più la donna è consapevole del fatto che quel dolore ha un senso, tanto più riuscirà ad affrontarlo».


Il parto

«Bisogna stare attenti a non affidare la cura dei bambini ai capricci della cultura. La fortissima medicalizzazione del parto, con l’uso indiscriminato del cesareo e dell’analgesia epidurale anche quando non è necessaria, ci sta facendo perdere la dimensione dell’umano».

Allattamento


«La prima suzione, da parte del neonato, è un gesto che fa coincidere la nutrizione all’attaccamento alla madre. Benessere fisico ed emotivo coincidono. A poco a poco, nei mesi successivi, l’intensità di quella relazione si sposterà su un altro piano, sarà compiuta attraverso la messa a fuoco del volto della mamma, dagli sguardi e dai gesti».

Padre

«Mentre la madre spinge nella vita il piccolo, e dunque compie un gesto maschile, il padre al momento della nascita ha un ruolo femminile: accoglie il bambino tra le sue braccia, gli offre la prima straordinaria rassicurazione affettiva proveniente dal mondo esterno».

Lavoro


«I ritmi imposti dal lavoro sono oggi totalmente incompatibili con lo sviluppo del bambino. E’ impensabile che un piccolo di tre-quattro mesi, che ha appena riconosciuto la madre, debba affrontare un distacco così drastico. Si tratta di uno strappo doloroso per entrambi. Dovrebbe esserci un fronte di pressione sociale molto più intenso verso la possibilità di vivere una maternità adeguata alle esigenze di crescita del neonato, con tempi di conciliazione e possibilità reali di accedere al part time».

Svezzamento

«Al sesto mese il latte materno non basta più. La mamma vive sentimenti ambivalenti, può emanciparsi ma prova anche una grande malinconia rispetto alla perdita di una relazione esclusiva con il bambino. E’ importante evitare di criminalizzare le sue emozioni. L’indipendenza alimentare e l’eventuale ritorno al lavoro della mamma fanno sì che il papà diventi, in questo periodo, sempre più un rifugio affettivo, il primo “oggetto transizionale” del bambino».

Ruoli

«Il bambino è accolto tra padre e madre in un abbraccio ideale, in un’intersezione tra due insiemi che condividono ciascuno una piccola parte dell’altro. Sia l’uomo che la donna hanno una componente femminile e maschile che contribuiscono alla costruzione della relazione affettiva. La madre sarà sempre il luogo dell’empatia, la sicurezza a cui ritornare, un abbraccio che, a un certo punto, deve sapersi sciogliere. Il padre avrà il ruolo dello stimolo a esplorare il mondo esterno, ad andare con sicurezza verso la realtà. Sarà sempre il custode del senso del limite, in modo autorevole ma non autoritario. Insieme, in questa lenta costruzione dell’identità e della sicurezza degli affetti, il bambino sarà accompagnato verso l’adolescenza, quel “secondo parto” che metterà fine all’infanzia per l’esplorazione del mondo e per l’incontro dell’altro da sé. La “tempesta” sarà più affrontabile da parte di tutti, se il figlio avrà già in parte costruito la sua identità e saprà di poter contare, per sempre, sull’affetto che lo ha nutrito fin dall’inizio.

Benedetta Verrini
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