Le Kessler e quel patto sulla vita

Le gemelle ballerine fanno previsioni su un'ipotetica eutanasia e rinfocolano un dibattito, che invece in Parlamento langue.

03/02/2012
Le sorelle Alice ed Ellen Kessler (Fotogramma).
Le sorelle Alice ed Ellen Kessler (Fotogramma).

«Se una di noi si dovesse ridurre in uno stato vegetativo, l’altra le staccherà la spina». La solenne e reciproca promessa è delle gemelle Alice ed Ellen Kessler, resa pubblica sull’ultimo numero del settimanale “Chi”. Molti tra quelli che hanno ormai qualche anno se le ricordano come i “sex symbol” degli anni ’50 e ’60, due corpi perfetti che si muovono all’unisono, sbarazzine quanto basta ma anche capaci di interpretazioni impegnative (Bertolt Brecht su tutti), adattamento teutonico (e riuscito) alla “dolce vita”, il nuovo life-style che sprizzava ottimismo da tutti i pori di una generazione intera uscita prostrata dalla guerra.
 
Oggi le due artiste unite come non mai nonostante la non verdissima età sono ancora in  piena forma e stanno girando in tournée con il loro ultimo spettacolo. Sarà forse anche per farsi pubblicità che si sono lasciate andare a una battuta, che ha generato scontate polemiche. Tanto complesso, eppure così semplice, il “fine-vita”, un termine di recente conio  impensabile fino a pochi anni fa, è ormai diventato uno dei temi-civetta di quegli scontri di civiltà tipici del nostro tempo, questa volta tra chi si ritiene “difensore della vita” e chi pensa di essere “difensore della dignità dell’uomo”.
 
Come se le due cose fossero in contraddizione. Chi non si sente personalmente coinvolto? Cosa fare di un  uomo o di una donna che si trova in uno stato comunemente definito “vegetativo”, cioè senza apparenti risposte agli stimoli esterni, chiuso in un  mutismo, che a molti sembra dire qualcosa e ad altri (molti anche loro) non dice assolutamente nulla, se non che è ora appunto di “staccare la spina”? Staccarla veramente? O invece accudirlo, accudirla, cercando di mai oltrepassare i confini dell’accanimento terapeutico, sui cui limiti, comunque, si dibatte a colpi di fioretto - con distinguo medici ed etici - o, più spesso (tipo in Parlamento), a colpi di scimitarra? 

Mentre la legge sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento “dorme” al Senato, seppellita dalle urgenze della crisi economica, tra una settimana  scade il terzo anniversario della morte di Eluana Englaro (9 febbraio 2009), la donna vissuta per 17 anni in stato vegetativo e poi morta a seguito della sospensione dei trattamenti di alimentazione e idratazione autorizzata dai giudici su richiesta del padre Peppino.

Quale occasione migliore allora per rinfocolare le polemiche sollecitando dalle due artiste un’affermazione del genere? Avrebbero davvero il coraggio di “staccare la spina”? E quali sarebbero le condizioni minime per procedere? E l’altra cosa farebbe senza l’altra “metà”? Suicidio assistito? Domande che non avranno risposte, semplicemente perché a leggerle paiono affermazioni buttate un po’ là, come si fa al bar o tra amici davanti al caminetto, quando si è in vena di cose semiserie.
 
Ci viene solo un dubbio: sono consapevoli le due gemelle che una cultura è creata anche da quanto dichiara o non dichiara un personaggio pubblico, dotato di visibilità e quindi quasi automaticamente di credibilità?

L’alternativa, in fondo, è tra un pensarsi “soli” e “gettati nel mondo” - cosicché diventi un disturbo quando non servi più nemmeno a scambiare due parole - e un sentirsi “insieme”, “con” e “per” gli altri. A prescindere da quello che “fai”. Semplicemente perché “sei” e “sei stato”. Ed “essere” è un bel mistero, nonostante tutto. Tutto (appunto) da vivere.

Stefano Stimamiglio
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Postato da giorgio traverso il 03/02/2012 18:31

Rispetto chi diffende la vita,che è una cosa sacra.Però vorrei fare una domanda al Sig.Stimamiglio.Lei considera vita lo stato in qui viveva Eluana Englaro?E ce ne sono tanti,peccato che alla maggior parte di essi non si può chiederequello che vorrebbero,Secondo lei cosa risponderebbero? giorgio traverso

Risposta di: Stefano Stimamiglio

Rispetto la sua posizione, ma la domanda la giro a lei: cosa risponderebbero? Siamo sicuri che vorrebbero "farla finita?" Mi sembra una questione senza risposta (quella la diamo noi, non il malato, ovviamente). Mi sembra invece illuminante la posizione di Fulvio De Nigris (con un figlio che è passato per lo stato vegetativo, prima di morire):«Contrapporre la cultura della cura alla prassi dell'abbandono: per insegnare a riconoscere la vita anche dove sembra assente» (cf. Sento che ci sei, Bur, 2011).

Postato da CZAR il 03/02/2012 17:53

Meno male che la Legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento si è arenata al Senato, seppellita da altre urgenze ! Non desidero affatto che una Legge dello Stato stabilisca in modo preventivo quando, come e sopratutto chi abbia il diritto/dovere di staccare la spina al malato terminale. Bisogna regolarsi caso per caso, in scienza e coscienza. Del resto le leggi vigenti delimitano già i doveri deontologici dei medici e la Chiesa Cattolica ha parole chiare in proposito all'art. 2278 del Catechismo.

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