Il no ai cattolici: una doccia fredda

Giuseppe Anzani commenta il "no" ai cattolici che con 700mila firme hanno chiesto la sospensione del progetto di legge che permette le nozze e l'adozione agli omosessuali.

28/02/2013

E’ in corso, in Francia, la discussione parlamentare di un progetto di legge che apre alle coppie omossessuali il matrimonio e l’adozione. L’Assemblée Nationale l’ha già votato il 12 febbraio scorso, approvando a maggioranza; ora passa al Senato, dove il dibattito è previsto per il 2 aprile. Un’iniziativa popolare, nata dalla collaborazione fra cittadini, gruppi e associazioni che hanno a cuore la difesa della famiglia e dei suoi valori, ha indirizzato una petizione al Consiglio economico sociale e ambientale (Cese) raccogliendo, in breve tempo, 700mila firme. In questi giorni, il Cese, che rappresenta in Francia “la terza Assemblea”, ovvero un organo previsto dalla Costituzione che dà il parere sui progetti di legge, ha dichiarato “inammissibile” il ricorso firmato. Chiediamo al giudice Giuseppe Anzani, Presidente emerito del Tribunale di Como e  vicepresidente del Movimento per la vita, un parere in merito.  

- Dottor Anzani, come commenta questa vicenda?

«La raccolta delle firme è sempre stata una sfida appassionata. Una mobilitazione popolare fortemente sentita, vissuta, come è apparso durante la Marcia di Parigi dello scorso 13 gennaio, che ha radunato 350mila persone sul tema affrontato. Eppure, prima ancora che il Consiglio si radunasse, il suo presidente Jean Paul Delevoye aveva cercato di smorzar gli ardori, quasi mettendo le mani avanti, dicendo che “la petizione chiede al Consiglio di pronunciarsi pro o contro la legge” anche se questo non rientra nelle sue funzioni. La petizione, in realtà, chiedeva una riflessione, una valutazione, un “parere” appunto. Esattamente, diceva il testo: “Io chiedo il suo parere sul progetto di legge che apre il matrimonio alle coppie omosessuali”. In pieno rispetto e coerenza con il carattere di quell’organo costituzionale, che non ha compiti normativi bensì, appunto, consultivi.  

- Che cosa è successo, invece?

«Il 26 gennaio è arrivata la doccia fredda: il Consiglio ha giudicato la petizione “irricevibile”, sostenendo che “chiedere pareri su un progetto di legge spetta soltanto al Primo Ministro e il Consiglio non sarebbe autorizzato a esprimere il suo parere per mezzo di una petizione”. In pratica, per motivi interpretativi, è stata spazzata via la voce di 700mila cittadini, ed era la prima vera petizione riuscita in Francia. Aver ridotto l’interpretazione di questa via democratica ad una iniziativa inidonea persino a “far dire” a quell’organo inserito nel cuore dei problemi sociali, il proprio pensiero su un punto così importante della vita e della civiltà giuridica, mi sembra uno schiaffo alla democrazia».

- Quali saranno i prossimi sviluppi?

«Con qualche correttivo finale, che pare cortesia ma, invece, è sussiego, il Consiglio deciderà di “autoconsultarsi” sul problema. Dunque, forse ancora qualche riflessione, qualche matura sollecitudine può nascere in quel consesso, sul quel tavolo da cui sono state annullate 700mila schede “irricevibili”. E’ faticosa, la democrazia, ma i sostenitori della famiglia sono determinati a far sentire ancora la loro passione, dando appuntamento alla nuova grande Marcia di Parigi del 24 marzo».

Alessandra Turchetti
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Postato da lettrice il 02/03/2013 13:01

Che senso ha voler fermare l'iter parlamentare di una legge? Non conosco la costituzione francese, ma penso che in generale una legge debba essere discussa nei rami del parlamento e poi, come avviene in Italia, se approvata, sottoposta a referendum su richiesta dei cittadini contrari e ogni cittadino possa esprimere il suo parere. Altrimenti il parlamento resta sfiduciato dai firmatari della petizione. Il teme delle nozze gay prima di arrivare in Italia deve fare tappa al riconoscimento delle unioni civili omo ed etero.

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