17/11/2011
Un momento del convegno. Secondo da sinistra il neo ministro Lorenzo Ornaghi.
Si tratta di 300 ospedali, 40.000 posti letto e 50.000 dipendenti: costituiscono il capitale prezioso rappresentato dalle strutture sanitarie religiose in Italia, che si trovano ad affrontare una profonda opera di rinnovamento resa necessaria dalla crisi che da qualche anno colpisce pesantemente il settore. I forti ritardi nei rimborsi da parte di alcune Regioni e gli abbattimenti decisi a bilanci ormai chiusi altrove in molti casi hanno portato alla chiusura di importanti realtà sanitarie.
Di questa realtà, preziosa risorsa umana e scientifica della società, si è parlato di recente alla tavola rotonda dal titolo ‘Cura e assistenza: il valore dell’identità e la sfida delle risorse’, tenutasi all’Università Cattolica di Milano, che l’ha promossa insieme con la Fondazione Maddalena Grassi e l’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Sanità della Cei. L’occasione la presentazione di un approfondito testo su questa realtà importante del Paese Le risorse nella professione sanitaria (Rubbettino), scritto da Alessandro Pirola, Direttore Amministrativo della Casa di Cura Columbus di Milano, che ha messo al cenntro della riflessione la questione delle possibili soluzioni per uscire da questo momento di empasse e affrontare la sfida della conciliazione fra cure adeguate e buona gestione delle strutture, sottolineando le grandi potenziali di queste strutture dalla storia in molti casi centenaria. «La soluzione alla crisi», ha detto Pirola, «si colloca nella consapevolezza di dover tornare alle ragioni che hanno generato le strutture sanitarie religiose. Per far questo serve una classe manageriale ed un assetto proprietario in grado di affrontare queste sfide dando il giusto peso all’identità e alla capacità di chi opera».
Ma il futuro di questo importante patrimonio va visto anche attraverso i segni di speranza sottolineati da Monsignor Mariano Crociata, Segretario Generale della Cei, che ha ricordato come per le strutture socio-sanitarie ecclesiali «le innegabili difficoltà diventano anche occasione per confermare l’ispirazione ideale che le anima, testimoniandola con la carità sia verso le fragilità materiali e immateriali che affliggono la nostra società, sia con una diaconia del pensiero che illumini le scelte in direzione della verità dell’uomo e del bene comune» . Lorenzo Ornaghi, Magnifico Rettore dell’Università Cattolica di Milano e ora neo ministro ai Beni culturali ha invece parlato del «ripensamento di un modello di welfare in cui Stato e privato sociale collaborino efficacemente basando la propria attività sui principi di sussidiarietà e solidarietà».
«La crisi di queste strutture, del resto, deve essere letta all’interno di una più ampia crisi che sta vivendo la medicina stessa», ha invece spiegato Don Andrea Manto, direttore dell'Ufficio Nazionale Pastorale della Sanità della Cei :«Essa sta diventando sempre più di tipo “difensivo”, con la rottura del patto di alleanza medico–paziente e il rifiuto da parte del singolo operatore sanitario di elaborare una diagnosi senza l’appoggio di altri colleghi, con una conseguente paralisi del sistema e una relativa dispersione di risorse», ha detto il sacerdote. «Ciò che serve è un ampliamento della prospettiva attraverso cui guardare al problema e una revisione che dia la giusta importanza ai valori di comunione e prossimità. L’auspicio è che le diverse strutture sanitarie religiose operino in comunione tra loro, valorizzando la rete che si verrebbe a creare».
Un auspicio che si è concretizzato nella proposta di partnership tra strutture sanitarie, Università Cattolica e Cei per l’attivazione di tirocini e stage tra gli studenti e il mondo della sanità religiosa, con il fine di canalizzare le eccellenze gestionali e rendere le strutture religiose sempre più ricche di valore ed efficienza. Come ha detto Pirola: «C’è una grande necessità di formare una classe dirigente in grado di coniugare adeguatamente una gestione efficiente e i valori in cui crede».
Irene Moretti