Prendersi cura di chi cura

“L’Alzheimer è una malattia sinistra… uccide il cervello della persona, ma cercherà di logorare anche il cervello di chi cura”.

08/04/2011

Attorno alle persone affette da Alzheimer o da altre malattie croniche gravi gira solitamente una bella squadra di figure, sia professionali che familiari. Tuttavia, la gestione generale della cura tende generalmente a essere in mano solitamente a un familiare, e più spesso a una donna. Gli esperti chiamano questa persona il primo "caregiver", cioè il coordinatore e il "tuttofare" delle azioni di cura che necessariamente riguarda una persona non-autosufficiente: la moglie, la figlia, la nuora, il marito, il figlio o un qualsiasi altro familiare. Spesso queste persone si sentono dire: «Ma che brava che sei, fai proprio tanto, ma  proprio tanto per il tuo caro ammalato». Sentirsi dire queste cose fa sicuramente bene perché esplicitano la dovuta riconoscenza.

«Ma», dice Bob DeMarco della Alzheimer's Reading Room, «lodare non basta. Spesso le persone pesantemente impegnate nella cura sono dimenticate da parenti e amici, e di questo si parla raramente. Poco alla volta, amici e parenti si fanno sentire di meno, un po' perché "ognuno ha la sua vita", ma anche perché alcune malattie croniche come l'Alzheimer sono tristi, spaventano e fanno paura. Come da altre bruttezze della vita, si vorrebbe starne alla larga». Insomma, la negazione come difesa.

Cosa si può fare allora per le persone impegnate nella cura di un familiare che rischiano l'isolamento, il logoramento e la depressione? Ecco qualche consiglio: può darsi che chi cura si lamenti della pesantezza delle sue giornate, ma raramente dirà che ha bisogno di aiuto; inoltre si disabituerà a domande dirette, in quanto viene da pensare che è destinata/o a soffrire in silenzio, che tanto nessuno può capire. Chiedete dunque di cosa ha bisogno! Non basta un generico: «Come stai…». Spesso, per i caregivers è impossibile fare una notte intera di sonno ed è facilmente immaginabile quanto la mancanza di riposo influisca sull'umore e l'efficienza. Fra amici e parenti sarebbe opportuno trovare un sistema per sostituire il caregiver per qualche notte perché possa ritemprarsi.

Chiedete al caregiver quando ha visto per l’ultima volta un film (e non si parla di qualche brano di sfuggita in televisione!). Regalate qualche volta una vera serata libera al caregiver, oppure una mezza giornata che può dedicare a se stessa. Per non parlare poi di cose semplici, ad esempio darle una mano nel fare la spesa… Amici e familiari, in gruppo, possono anche prendere in considerazione di "adottare" un caregiver: sapersi circondato da affetto e attenzione rende ogni cosa più leggera. Quattro su dieci caregivers di malati di Alzheimer rischiano infatti l'esaurimento...

Harma Keen
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