Se le nozze civili superano quelle in Chiesa

In Lombardia le unioni civili superano quelli celebrate in Chiesa. Questi dati dovrebbero prima di tutto generare un dibattito attorno all’idea stessa di matrimonio.

19/12/2012

I quotidiani lo hanno definito uno storico “sorpasso”. Noi preferiamo descriverlo come un momento delicato che sprona a riflettere e a intervenire. Di cosa parliamo? Della preferenza che gli italiani hanno accordato al matrimonio civile rispetto a quello religioso. Secondo le ultime elaborazioni statistiche fornite dall’Istat, infatti, nel 2011 il 48,3% del matrimoni è stato celebrato in Chiesa, contro il 51,7% celebrato davanti a un ufficiale di stato civile. Il dato è lampante. Certo, il matrimonio religioso resta ancora la scelta più diffusa (60,2%), ma nelle regioni del Nord Italia quello civile ha preso e sta prendendo il sopravvento. Nelle regioni meridionali prevale il rito religioso (76,3%), in leggero vantaggio anche al Centro (50,1%). Tuttavia, la tendenza rivela una maggiore diffusione del rito civile: le coppie che scelgono di dire il loro “si” in comune sono passate da 79 mila nel 2010 a circa 83 mila nel 2011.  

Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari, prova a dare una lettura del fenomeno: «I preziosi dati ISTAT su famiglia, matrimoni e popolazione sono sempre un’occasione importante di confronto sulla concreta realtà della vita quotidiana del Paese: è importante verificare non solo le quotazioni della Borsa o l’andamento dello spread, ma anche quanto i giovani ancora credono nel matrimonio, quanto coraggio ancora resiste nel Paese nell’accogliere una nuova vita, quanto sia difficile per i giovani trovare lavoro, quanti anziani vivono a lungo nel nostro Paese, spesso bisognosi di cure ma altrettanto spesso meravigliosamente attivi come risorse insostituibili nell’azione volontaria per il bene comune, per il sostegno ai propri figli adulti, per la relazione educativa e di cura nei confronti dei nipoti. Insomma, è importante conoscere e custodire il capitale umano e sociale del nostro Paese, insieme ai bilanci delle banche, delle imprese e della pubblica amministrazione.

Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari
Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari

«Il dato “di colore”, stavolta, è il cosiddetto “sorpasso” dei matrimoni civili su quelli religiosi-concordatari, almeno al Nord del Paese, segnale che conferma una indiscutibile e progressiva crisi, almeno quantitativa, della religiosità e della presenza cattolica, ma anche il crescente peso dei “secondi matrimoni” (inevitabilmente civili), e la crescita di matrimoni interreligiosi o misti, che trovano nel matrimonio civile la scelta più “semplice”. Al di là delle implicazioni per l’azione pastorale e per la presenza sociale della Chiesa nel nostro Paese, è importante evidenziare che la scelta del matrimonio civile conferma una diffusa consapevolezza che fare famiglia significa anche fare società, e quindi assumersi una responsabilità pubblica, davanti alla collettività, definita dai parametri costituzionali e dal diritto di famiglia. L’amore tra gli sposi, con il matrimonio civile, viene quindi collocato nel vivo della cittadinanza attiva, è un gesto che, oltre che costruire l’intimità di una famiglia, costruisce le condizioni per generare bene comune. Tanti giovani ne sono consapevoli, anche al di fuori dell’orizzonte religioso, al punto che scelgono di sposarsi in Comune: ed è un bel gesto di responsabilità sociale.

«In secondo luogo è importante rilevare che questa consapevolezza è in forte crisi, visto che il numero complessivo di matrimoni comunque diminuisce (religiosi e civili), mentre cresce, lentamente, ma con un forte consenso sociale, la scelta di “convivere senza legarsi”, in un sorta di “patto privato senza vincoli” che però, paradossalmente chiede sempre più riconoscimento pubblico (come il dibattito sui registri delle unioni civili e sulla regolazione di tale scelta di vita conferma).

«Non voglio entrare qui nel dibattito sui “diritti individuali” dentro le unioni civili: ma i dati dell’ISTAT dovrebbero prima di tutto generare un ampio dibattito nella società italiana attorno all’idea stessa di matrimonio: è possibile immaginare un sistema familiare e sociale che faccia a meno del matrimonio, come molti sembrano auspicare,  pensando che questo non indebolisca drammaticamente quella insostituibile “cellula fondamentale della società” che è la famiglia fondata sul matrimonio? Attraverso il matrimonio le persone costruiscono la propria vita privata e insieme assumono un impegno pubblico verso la società: di questo ha bisogno il nostro Paese, su questo bisognerebbe discutere seriamente nel dibattito pubblico, senza pregiudizi o strumentalizzazioni».  

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