Maternità, troppi cesarei per paura

Il terrore del dolore: è questa la principale ragione per cui in Italia tante donne ricorrono al parto cesareo. Servono politiche sanitarie che facilitino il ricorso all'epidurale.

14/09/2011

In Italia il record europeo di nascite con parto cesareo: circa il 40% delle donne in attesa scelgono nel nostro paese questa modalità di parto ma un’indagine dell’Osservatorio nazionale sulla salute della donna (ONDa), in collaborazione con il Dipartimento di salute materno infantile dell’Oms e con il settimanale IO Donna, ci aiuta a scoprire quali sono i reali motivi di questa scelta. Il dato è in continua crescita pur essendo la soglia raccomandata dall’OMS solo del 15%.

Perché dunque questo alto tasso in Italia? Dall'indagine emerge che su mille donne intervistate di età compresa tra i 20 e i 30 anni, ottocento preferiscono il parto naturale, il 63% per ragioni di carattere emotivo-affettivo (non perdere le prime ore di vita del bambino), avere il compagno al proprio fianco (40%) o allattare con più facilità (35%,). Poi ci sono motivi di ordine funzionale, come l’ospedalizzazione più breve (53%), recupero fisico più veloce (49%), meno dolore post operatorio (44%), gravidanze future illimitate (47%) e assenza di cicatrici (46%).

Colpisce, invece, il dato sulla motivazione del cesareo: ben il 53% lo sceglie per paura del proprio dolore, o per quello del bambino (39%), o per un senso di maggiore sicurezza (36%). «In realtà, nello scegliere il parto cesareo rispetto al naturale - ha dichiarato Francesca Merzagora, presidente di O.N.Da - la donna è spesso inconsapevole dei rischi e delle controindicazioni che, quale atto chirurgico, esso comporta. Il taglio cesareo non è dunque soltanto indice di una popolazione femminile che tende a partorire oltre i quarant’anni, ma segnala una patologia del sistema che va controllata, compresa, assimilata e corretta con adeguate strategie per invertire la tendenza al ricorso al taglio cesareo, quando evitabile o in presenza di condizioni non idonee».

Capire, dunque, le cause di questo dato tutto italiano è importante al fine di sviluppare interventi di politica sanitaria che possano garantire alle donne una scelta libera e consapevole della modalità di parto.
«Da anni - ha precisato Mario Merialdi, direttore dell’Area Ricerca del Dipartimento di salute riproduttiva dell’Oms - seguiamo con attenzione le tendenze mondiali sull’uso del taglio cesareo, che in molti paesi, fra cui l’Italia, mostrano un aumento considerevole dei tassi. Questo sondaggio ci ha aiutato a capire: se è prevalente il desiderio di evitare il dolore da parto, allora la bontà di interventi già proposti in passato, come il garantire l’accesso all’epidurale a tutte le donne, potrebbero contribuire a limitare il numero dei cesarei non giustificati da ragioni mediche».

Se si considera, poi, il fatto che oggi molte donne partoriscono per la prima volta dopo i 40 anni, è possibile che siano maggiori le pregresse problematiche di endometriosi, fibromi uterini o legate alla fertilità per cui il taglio cesareo non è una libera scelta. «L’elevato numero di sale che effettuano meno di 1000 parti annui va ad aggravare il problema», è il pensiero di Enrico Ferrazzi, presidente della Società Lombarda di Ginecologia (SLOG). «Si tratta di strutture non in grado di offrire sicurezza in condizioni di rischio potenziale in travaglio, professionalità medica e di équipe per gli eventi rari e gravissimi su mamma e neonato o l’analgesia epidurale. Queste carenze hanno contribuito all’idea che il cesareo sia più sicuro rispetto a quello naturale».

Ma questa non è la verità: il parto chirurgico è associato ad un aumento della mortalità neonatale, a complicanze respiratorie lievi, a problematiche di riduzione dell’allattamento al seno e, non ultimo, al doppio di rischi gravi nella gravidanza successiva. «È doveroso – conclude Ferrazzi - che sia la comunità scientifica, sia i politici che decidono delle sorti dei piccoli punti nascita, sia le stesse donne, vi riflettano, con l’intento di disegnare il futuro del nascere in condizioni di serenità e sicurezza nel nostro Paese».

Con questa indagine, si conferma l’importante ruolo di O.N.Da nel sollecitare l’attenzione dell’opinione pubblica e delle forze politiche sui temi di salute femminile, informando sullo stato della ricerca, sull’importanza della prevenzione, della diagnosi precoce e sui traguardi raggiunti nelle cure nelle varie problematiche.

Alessandra Turchetti
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Postato da Gianalberto il 15/09/2011 20:22

Per paura? Forse anche per quello. Ma buona parte di quelle scelte sono "indotte" (da cliniche e da ospedali) unicamente per il "rimborso" previsto dalla Regione.

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