Una donna, un figlio, il futuro come scommessa

Donna sola con prole: una figura sempre più frequente, ma di cui si parla poco. Su quali servizi possono contare oggi queste mamme che tirano avanti da sole? Parla Dovis della Caritas.

02/05/2013

C’erano una volta le ragazze madri: storie di ragazze sedotte da colui che sembrava un principe azzurro e abbandonate a se stesse con un pargolo da crescere. L’attuale legislazione ha cancellato il termine dal suo vocabolario; si parla di "famiglia monogenitoriale" e, se declinata al femminile, di "donna sola con figli".

Cambiano le parole, cambia anche la realtà che ci sta sotto. Lo sottolinea Pierluigi Dovis, direttore della Caritas di Torino e Delegato Regionale per il Piemonte e Valle d’Aosta. «Esiste ancora la ragazza madre secondo il luogo comune classico - afferma Dovis - ma non possiamo fermarci lì». L’attenzione va alle donne separate e abbandonate dai propri uomini o che hanno dovuto lasciare il proprio compagno per scappare dalla violenza; donne straniere rimaste incinte a seguito di una relazione o – nei peggiori dei casi – in attesa di un bambino per via della strada che sono state obbligate a scegliere: la prostituzione.

«Come vede il quadro è quanto mai variegato» sottolinea Dovis. Situazioni differenti, un’unica realtà: a un certo punto della propria vita una donna si trova a dover "tirare avanti" da sola con uno o più figli. Come ce la fa in Italia? Se si tocca questo tasto salta subito all’occhio lo spread che divide il nostro Paese da altre nazioni d’Europa, in particolare la Scandinavia. Si tratta dello spread inerente i servizi e le prestazioni dello Stato. «Dobbiamo partire dal discorso sulla genitorialità - evidenzia Dovis - un aspetto che in Italia non è stato approfondito fino a fondo»..

Partiamo da un esempio concreto, il lavoro: «In Scandinavia le donne godono di una flessibilità di orario maggiore che in Italia, dove esistono solo forme di part time e congedi parentali, pensati sì per le donne, ma per coloro che possono condividere il peso di far crescere il figlio con un compagno». Si spiega perché nel nord Europa il tasso di occupazione femminile si attesta sul 70%. Lo spread è ancora più netto se si parla le politiche per l’infanzia. Oltre agli sgravi fiscali, i Paesi del nord spendono per asili e nidi 1,20% del Pil, l’Italia la cifra si attesta sotto lo 0 virgola. Per fortuna regge ancora la rete famigliare: «Ma non tutte possono contare su genitori che possono sostenerle economicamente».

A questo si aggiunge il problema dell’assegno di mantenimento a carico dell’ex marito o convivente: «Spesso invia un assegno magro o non lo passa per niente». Non resta che rivolgersi al volontariato no profit: «Oltre alla Caritas, vi sono molte organizzazioni che prestano servizio per le donne». Tradotto in concreto: ospitalità, servizi, corsi di cittadinanza attiva per le donne straniere: «L’obiettivo è quello di far vivere con responsabilità lo status monogenitoriale, naturalmente sia la Caritas sia altre realtà si impegnano anche per aiutare economicamente queste persone». Dalla politica cosa si può attendere? Pierluigi Dovis non nega il suo pessimismo: «La politica paga il suo distacco acritico con la realtà. Si parla di valore della famiglia, ma fino ad ora tutto si è risolto in una serie di slogan».

Giorgio Trichilo
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Postato da lettrice il 08/05/2013 22:37

Naturalmente, a voler essere cattivi, le leggi a favore di chi deve crescere da solo i figli ci saranno quando saranno gli uomini a trovarsi in questa situazione in numero crescente (solidarietà maschile). p.s. siamo sicuri che la parola spread si possa usare come sinonimo di gap ? Non ha una connotazione troppo finanziaria ? Non è too much usarla tre volte in poche righe ?

Postato da salbega il 03/05/2013 10:42

L'analisi dell'articolo mi pare parziale: si parla di donne sole con figli, in sostanza, in situazione di povertà, ma non si affronta tutta la grande questione delle mamme single, come me, del cosiddetto ceto medio. Anzi, ex ceto medio. Quelle che stanno scivolando verso il basso, che si salvano solo se c'è una famiglia di orgine alle spalle che dà una mano, se non economicamente, almeno aiutando nell'organizzazione dei tempi della quotidianità. Perchè per noi non c'è aiuto pubblico che tenga. Io sono laureata, libera professionista, un appartamento di 55 metri quadrati in affitto con mia figlia di 11 anni (il padre si è fatto vivo solo dopo dieci anni e non mi ha mai passato neanche dieci euro) e da tempo non riesco ad arrivare a fine mese. L'amara constatazione è che aver scelto la vita, undici anni fa (mia figlia è la cosa più bella della mia vita) ha portato in sostanza ad un impoverimento progressivo, di cui solo io voglio farmi carico. Per fortuna ho una famiglia numerosa che mi ha sempre sostenuta, ma sulla quale da tempo per correttezza non voglio più pesare.

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