Aborti selettivi, incubo che avanza

La discriminazione di genere crea nel mondo grandi aberrazioni, come l'aborto selettivo. Ma preoccupanti sono anche le teorie che vorrebbero eliminare la differenza tra i sessi.

“Selezione” genetica al femminile

10/12/2011
Anna Meldolesi.
Anna Meldolesi.

L’Economist lo ha chiamato “gendercide”. Reso con un poco simpatico neologismo si tradurrebbe “generecidio”. Una parolina dal significato sinistro che indica il fenomeno degli aborti e degli infanticidi “selettivi” dei feti di sesso femminile e delle neonate. Negli ultimi decenni secondo il settimanale britannico circa cento milioni di donne sono scomparse nel mondo a causa di questa autentica piaga. Milioni di bambine mancanti all’appello, abortite o uccise appena nate per un brutale fattore economico. Il motivo? Sono un peso, costa mantenerle e farle crescere, hanno una capacità produttiva inferiore degli uomini e, al momento delle nozze, la dote da pagare al futuro marito costa. E molto. Solo da qui si spiega lo sviluppo della pratica dell’aborto selettivo “al femminile”, una volta accertato attraverso i mezzi di diagnostica prenatale (ecografia, amniocentesi e villocentesi) che il nascituro è femmina.

Di tutto questo e di tanto altro parla diffusamente Anna Meldolesi, giornalista scientifica già editorialista de Il Riformista e collaboratrice de Il Sole24Ore, nel suo libro Mai nate appena uscito in libreria per i tipi di Mondadori. Secondo l’autrice il problema, oltre ad essere sottovalutato, rappresenta una bruciante questione “di genere”, cioè di discriminazione palese contro le donne che non può non interrogare ogni cittadino, oltre che, naturalmente, gli esperti: economisti, sociologi, demografi, esperti di medicina riproduttiva. Un fenomeno scivoloso, mutevole, che sfugge a censimenti e statistiche precisi e che tocca in primo luogo i paesi emergenti dell’Estremo Oriente, in particolare la Cina del “figlio unico” e l’India la cui società è fondata ancora su uno statuto patriarcale. Fenomeno che, secondo la studiosa, nei prossimi decenni condannerà molti uomini a rimanere scapoli. Non solo. Il gendercide si manifesta un po’ in tutto il mondo, a macchia di leopardo: ne sarebbero toccate anche la Corea del Sud, Taiwan, l’Albania e diversi altri paesi dell’Est Europa. Il fenomeno è comunque rintracciabile attraverso il confronto della percentuale di femmine e maschi nati in un anno, essendo il rapporto fisiologico (in inglese sex ratio) pari a 100 bambine per 105 bimbi. In Cina, secondo i dati dell’Accademia cinese delle scienze sociali, il rapporto è stravolto: 100/124; in India siamo vicino a quei livelli: 100/120. Totale: nel momento in cui fa capolino sulla scena del mondo il 7miliardesimo essere umano, ci sono 57 milioni di uomini in più rispetto alle donne. Solo l’Europa è in controtendenza, con più donne che uomini. I dati offerti dalla Meldolesi sono confermati dalle statistiche presentate quest’anno dal World’s Women 2010: trends and statistics, un’analisi dei dati sulla condizione femminile nel mondo nel 2010 curata dall’Onu. Ma sono stati anticipati ben una ventina di anni fa da Amartya Sen, Nobel indiano per l’economia nel 1998 e professore alla Harvard University di Boston.

Stefano Stimamiglio
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