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Il mio ricordo di Giovanni Paolo II

Inviato da: Angelica Scioscia

Il mio ricordo di Giovanni Paolo II
Il mio ricordo di Giovanni Paolo II

Quando si pensa ai miracoli, immaginiamo sempre eventi percepiti come straordinari. Difficile è riconoscere quei miracoli tutt'altro che inferiori che riconciliano e confortano. ll mio miracolo è la vita.

Un'esistenza la mia che vissuta dal punto di vista di tutto ciò che è "normalità", può sembrare sofferenza e privazione, ma per me e per chi mi ama è semplicemente Vita! Una vita diversa solo perchè più delle altre ha bisogno di fratellanza e di solidarietà, ma non per questo meno bella e intensa. Per mangiare mi servo delle mani di mamma, per parlare mi aiuto con sguardi e sorrisi, per scrivere questa lettera uso le mani di zia.

Anche quel 30 Aprile del 2003 sono arrivata davanti a te con l'aiuto di mamma e papà e mi sono sentita subito a mio agio nel vedere che anche tu, incrociando il mio sguardo e sorridendo hai svelato che la tua grandezza non era scalfita dal fatto che anche tu ti eri fatto aiutare per arrivare fin su quella postazione di Piazza San Pietro. Un linguaggio breve il nostro, fatto di un semplice sguardo e un sorriso reciproco che però ha detto più di tanti discorsi. Quello è stato il più bel regalo che potessi attendermi nel giorno della mia Cresima, celebrata lo stesso pomeriggio nella Chiesa dedicata a Sant'Anna in Vaticano.

Quel giorno non immaginavo minimamente che la nostra vita avrebbe avuto ulteriori intrecci iniziati sotto la guida di Maria Santissima, che a Frasso Telesino è venerata sotto il nome di Campanile e che tu hai benedetto il 5 maggio 1993 nell'Aula Paolo VI. E' Lei che mi ha fatto incontrare le persone che poi mi hanno condotto a te. E' a lei che nel mio paese le persone si sono rivolte recitando i misteri luminosi alla notizia della tua dipartita.

Nell'aprile del 2005 vengo ricoverata al Bambin Gesù per sottopormi ad un delicato intervento neurologico. Il giorno stesso del mio ricovero tu ti aggravi. L'attesa e la paura per il mio intervento chirurgico si mescola alla tristezza e all'angoscia di perdere un'Amico. Dal mio lettino vedo la Cupola di San Pietro e questo mi fa sentire più vicina a te. Mi chiedo cosa stai provando, se hai paura. Io la paura non la conosco, ma la leggo negli occhi della mia mamma. I medici dicono che la mia operazione è delicata e non si pronunciano sugli esiti. Fissano l'intervento e poi lo rinviano. E' sabato. In reparto non si parla d'altro che della tua agonia. Ad un certo punto le voci diventano un sussurro sofferto: "Il Papa è morto". Sul mio viso si spegne il sorriso. Mi sento più sola. Questo stato di abbandono però dura solo poche ore, anche perchè il cadenzarsi parallelo delle nostre vicissitudini ci riavvicinano sempre più! La mia situazione sembra complicarsi. Urge trovare delle vecchie cartelle cliniche del mio primo intervento, risalente a quando avevo pochi mesi di vita.

L'impresa è difficile, complicata da un trasloco. Quando la ricerca sembra persa, il mio papà ritrova inspiegabilmente i vecchi referti in una busta bianca. Tra analisi, tac e radiografie spunta anche un' immagine grande del "Gesù della Misericordia". E' il primo segnale della tua vicinanza, ma non sarà l'unico. In quei giorni ricoverano accanto a me una bellissima bambina. Arrivava dalla Sardegna con mamma e papà. Il papà non aveva un alloggio allora i miei genitori decidono di ospitarlo. Anche il suo nome aveva qualcosa di mistico: Emanuele.

E' giovedì quando decidono di prima mattina di operarmi. L'intervento, neanche a dirlo, nonostante le complicazioni prospettate, riesce bene, tanto che io rimango pochissime ore in rianimazione. Il tempo di portarmi in camera e la visita di un caro amico, Monsignor Valentino Di Cerbo (oggi Vescovo della diocesi di Alife-Caiazzo), dà alla mamma la possibilità di recarsi presso il tuo feretro. Mamma è tra gli ultimi fedeli a renderti il saluto estremo prima che chiudano le porte. Quando torna accanto al mio letto è visibilmente triste e provata. Io invece sono serena. Tu sei ancora lì con me. Ci rimani il giorno successivo, quando guardo la Messa funebre in televisione con zia e le infermiere e le pagine del Vangelo soffiate dal vento girano e mi strappano un primo sorriso. Ci rimani oggi, quando ripensando a quel sorriso che ci siamo scambiati quel 30 aprile rivedo l'immensità della misericordia e dell'umiltà che la sofferenza non piega e non scalfisce.

Ti voglio bene!

Jessica

Pubblicato il 18 aprile 2011 - Commenti (0)

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