31/03/2012
Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace e leader della Lega nazionale per la democrazia (foto del servizio: Reuters).
In Myanmar si vota per una
manciata di seggi. 45 per l'esattezza, meno del 7% sul totale delle poltrone del
parlamento. Eppure, sono elezioni storiche quelle del prossimo primo aprile, per
un paese come l'ex-Birmania che sembra avviarsi verso il processo democratico
dopo 50 anni di dittature militari. Concorrono per quei 45 seggi 176 candidati
per 17 partiti politici. Ma la super-favorita è naturalmente Aung San Suu Kyi,
la sessataseienne premio Nobel per la pace, recentemente tornata in liberta'
dopo 20 anni di arresti domiciliari.
Speranza e scetticismo convivono in questa
attesissima vigilia elettorale. E' innegabile che l'attuale presidente Thein
Sein, ex miltare che ha rinunciato alla divisa nel 2010, abbia dimostrato segni
tangibili di apertura: primo fra tutti la liberazione di Suu Kyi, insieme a
qualche centinaia di altri detenuti politici; poi queste elezioni, con l'invito
di un centinaio di giornalisti stranieri come osservatori. Tuttavia, molte sono
le irregolarità riscontrate durante la campagnia elettorale, come nominativi di
persone decedute inseriti nelle liste, o altri misteriosamente cancellati.
Numerose anche le denunce di intimidazioni e violenze, un pò in tutto il Paese.
La preparazione di un seggio elettorale.
Lo stesso discorso televisivo della leader del partito NLD (Lega
Nazionale per la Democrazia), “Madre Sue”, come viene chiamata Suu Kyi dai suoi
adoranti sostenitori, è stato censurato dal governo in carica. “Non ci
aspettiamo che queste elezioni siano giuste e libere” ha dichiarato ai
giornalisti Somsri Hananuntasuk, capo della Rete Asiatica per la Libertà
Elettorale, nella capitale Yangon come osservatrice esterna. “Ci basterebbe che
fossero elezioni credibili. Il Paese si sta aprendo poco per volta. Ci sono
problemi, ma ci sono anche progressi”.
Peccato che la signora Somsri, insieme ad
altri due stranieri della sua associazione, abbia trovato poi ad attenderla in
albergo 10 ufficiali dell'immigrazione che, gentilmente, ma fermamente, li hanno
accompagnati all'aeroporto come presenze indesiderate nel Paese. Segnali non
troppo promettenti per il futuro di Myanmar.
Thein Sein, presidente della Birmania ed ex generale, saluta alcuni ufficiali dell'esercito birmano.
In chiusura della campagna
elettorale, comunque, Aung San Suu Kyi ha rivolto pesanti accuse al Governo in carica, definendo l'attuale processo elettorale “inaccettabile per un
sistema democratico”. Sarebbero troppe le irregolarità e gli abusi perpetrati a
danno del suo partito. Solo a Kawhmu, la città dove la leader è candidata,
piu' di 1000 sono gli aventi diritto al voto che mancano dalle liste.
“Tuttavia”, ha concluso Suu Khy, “dal momento che crediamo nella riconciliazione
nazionale, cercheremo di tollerare quello che è accaduto. Perché speriamo che
il coraggio e la determinazione del popolo siano più forti di qualunque
intimidazione e sopruso”.
Domani, dunque, l'ex-Birmania va alle urne per la
contesa di 45 seggi sui 664 del parlamento, il 25% dei quali è tuttora
riservato ai militari. Ma sono molti gli osservatori, dentro e fuori dal Paese,
che non credono alla buona fede del Governo del presidente Thein Sein. Si teme
che il vero obbiettivo dietro alle riforme degli ultimi sei mesi sia ottenere
la revoca delle sanzioni internazionali, che permetterebbe a Thein Sein di
allentare la stretta dipendenza che lega il Paese alla Cina.
Un birmano segue sulla stampa le notizie sulla campagna elettorale.
“Il Governo vuole
Aung San Suu Kyi in parlamento per risolvere i suoi problemi di credibilità
nazionale” spiega Thiha Saw, direttore del settimanle Open News, “Non è vero che la amano come vorrebbero dare ad
intendere: in verità, hanno solo bisogno di lei”.
Anche Aung Zaw, giornalista
in esilio da oltre 20 anni, la pensa allo stesso modo. “Ho visitato recentemente
il Paese”, racconta, “e ho incontrato davvero molto, molto scetticismo sulla
buona fede del Governo. Chi parla, comunica e legge nella nostra lingua, sa come
stanno le cose e non si fa ingannare dalle apparenze”.
Riuscirà il premio Nobel
per la pace a non farsi manipolare dai disegni occulti del potere? E' questa la
speranza dei suoi elettori.
Marta Franceschini