L'ospedale a domicilio

Una giornata alla Fondazione Maddalena Grassi: un’équipe con 7 medici specialisti,34 infermieri professionali e 11 fisioterapisti.

15/04/2010

La prima telefonata arriva alle 8, al centralino di via Bordighera 6, a Milano. Chi chiama è una famiglia, un paziente, una persona che soffre. L’operatore risponde, inizia un dialogo intenso, anche 15-30 minuti, per capire se chi sta male è autosufficiente, il tipo di patologia, gli interventi necessari, le indicazioni mediche e terapeutiche, le speranze di riabilitazione, se c’è una lettera di dimissioni dall’ospedale, il quadro psicologico e le condizioni sociali, se in casa c’è una badante, se oltre al dolore ci sono angoscia e solitudine. È il primo contatto, la scintilla iniziale dell’incontro tra chi ha bisogno di cure e di speranza e chi offre conoscenza e competenze, ma anche vicinanza, prossimità, capacità di ascolto e di dialogo, dove il medico o l’infermiere sono non solo freddi esecutori ed esperti iperspecializzati, ma dove il professionista e l’uomo sono la stessa persona.

Siamo nel centro operativo della Fondazione Maddalena Grassi, ente senza scopo di lucro che da 19 anni opera nel campo dell’assistenza sanitaria domiciliare, con due case di accoglienza per malati di Aids, due strutture per malati psichiatrici e una per pazienti neurologici. Il centralino è operativo 365 giorni all’anno, dalle 8 alle 20, e per chi chiama fuori orario è garantita una risposta entro le 10 del giorno successivo. Si tratta però sempre di un’assistenza programmata: ci può essere urgenza, ma non emergenza, che compete al 118. Catia Tognoni, responsabile di tutti gli operatori sanitari della Fondazione Maddalena Grassi, spiega: «Di solito i pazienti dimessi dagli ospedali escono con un bisogno di assistenza sanitaria e il medico di base certifica questo bisogno. A questo punto il malato, o qualcuno della famiglia, va alla propria Asl: il distretto di competenza rilascia un voucher che prevede una o più assistenze a settimana, e può essere speso presso uno degli enti certificati dalle Regioni, in grado di erogare interventi sanitari direttamente a casa dei malati». Le strutture abilitate a erogare l’assistenza sanitaria domiciliare sono circa 15 in Lombardia e sono presenti anche in Emilia Romagna e in Toscana.

La Fondazione Maddalena Grassi riceve circa 100 chiamate al giorno e i nuovi pazienti, presi in carico entro le 24 ore dalla prima chiamata, ai quali viene poi riservata una linea telefonica dedicata, sono circa 800 al mese, 2.600 malati all’anno assistiti a domicilio. In pratica, un grande ospedale come il Niguarda che si sposta in Milano e Provincia e va a casa del malato con personale altamente specializzato: medici, infermieri professionali, fisioterapisti, ausiliari sanitari. Gli interventi spendibili con voucher possono andare dai 30 euro ai 5 mila euro al mese nei casi più complessi, che pagano ovviamente le Asl e quindi le Regioni, per cui nessun costo è a carico del paziente, indipendentemente dall’età e dal reddito. L’età media degli assistiti è tra i 60 e i 70 anni, anche se la Fondazione Maddalena Grassi assiste 13 bambini a Milano, da pochi mesi a 14-15 anni, e svolge interventi sanitari direttamente nelle scuole.

Abbiamo seguito gli operatori della Fondazione a domicilio, in due casi molto diversi tra loro che raccontano la complessità dell’assistenza. Dopo qualche ora al centro operativo, abbiamo visto all’opera un fisioterapista a casa di Andrea, 86 anni, imprenditore in pensione, brillante, dinamico, molto efficiente, abituato a organizzare la vita degli altri, che circa 2 anni e mezzo fa è caduto, ha battuto la testa ed è andato in coma. Andrea ha ritrovato la speranza Una vita sconvolta da un secondo all’altro. Per alcuni medici non c’era speranza, non poteva esserci ripresa, solo una vita in stato vegetativo. E invece grazie all’amore della moglie Ursula, 84 anni, 45 passati insieme, che non ha mai smesso di credere nella sua riabilitazione, oggi Andrea mangia da solo, si muove, dorme in un letto normale, ha margini di miglioramento. Un’infermiera della Fondazione Grassi va da lui tre volte alla settimana, oltre al lavoro quasi quotidiano del fisioterapista e di un ausiliario, che due volte al mattino e due volte alla sera aiuta la moglie nelle cure.

Poi abbiamo attraversato Milano per raggiungere Mohammed, 15 anni, egiziano, che frequenta il primo anno all’Istituto aziendale, e vive su una sedia a rotelle, colpito dalla Sma, una terribile malattia di origine genetica. Mattina e sera va da lui un’operatrice ausiliaria, Tiziana – che Mohammed adora e alla quale confida i suoi segreti –, che lo aiuta a lavarsi e vestirsi e dà una mano a papà e mamma (disoccupati); mentre un neuropsicomotricista lo segue tre volte a settimana negli esercizi per la respirazione, l’aspetto più delicato per i malati di Sma. Tuttavia, grazie alla Fondazione Maddalena Grassi, Mohammed è felice, con un sorriso che lo fa “volare”. Ha una vita normale, un profilo su Facebook, una playstation infuocata, due sorelle simpatiche, Jasmine e Maria, un sacco di amici e un cellulare. «Mi dai il numero?». «Certo, prendilo, però è difficile che mi trovi, sono molto impegnato».

Pino Pignatta
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