29/02/2012
In queste foto, una dimostrazione di "parkour" per le strade di Roma. Si tratta di una disciplina sportiva nata nelle banlieu parigine, che consiste nell'oltrepassare ostacoli e barriere.
Stanno letteralmente saltando da una parte all’altra dell’Italia. Perché Mohammed, Abdallah, Ibrahim e Jehad fanno parkour, la disciplina nata nelle banlieu parigine, che consiste nell'oltrepassare ostacoli e barriere. Ma la barriera più importante l’hanno superata uscendo per la prima volta nella loro vita dalla Striscia di Gaza. Da Roma a Bologna, passando per Milano, Bergamo e Palermo, i quattro ragazzi palestinesi hanno incontrato studenti, insegnanti e altri atleti di parkour, allendandosi ed esibendosi con loro nelle scuole e nelle piazze italiane.
Un tour di due settimane, realizzato grazie ad una cordata di associazioni (Cooperativa Sociale Eureka Primo, Un ponte per, Assopace, Jalla Onlus, ACS e Provincia di Benevento) e finanziato dalla Provincia di Roma. “Per i ragazzi questo è un sogno – racconta Meri Calvelli, la coordinatrice del progetto –. Come tutti i giovani della Striscia, circa il 70% della popolazione, sentono la necessità di uscire da quella che è un'enome prigione, superando le barriere che bloccano la possibilità di una vita normale”. “Non credo che sia facile per voi capire cosa significhi uscire da Gaza - esordisce Ibrahim, 25 anni, manager del gruppo –. Venendo qui abbiamo percorso distanze che per noi finora erano inconcepibili”.
La Striscia di Gaza è un fazzoletto di terra lungo 40 km e largo al
massimo dieci. I suoi confini sono controllati dall'Egitto e soprattutto
da Israele, ex potenza occupante, che dal 2005 ha lasciato Gaza, ma che
continua a decidere dell'entrata e dell'uscita di materiali e persone.
Da quando governa il movimento islamista Hamas, inoltre, le operazioni
militari israeliane, così come i lanci di razzi palestinesi su
territorio israeliano, si susseguono, rendendo la vita della gente di
Gaza un vero e proprio incubo. “I continui attacchi, la distruzione
degli ambienti e delle infrastrutture ci hanno privato anche degli spazi
dove praticare sport e hobby”, spiega Jehad, 24 anni. E così anche per
questo i ragazzi hanno iniziato a fare parkour.
A dare il via è stato Abdallah, 24 anni, che già faceva acrobatica. “Ho
visto un film su Internet e ho iniziato ad allenarmi – racconta - poi ho
coinvolto gli altri. All'inizio non è stato facile, c'era ostilità
verso di noi. Non è uno sport della nostra tradizione e quando ci
arrampicavamo sui muri, ci scambiavano per ladri”. Oggi sono il primo
gruppo di parkour di Gaza e tra i pochi del mondo arabo. Si allenano
tutti i giorni “perchè questo non è solo uno sport, ma una filosofia che
ti aiuta a superare le difficoltà”. “Quando uno nasce a Gaza, nasce
già responsabile – dice Mohammed, 23 anni –. Vogliamo mostrare che
nonostante tutto riusciamo a vivere normalmente, senza smettere di
sognare”. E un altro sogno i ragazzi ce l'hanno già: creare una vera
scuola di parkour a Gaza. In attesa che i muri si possano abbattere e
non soltanto saltare.
Anna Selini