Campanini: cattolici spaventati dalla politica

«Il cattolicesimo italiano sta diventando intimistico», dice il professore, «e soffre ormai della stessa malattia che affligge la nostra società: ciascuno si fa gli affari propri».

20/01/2011
Don Sturzo incontra Alcide De Gasperi.
Don Sturzo incontra Alcide De Gasperi.

Premette e avvisa: «La fede non può in alcun modo sostituire la conoscenza puntuale dei problemi, che è una condizione necessaria perché le decisioni assunte dalla politica siano efficaci e producano buoni risultati». Giorgio Campanini, per lunghi anni professore di Storia delle dottrine politiche all’Università di Parma e poi di Etica sociale a Lugano e di Teologia del laicato alla Pontificia Università Lateranense a Roma, ha appena compiuto 80 anni e ragiona di politica e di fede, di religioni e di Stato e del rapporto non sempre facile tra cristianesimo e potere. E riflette sull’Italia e sulla Chiesa, i suoi vescovi e i suoi laici impegnati e disimpegnati, in un travagliato momento politico per il Paese. Voce di riferimento per la comunità ecclesiale durante la stagione postconciliare, senza sconti per nessuno.

Professore, perché la conciliazione tra il cristiano e la politica è difficile?
«Per un cristiano la politica è “servizio”, ma poi deve stare attento e non fare pasticci tra l’etica del successo e l’etica della testimonianza ».

Ma lei da cosa parte?
«Dal Vangelo, perché lì dentro ci sono gli strumenti per l’analisi. Prenda la questione della competenza. Rilegga Luca, quando il Signore spiega che chi ascolta le sue parole è come un uomo che ha costruito la casa sulla roccia e quando viene la tempesta e il fiume rompe gli argini la casa sta in piedi perché era costruita bene. Insomma, per operare bene in politica non basta la buona volontà, la buona fede, come si dice, e nemmeno una personale vita di pietà».

E lo spirito di servizio, altra formula spesso abusata?
«C’è un’ipocrisia con la quale spesso il potere usa quella formula, mentre essenzialmente persegue fini di successo e di affermazione personale o di gruppo. È il tema delle distorsioni: clientelismo, favoritismi vari, uso improprio della capacità di persuasione del politico fino ad arrivare alla corruzione. Ma c’è un’altra questione da analizzare, e cioè la zona grigia che sta tra la vera e propria corruzione, cioè un reato, e l’esercizio del potere discrezionale, che non è reato ma non vuol dire che sia ammesso, se esso diventa improprio. Per un cristiano che fa politica non basta astenersi dalla corruzione, occorre anche dare un’esemplare testimonianza, per esempio stando lontani da chi – parenti, amici, finanziatori, sostenitori – sollecita un uso disinvolto del potere, aiuti, posti e via di seguito. Si chiama “rigore morale” e oggi è una sorta di chimera».

Come giudica l’attuale momento politico?
«È uno dei più tristi della storia della Repubblica, ma non è tutta colpa della politica. Una notevole responsabilità l’ha l’opinione pubblica, che ha preferito l’intrattenimento televisivo, che non chiede informazione corretta, che ha deciso di non partecipare alla vita civile. E quando sono i cattolici ad aver perso passione per la città, cioè l’amore per le cose comuni, per dirla con Giorgio La Pira, il guaio è grande. Negli ultimi trent’anni i cattolici se ne sono andati dalla politica, hanno messo nel cassetto le proprie “virtù sociali”, hanno deciso di non andare a votare».

Peccato di omissione?
«Non faccio il confessore. Osservo solo che la disinformazione va bene, che si è accettata la delega passiva, che in giro c’è una riluttanza forte a informarsi sui programmi dei partiti e le personalità dei candidati, che “tutto va bene” e chi dissente è guardato con sospetto. Domando: davvero è senza importanza che l’etica pubblica sia sparita dall’orizzonte?».

Secondo lei da quando è accaduto?
«Da Craxi in poi è iniziata una fase involutiva della politica».

Che i cattolici non sono stati in grado di contrastare...
«Esattamente. Da una parte ci si era illusi che occupando ancora il potere con la Dc si poteva salvare qualche cosa. Dall’altra, l’episcopato italiano ha creduto, venuta meno la Dc, di poter gestire direttamente il rapporto tra la Chiesa e la politica. Ma ha demotivato i laici cattolici. Se l’episcopato parla sempre, perché dovrebbero poi intervenire i laici? L’esempio più recente è la Settimana sociale di Reggio Calabria: attenzione al messaggio del Papa e alla relazione del cardinale Bagnasco e silenzio sul lavoro delle commissioni dove parlavano i laici. Qualche difetto c’è».

Senza il cardinale Ruini in questi anni sarebbe stato peggio?
«Da molti anni la Cei gestisce in prima persona il rapporto con la politica. Io credo che, invece, i vescovi dovrebbero intervenire solo in casi eccezionali. La Gaudium et spes sottolinea la responsabilità dei laici. C’è qualcosa che non va nell’applicazione del Concilio».

Cosa bisogna cambiare?
«Bisogna scovare qualche organismo ecclesiale che dia voce ai laici ed esprima l’opinione dei cattolici e non solo dei vescovi. Può essere il Comitato permanente delle Settimane sociali, ma deve essere guidato da un laico e non da un vescovo. Oppure il Forum del progetto culturale, ma vescovi e cardinali devono fare un passo indietro».

Per dire che cosa?
«Per parlare, innanzitutto. Le faccio un esempio: sui 150 anni dell’unità d’Italia non c’è alcun documento su cosa i cattolici si attendono, su cosa vogliono che sia realizzato. Hanno parlato solo vescovi e cardinali. Sulla crisi politica non è stato elaborato nulla e non basta assolutamente per essere contenti mettere in fila le prolusioni del cardinale Bagnasco alle Assemblee e ai Consigli permanenti della Cei. I laici cattolici parlano e scrivono in ordine sparso e non c’è nessuno che si preoccupi di dare loro voce unitaria».

È soltanto questione di forma o anche di contenuto?
«La passione civile latita anche dai pulpiti, dalla catechesi, dalla prassi quotidiana: è paura della politica. Il cattolicesimo italiano sta diventando intimistico e soffre della stessa malattia della società: ciascuno si fa gli affari propri».

E sui “valori non negoziabili”?
«Sull’argomento ho delle riserve. L’esistenza di Dio è un valore non negoziabile. Ma quando si dilata troppo questa categoria si cade in più di un equivoco e si impedisce alla politica di avere cittadinanza. La politica è l’arte della mediazione. Prenda la vita, pacificamente valore non negoziabile. Ma non basta l’affermazione, perché poi si tratta di capire come la si difende in un particolare momento storico, cioè come si negozia sulle scelte. Qui i cattolici possono anche dividersi tra loro, arrivando a scelte politiche diverse, senza che ciò debba creare scandalo».

L’attuale Governo su questo piano secondo lei va promosso?
«Si può dire che ha impedito qualche deriva radicale sulla questione dell’eutanasia. Ma sulle politiche a favore della famiglia il mio giudizio è pesantemente negativo. E poi ci sono problemi come la questione dell’etica privata distinta da quella pubblica, la sindrome da presidenzialismo, la subordinazione dei valori agli interessi, l’uso strumentale, a volte, dell’etica evangelica, l’apparenza a scapito della sostanza».

Molti tendono a dare la colpa a Silvio Berlusconi. Lei che ne pensa?
«Magari fosse così! Auguro a Berlusconi lunga vita da pensionato. Ma non è lui il problema. È la cultura che in questi anni è stata imposta: arrivista, erotizzata, basata sulla visibilità. Piace agli italiani, ma non dovrebbe piacere ai cattolici».

Alberto Bobbio
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Postato da Elio 50 il 02/02/2011 15:44

Certo se i nostri sacerdoti assistenti saranno d'accordo su questo argomento potremmo discutere parecchio: speriamo senza azzannarci! Saremo sempre tifosi e schierati. Io vorrei che fossimo tutti dalla parte di Cristo senza che altri giudicassero soprattutto se fratelli nella Fede.

Postato da Oddo Filippo il 24/01/2011 16:37

Sono perfettamente d'accordo con Campanini. I sacerdoti, quando spiegano il Vangelo, dovrebbero toccare anche argomenti che la società di oggi rifugge. Anche i cattolici, principalmente loro, si dovrebbero dare da fare con l'esempio e la forza dell'amore per tutti. Spesso mi capita in Chiesa di vedere gente che non sta attenta; forse solo la tv, cattiva maestra, sveglia costoro. Io vado in una Chiesa per seguire la catechesi per adulti, e mi fa bene all'anima. Don Mazzi, poi, che seguo su FC , mi ha aiutato diverse volte con il suo "Fuorigioco". Questa società, arrivista ed erotizzata, ha bisogno di essere pungolata e noi cattolici dovremmo svegliarci per il nostro bene, per quelli che non credono e per i giovani che sono confusi.
Filippo Oddo

Postato da Andrea Annibale il 22/01/2011 00:31

Volevo aggiungere: quando la smetteremo noi cattolici di piangerci addosso? Leggo continuamente critiche al mondo cattolico colpevole di tutti i mali possibili e immaginabili. Voglio lanciare questo messaggio: siamo luce del mondo e lievito della pasta perché lo ha deciso Dio non per i nostri poveri sforzi umani. Inoltre, ci sono tanti modi di vivere la fede cristiana, quale più fattivo quale più contemplativo (mi riferisco proprio ai laici non agli ordini religiosi di questo o quell’altro tipo). Infine, un un po’ di misericordia: facciamo quello che possiamo, quando possiamo, come possiamo. Non siamo Dio, non siamo onnipotenti, non siamo liberi più di tanto fin che non si manifesterà alla fine dei tempi la Gloria definitiva di Cristo. Comunque preferisco il cristianesimo di Campanini a quello clerico-fascista di alcuni personaggi torvi che ci sono in giro (non faccio nomi per evitare querele). Ciao.

Postato da Andrea Annibale il 22/01/2011 00:12

Penso che i laici debbano conquistarsi con fatica, perseveranza e sudore della fronte il loro ruolo all’interno della Chiesa e non aspettarsi che tale ruolo venga concesso dall’alto (quasi fosse una charte octroyée) dalle gerarchie ecclesiastiche. Lo Spirito Santo soffia dove vuole a favore dei laici, ma resta fermo il fatto che Gesù ha edificato la Sua chiesa sulla predicazione (che spetta principalmente ai religiosi), sul depositum fidei che è patrimonio di tutti e sulla testimonianza che spetta anche ai laici. Lo spirito profetico poi può essere donato dallo Spirito a chiunque. Basi pensare a tre figure moderne: Chiara Lubich, Giovanni Paolo Ramonda e Ernesto Olivero. Mi rispecchio molto, fatte le dovute ed opportune precisazioni (che ho cercato di fare) nel cattolicesimo di Campanini, una figura che amo molto. Penso che i cattolici debbano impegnarsi molto nel dialogo con i non credenti, dato che, come il lievito nella pasta della politica, sono sparsi un po’ qua e là nell’arco politico italiano. Ciao.

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