15/10/2010
Ettore Gotti Tedeschi, presidente dello Ior.
Lezione di economia virtuosa. Il professor
Ettore Gotti Tedeschi, presidente
dello Ior, va a Reggio Calabria alle Settimane
sociali dei cattolici italiani per
spiegare le origini, i rischi, ma anche le opportunità
dell’economia globale. Nel suo ufficio
della banca vaticana ragiona, alla vigilia,
di crisi economica globale: «Se non si nasce
di più, per sostenere l’economia c’è una
sola strada, consumare di più». Poi, preoccupato:
«Ma si rischia la fine del mondo».
C’è chi dice, tuttavia, che troppe nascite sono
insostenibili. Lei contesta, perché?
«Si può vivere senza crescita di popolazione?
Forse sì, ma si deve tirare la cinghia. Pensioni
da fame, dibattiti estenuanti sul testamento
biologico: il problema sarà proteggere
la vita anziana, tasse alle stelle sui consumi
per mantenere decenti livelli di Pil».
Dieci anni fa l’Onu spiegò che la popolazione
era cresciuta di quattro volte nel ’900,
ma il Pil di 40...
«Se la popolazione non cresce, il Pil cresce
solo se la stessa popolazione aumenta i consumi.
È esattamente quello che è accaduto,
ma le economie sono implose».
Colpa dei banchieri disonesti...
«No, colpa degli intellettuali supponenti,
quelli della crescita zero. La logica dell’economia
non si inverte, perché è fondata sulla legge
naturale: o si fanno figli o si consuma di
più. Nel mondo occidentale abbiamo inventato
il consumismo come ideologia per compensare
il crollo delle nascite. La parola d’ordine
era godersi la vita, l’unico modello di successo,
nichilista. Il Papa lo spiega bene nell’introduzione
all’ultima enciclica sociale: è l’uomo
che va cambiato, non gli strumenti».
Quindi i teorici della decrescita sbagliano?
«Sì, nessuno ha il coraggio di dire che, per
cambiare, la popolazione deve crescere».
Però c’è stato un boom demografico negli
anni ’60 ed è in seguito a esso che sono stati
denunciati i limiti allo sviluppo...
«È vero, ma allora le economie erano sostanzialmente
nazionali e alcune protette, come
quelle europee, Italia compresa. Poi è iniziata
la globalizzazione e tutto è cambiato».
In peggio?
«Per qualcuno no, anzi è stato un successo.
Si sono trasferiti capitali e tecnologie verso
Est, fino all’Asia, per riportare i beni qui da
noi. Il gioco è sempre quello: continuare
spassionatamente a consumare».
Prima cosa capitava?
«Le persone avevano coraggio, rischiavano
con i figli, lavoravano ed educavano. Dico
una cosa politicamente scorretta, ma credo
che le casalinghe abbiano salvato il mondo e
l’Italia nel dopoguerra. I figli e la loro educazione
sono più importanti di uno stipendio.
Se le coppie oggi prendono coraggio e fanno
figli, il sistema economico non crollerà, ci saranno
risparmio disponibile e investimenti.
Altrimenti, schianto del Pil, crescita dei costi
fissi, cioè sanità e pensioni, diminuzione dei
risparmi e tasse più alte».
Siamo destinati a non produrre più nulla?
«Praticamente sì. Noi consumiamo, mentre
Cina e India producono. Quanto può stare
in piedi un sistema così fatto?».
Però India e Cina sono entrate nel grande
gioco dell’economia...
«Bene, e sono diventate ricche. Il problema
è la distribuzione di quella ricchezza e la
protezione sociale del lavoro da quelle parti.
Ma a noi non interessa».
E cosa ci interessa?
«La nostra crescita, al punto che abbiamo
inventato quella a debito, che ha provocato
la crisi. Se non ci sono soldi per continuare a
consumare, se non si possono tagliare i costi
fissi, cioè, ribadisco, non restano che debito
e tasse. Nel 1975 il peso delle imposte sul Pil
era del 25 per cento, oggi è raddoppiato».
E le nascite cosa c’entrano?
«All’inizio degli anni ’80 crollano le
nascite e la crescita è compensata da
maggiori consumi. Ma lo stipendio a
un certo punto non basta più e di
nuovo la crescita crolla all’inizio del
Duemila. Allora si inventa l’economia
canaglia, ben rappresentata
da tutta la vicenda dei subprime,
che sono la perfezione
nefasta della crescita a debito.
Oggi il Pil lo si aumenta
con il debito e nessuno sa se è reale o no. In
questo contesto i figli sono ritenuti una rapina
di risorse».
Ma per i figli e la famiglia occorrono politiche
più decise...
«Certo, ma il denaro non c’è, bloccato dai
costi fissi. In 30 anni, ripeto, le tasse sul Pil
sono quasi raddoppiate. Non è un problema
di aliquote, perché ridistribuiscono poco. La
questione è a chi devono essere destinate le
risorse e il risparmio. Se lo stesso numero di
popolazione raddoppia i consumi, il sistema
va in tilt. Ed è quello che è accaduto».
Quindi prima bisogna sgonfiare il debito?
«Sì, ma come, e chi lo fa? È un dilemma
che nessuno sa affrontare. Una nuova bolla
a tassi zero con liquidità elevata? Inflazione
più alta? Austerità?Ma senza crescita di popolazione
nessuna soluzione funzionerà, perché
altri Paesi cresceranno e domineranno il
mondo. L’Occidente andrà in crisi e avremo
una vera invasione di immigrazione».
Come se ne esce?
«Aspetto le elezioni di medio termine a novembre
negli Usa. Sono gli Stati Uniti,
a dispetto di quello che si dice su Cina
e India, che trainano l’economia globale
».
Professore, l’Italia com’è messa?
«Come gli altri Paesi occidentali:
crescita zero e consumo a debito,
Pil in caduta, tasse e investimenti
che mancano. I
problemi per il futuro sono
tre, i “peccati originali”: statalismo,
privatizzazioni e
questioni legate all’ingresso
nell’euro. Ma la domanda fondamentale
è: tagliare costi o investire?
».
Alberto Bobbio