Sangalli: una bottega da 3 milioni

Il presidente di Confcommercio difende i piccoli negozi, rivendicando con orgoglio il ruolo del settore.

13/05/2010
Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio.
Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio.

Una cosa soltanto ha il potere di guastargli il buonumore, peraltro considerato granitico e perciò universalmente apprezzato: la vista dell’aula di Montecitorio. «Quando l’inquadrano in Tv cambio canale, sono stato deputato per sette legislature consecutive con la Dc, dal 1968 al 1994, e ancora ce l’ho dentro il cuore. Ogni volta che la vedo m’assale la nostalgia», spiega.

    Ci sarebbero anche le deludenti prestazioni del “suo” Milan, roba di non poco conto per uno che nel suo ufficio ha le maglie originali, autografate, di Paolo Maldini, Shevchenko e Kakà... «Con la nuova stagione, però, vedrà che faville», dice recuperando il sorriso di sempre. Lombardo, 72 anni portati benissimo, Carlo Sangalli è stato riconfermato fino al 2015 alla guida della Confcommercio (la cui nuova denominazione completa è, in realtà, Confcommercio-Imprese per l’Italia).

Presidente, com’è la situazione?
«È ancora crisi, anche se non mancano i primi incoraggianti segnali in controtendenza. Tra il 1˚ gennaio e il 31marzo di quest’anno, nelle varie Camere di commercio sono state iscritte 123 mila nuove imprese; nello stesso arco di tempo hanno cessato d’esistere 139 mila ditte. Il saldo è negativo (meno 16 mila unità), ma risulta dimezzato rispetto a quello del 2009, quando le chiusure superarono le aperture di oltre 30 mila unità».

A rimetterci sono i piccoli negozi, vero?
«Purtroppo, sono soprattutto loro. Resiste chi punta sulla specializzazione e sulla qualità, comprendendo con questo vocabolo anche la capacità di socializzare con la clientela, tessendo rapporti schietti e cordiali».

Quanto rimane diffuso, nel nostro Paese, il cosiddetto commercio di prossimità, ovvero la rete dei negozi sotto casa? E dove?
«In Italia ci sono più di 800 mila imprese del commercio, di cui oltre 750 mila sono medio- piccole. Il Meridione fa la parte del leone avendone praticamente la metà. I piccoli negozi costituiscono il sistema nervoso dei centri urbani e dei nostri borghi ricchi di storia e tradizioni. Senza il “dettaglio di prossimità”, molti quartieri periferici rischiano la desertificazione socio-economica. Questo settore svolge, inoltre, un’importante funzione di servizio, in particolare per le fasce più deboli come gli anziani. In generale, i piccoli negozi stanno alla città come i parchi stanno ai bambini: sono posti utili, sicuri, gioiosi. Quando si spengono le nostre insegne, muore un pezzo di Paese».

Colpa della grande distribuzione...
«Uno dei punti di forza del nostro sistema distributivo è il pluralismo, la possibilità, cioè, per imprese di tutte le dimensioni – piccole, medie o grandi – di trovare una propria collocazione offrendo ai consumatori la possibilità di scegliere. Parlerei, dunque, di mercato aperto alla concorrenza in cui la competizione negli anni passati ha ridotto drasticamente la quantità di piccoli esercizi e che è arrivata a mettere in crisi anche gli ipermercati. La colpa è, piuttosto, di una crescita del nostro Paese che, da troppo tempo, è lenta. E ciò si è inevitabilmente tradotto in una persistente debolezza dei consumi delle famiglie. Occorre che l’Italia cresca di più e meglio. E poi, guardi, non c’è spazio né per scorciatoie né per rendite di posizione: il sistema distributivo – l’unico veramente liberalizzato dal 1998 con la “riforma Bersani” – svolge spesso una funzione calmieratrice, non riversando mai per intero sui prezzi finali gli aumenti registrati nelle varie fasi della produzione. Oggi, due prodotti su tre sono in offerta o in promozione».

La gente ha un chiodo fisso: molti commercianti non pagano le tasse. Che cosa replica? «L’evasione è un problema che riguarda il sistema-Paese, è un fenomeno che abbraccia trasversalmente tutti i settori produttivi. Va dunque contrastato, così come l’elusione, perché altera il mercato e premia i furbi. Per questo Confcommercio si batte da sempre per avere norme più giuste e una ridotta pressione fiscale. Se è vero che le tasse vanno pagate sul reddito percepito e non su quello stimato, è ancor più vero che al principio secondo cui bisogna pagare tutti per pagare meno deve anche corrispondere il principio “pagare meno perché tutti paghino”».

Dall’avvento dell’euro far la spesa è diventato sempre più oneroso per tante famiglie... «Anche per i commercianti sono aumentate tasse e spese obbligate come affitti, bollette, servizi bancari e assicurativi, il cui peso sul totale dei consumi è passato dal 19 per cento del 1970 a oltre il 30 per cento di oggi».

Che previsioni fate per il futuro?
«Il percorso della ripresa che abbiamo imboccato neimesi scorsi si sta dimostrando più lento e fragile rispetto alle previsioni. E restano ancora forti le preoccupazioni legate all’occupazione. Le nostre previsioni per il 2010 sono prudenti, con un Prodotto interno lordo (Pil) che aumenta dello 0,8 per cento e consumi a più 0,6 per cento. È, dunque, prioritario avviare una nuova stagione di riforme».

Quali obiettivi s’è dato?
«Lavoro perché tutte le imprese – piccole, medie, grandi – siano messe in grado di crescere, e perché l’economia, fatta di commercio, turismo, servizi alle persone e alle attività produttive, trasporti e logistica, possa ancor di più contribuire alla crescita e allo sviluppo del Paese. Del resto, già oggi, questa economia assicura oltre il 40 per cento del Pil e dell’occupazione. Ma il sistema dei servizi, che Confcommercio rappresenta, ha ancora tante potenzialità da esprimere: l’Italia, si sa, ha il primo patrimonio storico-culturale del mondo che potrebbe essere ammirato da un numero ancor maggiore di stranieri... E lavoro, infine, anche perché ci sia più unità nella rappresentanza delle ragioni delle imprese. Per questo Confcommercio, Cna, Confartigianato, Confesercenti e Casartigiani, il 10 maggio hanno dato vita a Rete Imprese Italia».

Alberto Chiara
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