Prodi: i giovani hanno ragione

Incontro con il Professore: le dimensioni della crisi, le ipotesi per il futuro. E una generazione tradita che si ribella.

28/10/2011
Romano Prodi con la moglie Flavia.
Romano Prodi con la moglie Flavia.

Andare a lezione dal Professore fa sempre bene. Romano Prodi è sempre Romano Prodi, anche se si è allontanato dalla politica attiva. Lo incontriamo a Bologna, nella sede della Fondazione per la collaborazione tra i popoli di cui è presidente. Il problema dei giovani gli sta a cuore non da oggi. Ne parla con pacatezza. Ma ogni tanto la sua voce ha uno scatto. Come per dire “io qualcosa la saprei fare”.

– Presidente, trova esagerato parlare di una generazione senza futuro?

     «Il futuro prima di tutto è nelle mani di Dio, noi dobbiamo aiutare a costruirlo. In termini più o meno gravi, il problema del futuro e dell’occupazione dei giovani esiste in tutti i Paesi ad alto livello di sviluppo».

– A quanto dobbiamo tornare indietro per trovare un’emergenza del genere?

     «In queste dimensioni è un problema nuovo. La disoccupazione giovanile è al 41% in Spagna, 28 in Irlanda e Italia, 23 in Francia, 19 in Gran Bretagna, 18 negli Stati Uniti. Persino in Germania è al 10 per cento».

– È un’emergenza legata alla crisi?

     «No, è preesistente, ma il rapporto tra le generazioni non è mai stato così cattivo. Il peso della crisi è stato sempre distribuito in modo più equo, mentre questa prevalente sofferenza dei giovani è un fenomeno nuovo che non si traduce in miseria solo perché l’economia familiare attenua la caduta».

– È una generazione di precari...

     «È il secondo fattore dell’emergenza. C’è poca occupazione e sempre più precaria. Anche chi ha un lavoro precario è privato del diritto alla speranza di un futuro».


romano Prodi con Emma Marcegaglia.
romano Prodi con Emma Marcegaglia.

– Un suo ministro ha chiamato questi giovani “bamboccioni”...

     «Padoa Schioppa aveva un cuore grande così. Usava questa espressione come una frustata, per dire ai ragazzi: “Muovetevi!”».

– Ci sono responsabilità da individuare?

     «Intanto non abbiamo mai investito in formazione. Parlo di ricerca e di università, ma
anche e soprattutto di scuole tecniche. È assurdo che noi, in certe specializzazioni applicate, manchiamo di manodopera».

– Perché continuiamo a esportare laureati?

     «Perché siamo debolissimi in tutto quello che viene chiamato terziario superiore, perché gli studi legali internazionali sono tutti stranieri, perché abbiamo sempre meno studi di progettazione e strutture di consulenza. Abbiamo la colpa di non avere spinto la società ad aprirsi alla nuova cultura mondiale».

– Cioè la nostra scuola non è stata al passo con le sfide che si ponevano...

     «Né per quantità né per qualità. Altro errore drammatico è che il costo di un precario è minore del costo di un lavoratore fisso. Dobbiamo cambiare, un precario deve costare di più. Posso investire su un ragazzo che sta da me solo tre mesi?».

– Stiamo andando verso una società sempre più classista?

     «Manca sempre di più l’ascensore sociale. Siamo un Paese dove il figlio del medico fa il medico; il figlio dell’avvocato fa l’avvocato. Tutti questi fattori aggravano un problema
che, ripeto, è mondiale. È chiaro però che, se avessimo il 15 per cento anziché il 28 per cento di disoccupazione, ci sarebbe una generazione
meno disperata».

– Oggi siamo arrivati alla contestazione dei “draghi ribelli”. Cosa ne pensa?

     «È un movimento mondiale che da noi, per uno sfaldamento maggiore della società, è degenerato. Su 82 città che hanno protestato solo qui c’è stata violenza e questo è da
condannare senza nessuna comprensione».

– La contestazione ha preso di mira banche e finanza. Ci sono motivi reali?

     «La finanza è il simbolo del passaggio dall’economia reale all’economia di carta.
Dal dopoguerra fino ai primi anni ’80 nel mondo sviluppato la differenza tra ricchi e
poveri è andata diminuendo, mentre dall’80 in poi si è molto accresciuta. La finanza è diventata anche simbolo dell’aumento dell’ingiustizia e oggi le viene attribuita la colpa della crisi che, in effetti, è partita dalla eccessiva speculazione finanziaria».

– Quindi la protesta dei giovani si basa su motivazioni reali...

     «Sì. Del resto la politica di tutti i Governi occidentali, soprattutto di destra ma non solo, è andata in questa direzione. Non bisogna intervenire, guai alla politica industriale,
guai a uno Stato che regola gli eccessi...».

– Altre responsabilità?

     «Non sono senza responsabilità sindacati, associazioni, albi professionali, che per definizione difendono l’esistente e nel nostro Paese sono particolarmente forti».

– Cosa può fare la politica per affrontare questa situazione?

     «Intanto, spero che si prenda sul serio la denuncia collettiva. Però, per ridare speranza ai giovani, bisogna che questo si traduca in una ripresa della crescita: nessuno pretende che si cresca come i cinesi, però credo che una politica più attenta alla ricerca, agli investimenti, alla scuola possa dare risultati».

– Lei insiste molto su parole come formazione ed esperienza. Oggi, però, i nostri ragazzi vanno all’estero molto più di ieri...

     «Farsi un’esperienza non vuol dire saltabeccare da una cosa all’altra. L’esperienza deve essere finalizzata. Perché i giovani che oggi sono in giro per il mondo trovano ragazzi indiani o cinesi che hanno una voglia di riuscire impressionante. La globalizzazione è un fatto, non si torna indietro».

– L’Europa si deve anche rafforzare...

     «Se l’Europa non si rafforza, l’impegno dei nostri ragazzi è inutile. In un mondo di giganti nemmeno la Germania è abbastanza forte. Se l’Europa avesse una politica, non
avremmo una crisi così profonda. Stando ai numeri, la crisi dovrebbe colpire gli Stati Uniti: sono loro che hanno un terribile deficit commerciale e del bilancio pubblico, non
lontano da quello greco, e invece la crisi ha colpito noi perché manca la politica. Soffriamo la mancanza di leadership europea e il tragico costume politico di pensare solo al breve periodo e alle elezioni successive».
 
– Che non è solo un malcostume italiano...

   «No, è comune a tutt’Europa. Proprio il pensiero a breve adottato nella crisi greca
dalla Germania (perché aveva le elezioni regionali) è stato l’inizio della tragedia».

– Il pensiero politico a breve danneggia le nuove generazioni?

    «Non è un caso che non si investa su innovazione e ricerca. Investire sul capitale umano vuol dire raccogliere non domani, ma tra molti anni».

Simonetta Pagnotti
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Postato da Libero Leo il 02/11/2011 01:13

Gran belle parole quelle di Prodi. Ma non bisogna dimenticare i fatti. Egli si vanta di aver “portato l’Italia nell’euro”; ma non dice come l’ha portata. Mi fa pensare ad un ingegnere che ha progettato un ponte con fondamenta non adeguate e che, appena il ponte comincia a cedere, è pronto a dire che il progetto era impeccabile, ma chi ne ha proseguito la costruzione non ha controllato bene le fondamenta ed il terreno su cui poggiavano. Così l’euro è stato progettato senza adeguati rinforzi soprattutto nella parte che riguarda l’Italia: tasso di cambio lire/euro estremamente sfavorevole, costo del denaro non uguale per tutti i paesi, impossibilità di riacquistare competitività tramite la svalutazione, nessuna banca centrale con possibilità di stampare moneta, nessuna impegno tassativo di riduzione del debito pubblico. Invece di reclamizzare solo gli aspetti positivi dell’euro sarebbe stato eticamente corretto dire chiaramente agli italiani anche gli aspetti negativi e che con l’euro bisognava continuare a fare grandi sacrifici per acquisire competitività e diminuire il debito dello stato. Invece non lo si è fatto e si è inventato la nuova parola ‘euroscettico’ per criticare e mettere a tacere chi aveva dubbi e temeva che la frenesia di entrare nell’euro ci avrebbe portato a mettere il carro davanti ai buoi. La moneta comune non è una panacea come volevano farci credere. Prima di fare la moneta comune bisogna risolvere altri problemi conducendo i popoli europei verso una maggiore somiglianza del sistema economico-fiscale, del welfare, della lingua e degli stili di vita. Uno stato, anche se federato, non lo si fa semplicemente con la moneta comune; lo si fa soprattutto con cittadini che condividono sempre di più i loro obiettivi di lavoro e di benessere. Ad esempio, prima della moneta comune sarebbe stato meglio cercare di diminuire le grandi differenze attuali: cittadini pensionati a meno di 50 anni ed altri a 65 anni; lavoratori inamovibili ed altri licenziabili; cittadini che difficilmente ottengono giustizia ed altri che la ottengono rapidamente; cittadini ed aziende oppressi dalla burocrazia statale ed altri aiutati dallo stato; cittadini con privacy scandalosamente infranta ed altri con vita privata protetta; datori di lavoro considerati sfruttatori, ed altri stimati e benemeriti; ecc. Per il bene comune europeo, è prioritario che i vari popoli abbiano ideali e cultura convergenti, piuttosto che la moneta comune.

Postato da dino avanzi il 29/10/2011 23:23

il vero problema è che: se Germania e Francia decidono di mollarci andiamo a Fondo, ci siamo molto vicini.

Postato da galletto il 29/10/2011 20:07

Prodi. Non finiremo mai di rinpiangerlo. Era la persona giusta al posto giusto. Se questa benedetta sinistra riuscisse a unirsi!

Postato da luciocroce il 29/10/2011 09:17

Penso, con profonda amarezza, che anche noi cattolici siamo corresponsabili dello sfascio economico ed etico nel quale stiamo affogando: pure la Chiesa infatti - intesa come Istituzione - osteggio' il governo Prodi in quanto egli era considerato un cattolico "adulto" (grave colpa agli occhi di alcuni:forse dobbiamo rimanere sempre "bambini" per poter essere meglio "indirizzati"?!); a Prodi e Padoa Schioppa preferimmo il trio Berlusconi Bossi Tremonti: e questi sono i risultati! Saluti lucio

Postato da luciocroce il 29/10/2011 09:17

Penso, con profonda amarezza, che anche noi cattolici siamo corresponsabili dello sfascio economico ed etico nel quale stiamo affogando: pure la Chiesa infatti - intesa come Istituzione - osteggio' il governo Prodi in quanto egli era considerato un cattolico "adulto" (grave colpa agli occhi di alcuni:forse dobbiamo rimanere sempre "bambini" per poter essere meglio "indirizzati"?!); a Prodi e Padoa Schioppa preferimmo il trio Berlusconi Bossi Tremonti: e questi sono i risultati! Saluti lucio

Postato da Libero Leo il 29/10/2011 09:10

Grandi belle parole quelle di Prodi. Ma non bisogna dimenticare i fatti. I suoi governi sono naufragati in poco tempo; volevano fare i DICO; hanno aumentato le tasse introducendo anche la famigerata IRAP; hanno favorito i capitalisti e, soprattutto, le banche; avevano ministri che scendevano in piazza contro il governo di cui facevano parte; in un momento in cui non c'era la grave crisi internazionale non hanno fatto praticamente nulla per la famiglia (salvo pensare ai DICO), nulla per diminuire il colossale debito dell'Italia; nulla contro la casta della politica e della magistratura. Bisogna stare molto attenti e, soprattutto, non dimenticare. Altro particolare da non dimenticare: tra gli altri, chi ha sostenuto la candidatura di Prodi a commissario europeo? La risposta è molto sorprendente. Pochissimi se lo ricordano...

Postato da gigetto il 28/10/2011 22:23

Prodi è un grande politico, che esce da quel formidabile arco voltaico del Collegio Augustinianum della Università Cattolica di Milano, da cui sono uscite le migliori personalità del mondo politico e accademico da Fanfani a Ruffilli. da don Giuseppe Dossetti a Tiziano Treu, da Andreatta e Flick, da Melchiorre a Natoli, da Casetti a Mollica e a mille altre personalità che sono state l'enzima prezioso di quasi un secolo di storia d''Italia. Non avere sostenuto Prodi è uno dei grandi peccati del cosiddetto "mondo cattolico. Persona capace e onesta, pulita e ricca di umanità avrebbe dato ancora tantissimo a questo nostro paese. Grazie, professore.

Postato da giggio il 28/10/2011 14:23

ma quegli incartapecoriti dell'oltre tevere come fanno a preferire berlusconi a prodi? questo è un uomo serio, vero cattolico che non ha mai fatto parlare male di sè. come sarebbe stata diversa l'italia se non fosse caduto il governo prodi e se i ruini (rovini) di turno non avessero remato contro. lui cattolico adulto, il nano cattolico per interesse

Postato da Mara44 il 28/10/2011 14:09

Purtroppo il prof. Prodi è stato denigrato troppo durante il suo governo. Pensate che una mia vicina di casa ha chiamato, per disprezzo, Prodi il suo cane. E' stata per me una gran soddisfazione far notare a quella signora che la 14a da lei percepita è dovuta a Prodi e sentirla riconoscere che forse è stato uno sbaglio chiamare in quel modo il suo cane

Postato da Mario Paloschi il 28/10/2011 10:32

Leggere le opinioni (non gli slogan, come accade troppo spesso, oggi) di Romano Prodi mi fa ritrovare un minimo di speranza nella Politica. Penso ai miei amici di “destra”, intossicati da vent’anni di televisione berlusconiana, che considerano tuttora Prodi una specie di mostro: qualcosa a metà fra Attila e Stalin, salvo poi rimanere interdetti quando gli si chiede quali sarebbero – nello specifico - le malefatte che avrebbe perpetrato. In realtà, secondo me, Prodi fu “fatto fuori” proprio dalla politica “politicante”, quella che nell’esistente ci sguazza e ha sostenuto per due decenni il più grande mistificatore della storia italiana degli ultimi centocinquanta anni Quando il Professore dice: «Non sono senza responsabilità sindacati, associazioni, albi professionali, che per definizione difendono l’esistente e nel nostro Paese sono particolarmente forti», dice a mio avviso nient’’altro che la verità. Dietro i grandi proclami sul liberismo (che già di per sé sarebbe opinabile) rimaniamo un paese grettamente corporativo. E quello che più mi secca è che di una corporazione, in fondo, faccio parte anche io: quella dei “non più giovani”, attaccati ai nostri privilegi e sempre meno disposti a condividerli con i nostri ragazzi.

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