Bolle: "Vi racconto la mia Africa"

Il ballerino, dal '99 Ambasciatore di buona volontà Unicef, racconta i suoi viaggi nel Continente Nero: "Aiutare quei bambini è una lezione di vita"

29/03/2013
L'étoile del Teatro Alla Scala di Milano Roberto Bolle
L'étoile del Teatro Alla Scala di Milano Roberto Bolle

«Anche soltanto prestare attenzione al problema vuol dire contribuire al cambiamento. Tutti possono fare qualcosa, non occorre fare donazioni importanti, basta poco per aiutare i bambini dei Paesi poveri». Roberto Bolle, étoile del Teatro alla Scala di Milano, Principal dancer dell’American Ballet Theatre di New York, ruolo che nessun italiano ha mai ricoperto finora, è "Ambasciatore di buona volontà" dell'Unicef dal 1999. Come tale ha partecipato a Genova al varo della nave Msc Preziosa, nuova alleata dell’Unicef per i bambini del Brasile.

Ha cominciato giovanissimo e da 14 anni è impegnato nella raccolta dei fondi, con Gala dedicati, testimonianze, interventi e viaggi sul campo. Nel 2006 è andato in Sudan, dove ha portato tanti aiuti che hanno permesso di vaccinare più di 25.000 bambini, nel 2012 è andato nella Repubblica Centrafricana, dove ha visitato i progetti Unicef di lotta alla malnutrizione infantile.

«È importante», racconta l'artista, «aiutare questi Paesi, poverissimi, con grandi disagi sociali, dove i bambini hanno una vita davvero difficile. E una cosa molto bella impegnarsi per loro».

Tanto da andare di persona a portare il denaro raccolto?

«Sì, perché mi piace fare le cose complete. E avere la soddisfazione di vedere da vicino i progetti che abbiamo sostenuto».

Qualche ricordo?

«È stato molto bello, hanno così poco, ma una grande voglia e gioia di vivere. È molto toccante calarsi nella loro realtà, si va alla profondità delle cose, al di là delle sovrastrutture che ci sono nel nostro mondo. Vedi che sono entusiasti per tutto. È una lezione di vita».

E i bambini come hanno reagito?

«Abbiamo fatto tante fotografie insieme, hanno provato qualche posizione di danza, abbiamo giocato a inseguirci nei campi, è stato bello».

Ma forse anche doloroso?

«Sì, perché c’è una parte bella e una difficile in questi incontri, a volte si presentano insieme, altre volte separate. Vai negli ospedali, vedi bambini malnutriti e tante altre situazioni davvero drammatiche».

È stata un’esperienza di grande impegno psicologico e fisico?

«È stato difficile riprendere il ritmo al ritorno, l’ultima volta sono partito nella prima settimana di novembre, fermandomi nel pieno della stagione lavorativa. E poi ci sono le vaccinazioni, il rischio di ammalarsi. Ma nella mia posizione sono un punto di riferimento: l’Unicef è diventata un po’ come una casa per me, mentre per loro è importante avere un ambasciatore che sappia comunicare e coinvolgere persone di tutte le età».

Per i giovani lei è un modello. Come è stata la sua infanzia e giovinezza?

«Certamente fortunata, ho sempre avuto l’appoggio della mia famiglia, a cui sono molto legato. Ho realizzato il mio sogno, sono stato fortunato anche per questo. Ho una passione, l’ho seguita, mi sono dedicato con tutto me stesso, l’ho fatta diventare realtà».

È un bell’esempio e uno stimolo per i ragazzi di oggi, che talvolta pensano che sia tutto facile...

«Sì, spesso i ragazzi pensano che il successo arrivi senza sforzo. Invece bisogna impegnarsi per seguire le proprie passioni, farne un percorso».

Lei ne ha fatti di sacrifici: ragazzino studente al Teatro La Scala di Milano, lontano dalla famiglia, la giornata dedicata al ballo, senza distrazioni...

«Già. Quando si ha una passione bisogna fare delle rinunce. Io ho avuto la fortuna di arrivare a un altissimo livello e questa è una cosa in più. Ma tutti devono cercare di seguire la propria passione. Arrivare a un risultato, è una cosa che hai fatto tu, che costruisci tu. Per cui hai lottato, che nessuno ti può togliere».

Dal punto di vista artistico, quali sono i prossimi appuntamenti?

«Dopo gli spettacoli alla Scala di Milano, da maggio sarò al Metropolitan di New York per due mesi. Mi divido tra le due realtà, molto diverse e importanti per me: la prima è quella del teatro dove sono cresciuto, la seconda è il palcoscenico internazionale».

Rosanna Precchia
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