01/03/2012
Rashid Ghannushi, 71 anni, tunisino è il fondatore e il principale leader di Ennahdha, il partito islamico moderato uscito vincitore dalle prime elezioni libere in Tunisia (foto Corbis).
Rashid Ghannushi, 71 anni,
tunisino è il fondatore e il principale leader di Ennahdha, il
partito islamico moderato uscito vincitore dalle prime elezioni
libere in Tunisia dopo la caduta, nel gennaio del 2011, del dittatore
Ben Ali.
Ghannushi, più volte in
carcere a causa della sua attività politica, è tornato in Tunisia
il 30 gennaio dello scorso anno, dopo aver trascorso 22 anni di
esilio a Londra. FamigliaCristiana.it l'ha incontrato a Roma, dove ha partecipato al
convegno “Primavera araba”, organizzato dalla Comunità di
Sant'Egidio.
Sheikh Ghannushi, oggi
quanto è solida la democrazia tunisina?
“Stiamo lavorando
insieme, laici e religiosi, per far riuscire al meglio l'esperienza
democratica tunisina. Certo, ci sono davanti a noi pericoli e sfide,
ma noi cerchiamo di vincere queste sfide attraverso il dialogo e il
rispetto dell'altro”.
In caso di fallimento
che cosa accadrebbe?
“Una
eventuale caduta dell'esperienza democratica tunisina sarebbe un
grave pericolo non soltanto per noi tunisini, ma per tutta l'Europa.
Se fallisce la democrazia non ci sarà il ritorno della dittatura, ma
una somalizzazione del Paese e centinaia di migliaia di giovani
riprenderebbero la via del mare verso l'Europa”.
L'ex dittatore tunisino Ben Ali (foto Corbis).
Come pensate di frenare
questo fenomeno dell'emigrazione?
“L'emigrazione
è prima di tutto un danno per la Tunisia, perché significa la
perdita di tanti giovani preparati che potrebbero dare il loro
contributo al loro paese. L'emigrazione si combatte garantendo la
prosperità economica. Se avremo una economia sana vedrete che
cesserà l'emigrazione e, anzi, vedremo altri giovani nordafricani
emigrare questa volta verso la Tunisia”.
Oggi qual è la
situazione economica?
“E'
difficile. Ben Ali ha lasciato la Tunisia in rovina, con un livello
di corruzione altissimo. Il governo temporaneo non è riuscito a
raddrizzare la situazione e il governo eletto è in carica da soli
due mesi. Tuttavia vedo segnali positivi. Ci sono molti progetti di
investimenti da parte dell'Europa, dell'Italia, dagli Stati Uniti,
dalla Cina e dai paesi del Golfo. Perciò sono ottimista sulla nostra
crescita economica”.
L'estremismo
islamico può essere un pericolo per la Tunisia?
“Il
pericolo può arrivare dagli estremisti in genere, sia fra i laici
che fra i religiosi, e l'estremismo si combatte con il dialogo e il
rispetto”.
Proteste contro il presidente siriano Bashar al-Assad a Tunisi (foto Reuters).
Molti pensano che le
rivoluzioni della primavera araba siano state “pilotate”
dall'Occidente, lei che ne pensa?
“Non
sono d'accordo e pensarlo mi sembra offensivo nei confronti dei
popoli arabi che hanno fatto le rivoluzioni. Ricordo piuttosto che i
governi occidentali erano amici dei dittatori che governavano in
Egitto, Tunisia e Libia. Mubarak era considerato come un tesoro
strategico per gli interessi occidentali e nel pieno della
rivoluzione tunisina il ministro degli esteri francese Alliot-Marie
disse che era disposta ad aiutare Ben Ali nella repressione.
Purtroppo i rapporti internazionali sono guidati più dagli interessi
che dai valori”.
Pensa che presto
vedremo cadere anche il regime siriano?
“Assad
ha perso ogni legittimità e oggi nel mondo c'è un ripudio verso il
regime siriano. Oggi è importante portare aiuti umanitari alla
popolazione civile. Per quanto riguarda un possibile intervento
militare contro la Siria credo che la memoria del mondo arabo non
abbia buoni ricordi di questi interventi, che richiamano sempre la
colonizzazione”.
Ben Ali è al sicuro in
Arabia Saudita, lei spera di vederlo un giorno processato in
Tunisia?
“C'è
un processo contro di lui ed è stato condannato in contumacia, ma io
non ho perso la speranza di vederlo ricondotto in Tunisia”.
Roberto Zichittella