25/10/2011
Cristina Kirchner, presidente dell'Argentina, mentre saluta i suoi sostenitori.
Cristina Fernández de Kirchner è ancora la signora dell'Argentina. Il Paese latinoamericano l'ha confermata sulla poltrona della presidenza per un secondo mandato. E pensare che un anno fa, quando suo marito Néstor Kirchner, capo di Stato prima di lei, morì improvvisamente, in molti pensavano che per Cristina la parabola presidenziale sarebbe terminata alla fine dei suoi primi quattro anni. Quando venne eletta nel 2007 - come esponente del Fronte per la vittoria, espressione della sinistra peronista - su di lei pesava l'ombra del carismatico e potente consorte che, nonostante l'indice di popolarità elevatissimo, preferì non ripresentarsi per un secondo mandato e lasciare il posto a sua moglie, riservando per sé stesso la carica di segretario del Partito giustizialista, e assicurando comunque la continuità della "dinastia" Kirchner.
La rielezione di Cristina Kirchner segna per lei un riscatto politico, arrivando laddove non fu possibile neppure a suo marito Néstor: conquistando poco meno del 54% delle preferenze, con un distacco di ben 37 punti dal candidato arrivato secondo, il socialista Hermes Binner (fermo al 17%), la Kirchner ottiene il record di presidente eletto con il più alto numero di voti nella storia dell'Argentina dopo il ritorno alla democrazia, ovvero dal 1983 quando Raúl Alfonsín vinse con il 51,7% dei voti. Il risultato elettorale restituisce alla Kirchner un potere parlamentare enorme - 89 dei 130 seggi alla Camera dei deputati e 17 dei 24 in gara al Senato -, dopo che il Fronte per la vittoria aveva perso la maggioranza in Parlamento nel 2009 (a seguito del braccio di ferro tra Governo e settore agro-industriale per il tentativo di aumentare le tasse sull'export). Non solo: con il secondo mandato di Cristina (e sommando i quattro anni del marito Néstor), il kirchnerismo si attesta come forza politica più a lungo al potere nel Paese.
Se l'Argentina ha scelto di dare di nuovo fiducia alla Kirchner è
soprattutto per i successi economici raggiunti dal Paese latino negli
ultimi anni. La terribile crisi del 2001, che trascinò quasi il 60%
della popolazione sotto la soglia della povertà, appare sempre più
lontana: negli anni successivi il Paese ha ricominciato a crescere, con
un tasso medio annuo dell'8,5%, grazie soprattutto all'esportazione (in
modo particolare in Cina) della soia - di cui l'Argentina è il terzo
produttore nel mondo dietro gli Stati Uniti e il Brasile, mentre è il primo
esportatore di soia transgenica - unita a una politica di
interventismo statale e a una serie di misure per ridurre il tasso di
povertà nelle zone più disagiate del Paese.
Di fatto, oggi la Kirchner si trova di fronte a sfide diverse da quelle
di quattro anni fa: nel 2007 mentre l'Europa e gli Stati Uniti si
avviavano inesorabilmente verso la recessione, l'Argentina viveva la sua
rinascita economica dopo gli anni bui della crisi. Ma ora che il vento
della crisi mondiale si sta avvicinando all'America latina, anche per
l'Argentina si profilano nuove incognite, anche perché l'andamento della
sua economia è molto legato a quello dell'economia brasiliana (gli
scambi commerciali tra Argentina e Brasile hanno avuto un'impennata
record nel 2010), che nel 2011 è in una fase di rallentamento, dopo anni di crescita a ritmi vertiginosi.
Dilma Rousseff, presidente del Brasile.
Con la rielezione di Cristina Kirchner, l'America latina si conferma
sempre di più il continente delle donne al potere. Dall'inizio di
quest'anno il Brasile per la prima volta nella sua storia ha un
presidente donna, Dilma Rousseff; e dal 2010 Laura Chinchilla è alla
guida del Costa Rica. In Cile Michelle Bachelet ha ricoperto la massima
carica dello Stato dal
2006 al 2010. Oggi, poi, nel continente latino sono sempre di più le
donne alle quali vengono affidati importanti incarichi e ministeri. Come
Susana Villarán (ministro per le Donne e lo sviluppo sociale nel 2001 e
candidata alle presidenziali del 2006), che è diventata sindaco di
Lima, in Perù. E
sempre in Perù la 67enne cantante afro-peruviana Susana Baca, nome celebre
della musica latinoamericana, è stata designata ministro della Cultura
dal nuovo Governo di Ollanta Humala. Un'unione, quella tra musica e
politica, che pare funzionare: in Bolivia dal 2010 il dicastero
della Cultura è affidato alla cantante Zulma
Yugar: un incarico che lei ha dichiarato di assumere in omaggio
alla cantante argentina Mercedes Sosa, morta a Buenos Aires nel 2009.
Un'artista impegnata per la pace e i diritti civili, un'altra grande
donna sudamericana.
Giulia Cerqueti