Ben Alì scappa, la Tunisia cambia

La "rivolta del pane", guidata dai giovani, è diventata una rivoluzione politica. Il "Ceausescu del Maghreb" lascia il Paese nel caos. La difficile transizione.

15/01/2011
L'ex presidente tunisino Ben Alì con la moglie Leila in una foto di repertorio.
L'ex presidente tunisino Ben Alì con la moglie Leila in una foto di repertorio.

Alla fine il piccolo Ceausescu del Maghreb ha ceduto ed è precipitosamente fuggito insieme alla sua famiglia. Zebidine Ben Ali, dopo 23 anni al potere, lascia la Tunisia e, indesiderato dai Paesi europei che fino a poco tempo lo omaggiavano e rispettavano,  raggiunge l’ Arabia Saudita sano e salvo. A Tunisi il Consiglio costituzionale prende atto del vuoto di potere e destituisce definitivamente Ben Ali nominando come presidente ad interim l’attuale presidente della assemblea parlamentare.

     Per fortuna la  cacciata di Ben Ali non si trasforma nel bagno di sangue che nel dicembre del 1989 accompagnò la caduta del dittatore rumeno Nicolae Ceausescu, ma in tutta la Tunisia restano alte la tensione e l’incertezza. Gli aeroporti del paese sono stati riaperti, ma le strade di Tunisi e delle principali città tunisine sono pattugliate dall’esercito. Si segnalano ancora incidenti isolati. Gli uomini che stanno ocupando temporaneamente la scena política, come il primo ministro Rachid Ghannouci, sono tutti strettamente legati al clan di Ben Ali e ancora non si capisce come potrebbero schierarsi le forze armate.

     Il vuoto di potere determinato dalla precipitosa fuga di Ben Ali  lascia la Tunisia nel caos e la popolazione attende con ansia di capire quale futuro attende il loro Paese. Forse pochi potevano immaginare che la “rivolta del pane” partita dall’interno della Tunisia nella seconda metà di dicembre avrebbe determinato la fine del potere di Ben Ali. La rivolta, provocata da un forte aumento dei prezzi dei generi alimentari di prima necessità, è stata poi alimentata dalla disperazione dei giovani tunisini, pesantemente colpiti dalla disoccupazione, e ha assunto sempre di più un significato politico. La ribellione si e’ estesa alle principali città del Paese ed è arrivata fino nelle strade di Tunisi, al cuore di un potere. 

     Ben Ali, un ex poliziotto, ha risposto con l’arma che conosce meglio: la forza. Decine di manifestanti sono caduti di fronte alla reazione violenta della polizia. Poi Ben Ali, sempre piu’ accerchiato e isolato, ha provato a salvarsi cacciando il ministro degli Interni, promettendo nuovi posti di lavoro, garantendo riforme e libertà. Quello, insomma, che aveva costantemente negato in 23 anni di potere esercitato con il pugno di ferro. Ma ormai era troppo tardi, nessuno gli ha creduto, la rabbia della popolazione non si è placata.

     Ora la fine di Ben Ali deve suonare come un campanello di allarme per altri leader della regione. Come l’egiziano Mubarak, il líbico Gheddafi, l’ algerino Bouteflika. Uomini al potere da decenni, in particolare i primi due, e incapaci di trovare risposte ai bisogni di popolazioni frustrate dalla miseria e dalla mancanza di futuro. La Tunisia insegna che a volte la rabbia della piazza diventa incontenibile.

Roberto Zichittella
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