Tunisia, l'autunno delle donne

La nuova Costituzione stabilisce che la donna è complementare all'uomo. "Dopo la primavera araba", commenta l'onorevole Deborah Bergamini, la condizione femminile è regredita".

18/08/2012
L'onorevole Deborah Bergamini, presidente del Centro Nord Sud del Consiglio d'Europa (Eidon).
L'onorevole Deborah Bergamini, presidente del Centro Nord Sud del Consiglio d'Europa (Eidon).

Cosa resta della primavera araba in Tunisia? Il primo Paese che, a dicembre del 2010, ha innescato il grande processo rivoluzionario, ora sembra tornare indietro, almeno per quanto riguarda il mondo femminile: l'articolo 27 del progetto della nuova Costituzione, approvato dalla Commissione per i diritti e le libertà, stabilisce che la donna è complementare all'uomo, quindi non uguale, non portatrice dei medesimi diritti. Un evidente e allarmante passo indietro rispetto alla Costituzione del 1956, che conferiva alla popolazione femminile gli stessi diritti e la stessa dignità di quella maschile.

Alla situazione in Tunisia guarda con particolare preoccupazione il Consiglio d'Europa di Starsburgo, e in particolare il Centro Nord Sud, ente nato in seno al Consiglio d'Europa che si occupa del dialogo interculturale con i Paesi arabi del Mediterraneo e presieduto da Deborah Bergamini, deputata del Pdl e dal 2008 membro della delegazione italiana all'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa. «Negli ultimi anni, già prima dello scoppio della primavera araba», spiega la Bergamini, «abbiamo dedicato gran parte del nostro lavoro alle politiche giovanili e femminili, consapevoli che proprio lì, tra le donne e i giovani, risiedono le forze di rinnovamento più importanti della società».

A ottobre del 2011 la Bergamini ha promosso a Roma la prima Conferenza "Le donne agenti di cambiamento nel Sud del Mediterraneo": «Forti dell'esperienza che abbiamo maturato nel rapporto con i Paesi arabi, quando è scoppiata la primavera araba, a partire dalla Tunisia, noi del Centro Nord Sud abbiamo adottato un atteggiamento realista, di prudenza costruttiva, e abbiamo preferito parlare di "stagione" araba, non di primavera: immaginavamo, infatti, che il processo di transizione verso la democrazia piena in questi Paesi sarebbe stato molto lungo e complicato. Quello che sta accadendo in Tunisia lo conferma. Io, personalmente, sono sempre stata molto impegnata sul tema della condizione femminile e ho chiesto ai miei colleghi della delegazione italiana del Consiglio d'Europa di mettere all'ordine del giorno un dibattito urgente sull'argomento, quando ci riuniremo il 3 settembre».

A novembre sarà la volta della seconda Conferenza mediterranea sul ruolo della donna nella primavera araba, che si terrà a Istanbul: una piattaforma aperta di incontro tra le donne delle due sponde del Mediterraneo. «E' un'opportunità utilissima, come abbiamo già visto lo scorso anno alla conferenza di Roma», prosegue la Bergamini, «le donne egiziane, tunisine, marocchine, libanesi, turche ci hanno davvero dimostrato di avere bisogno di noi, ci hanno lanciato un richiamo forte, ci hanno chiesto all'unisono di non essere lasciate sole, perché loro sono scese nelle piazze, hanno manifestato, hanno lottato per il recupero della loro dignità e del loro ruolo di cittadine. Le donne di questi Paesi hanno paura che, una volta che l'interesse dei media si sia smorzato e i riflettori si siano spenti, vengano isolate e subiscano un processo di regressione, come sta accadendo proprio in Tunisia».

Una donna tunisina manifesta per l'uguaglianza tra donne e uomini (foto Reuters).
Una donna tunisina manifesta per l'uguaglianza tra donne e uomini (foto Reuters).

A giugno scorso il Centro Nord Sud ha lanciato un sito, www.nswomennetwork.org, per raccogliere idee e proposte e mantenere vivo l'interesse sul tema del rafforzamento del ruolo femminile:  una piattaforma dove le donne dei Paesi del Mediterraneo possono esprimersi, chiedere consigli e dialogare. «La situazione tunisina ci preoccupa anche perché potrebbe contagiare altri Paesi, sebbene ogni Stato del Nord Africa abbia una sia identità molto particolare. Così, ora stiamo lavorando molto con il Marocco: per alcuni aspetti - ma solo per alcuni - questo Paese potrebbe essere un modello: qui, le donne si sono avviate lungo un percorso di emancipazione sicuramente lento e difficile, ma oggettivamente significativo».

In Italia esistono enormi comunità di immigrati dal Nord Africa: anche le donne immigrate possono fare molto per le loro "sorelle" nei Paesi di origine. Il ruolo, ad esempio, delle donne marocchine che vivono in Italia è molto importante, l'Associazione delle donne marocchine in Italia ha preso posizioni anche impopolari nel Paese di origine, lottando con grande coraggio e determinazione», ricorda la presidente del Centro Nord Sud.

«Ciò che occorre è la continuità dell'informazione e dell'attenzione: ora siamo concentrati sulla Siria, non ci occupiamo più di ciò che sta avvenendo negli altri Paesi arabi. Purtroppo, però, stiamo assistendo a una regressione della condizione femminile, non solo nel mondo arabo ma anche da noi, in Occidente, in Italia, con la mercificazione della donna e dell'universo femminile. L'emancipazione delle donne, purtroppo, non va data per scontata».

Giulia Cerqueti
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Postato da giogo il 20/08/2012 13:05

Vedi Andrea A.un sospetto però mi sovviene,a te no? perchè non hanno scritto che anche l'uomo è "complementare alla donna" stiamo attenti perchè di sopprusi maltrattamenti e sopratutto segregazione è pieno il mondo dell'Islam...non tappiamoci gli occhi per favore...o preferisci il ns passato? dove la donna doveva accudire il marito,fare figli,far da mangiare e ......stare zitta.Forse oggi in occidente un po si esagera però stiamo allerta, mai mai vorrei le donne trattate come nei paesi Islamici...e tu?? Saluti

Postato da Andrea Annibale il 18/08/2012 20:30

Si capisce che qualunque cosa dica l’Islam sulla donna è filtrato in Occidente dalle lenti colorate della superiorità della cosiddetta Cultura Occidentale, fatta di emancipazione, di modernismo e tante altre cose che conosciamo. Di per sé, sarebbe corretto dire che l’uomo e la donna sono necessari (complementari) l’uno all’altra tanto da poter divenire “una carne sola”. La donna completa l’uomo e in questo senso è veramente complementare, non nel senso di un complemento di arredo, che sarebbe a dire un accessorio, una cosa superflua, ma nel senso che “una carne sola” genera prole, “una carne sola” si sostiene a vicenda, “una carne sola” educa i figli. A proposito di pagliuzza negli occhi dell’Islam e di trave nell’occhio dell’Occidente, basti considerare l’articolo di Avvenire di Antonella Mariani, “Famiglie” gay, troppe verità nascoste, dedicato allo stupro psicologico subito per anni da una figlia di un padre omosessuale e raccontato nel libro Fuori dal buio, la mia vita con un padre gay di Dawn Stefanowicz. Io mi sono detto favorevole ad un femminismo cristiano in passato, non nel senso di andare dietro alle favole del momento, ma di utilizzare l’esegesi biblica nella direzione di una valorizzazione del ruolo della donna. Come ha fatto Giovanni Paolo II. Non nel senso di inseguire l’ultimo –ismo frutto della subcultura edonista, relativista e nichilista che in Occidente troppo spesso si chiama “progresso”. Facebook: AAnnibaleChiodi; Twitter: @AAnnibale.

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