04/04/2013
Giuseppe Bizzoco
I 950 lavoratori dello stabilimento Bridgestone di Bari-Modugno sono ancora
preoccupati e angosciati per il loro futuro. Il rischio che la fabbrica possa
chiudere entro il 2014 non è stato del tutto scongiurato. La vertenza resta
molto difficile e complessa nonostante il Gruppo giapponese, dopo l’incontro a
Roma del 14 marzo scorso al ministero dello Sviluppo economico, abbia
cancellato il termine “irrevocabile” circa la decisione di cessare l’attività
produttiva entro il primo semestre del prossimo anno. Per questo i dipendenti
dell’azienda barese, insieme alle maestranze dell’indotto, continuano a
presidiare con determinazione ma in maniera civile i cancelli dello
stabilimento garantendo i rispettivi turni lavorativi di giorno, di notte e
durante le domeniche.
Alfredo Ruscigno
Anche a Pasquetta alcuni operai insieme alle loro
famiglie hanno trascorso l’intera giornata davanti all’ingresso dell'industria
gridando con forza che "la Bridgestone non si tocca".
L'arcivescovo della diocesi di Bari-Bitonto, monsignor Francesco Cacucci, in occasione
della messa pasquale celebrata all’interno della fabbrica, ha invitato le
istituzioni e i manager ad avere sempre al centro della loro azione il bene
comune, senza perseguire il tornaconto personale, confidando “nella luce della
Resurrezione che possa illuminare le loro decisioni, tese all’amore e
all’uguaglianza”.
Nessuno dei lavoratori molla di un centimetro la presa con l’obiettivo di
salvare e salvaguardare l’occupazione. Gli occhi sono puntati sul nuovo vertice
in programma a Roma domani, nella speranza che dal tavolo di discussione
possano emergere ulteriori passi avanti per uno sviluppo positivo della
trattativa.
Mario Cea.
C’è chi ha dedicato una vita a questa fabbrica che da cinquant’anni è il
fiore all’occhiello del tessuto industriale pugliese. Giuseppe Bizzoco,
60 anni, faceva l’operaio; ora è in pensione ma si sente coinvolto in prima
persona nella battaglia collettiva per difendere il posto di lavoro: “Sono qui
al fianco dei mie colleghi. Io ho dato l’anima per questa azienda, sostenendo
innumerevoli sacrifici e togliendo qualcosa alla famiglia. Per ben 37 anni sono
stato sempre in prima fila, come d’altronde tutti gli altri. Ora anche mio
figlio Luigi è in Bridgestone. Si è accollato un mutuo di 800 euro al mese. Se
lo stabilimento dovesse chiudere, lui e i suoi familiari si troverebbero
davvero in una situazione tragica”.
In tutti i dipendenti c’è la consapevolezza di poter andare fino in fondo,
di evitare il male peggiore anche perché l’azienda è sana, competitiva. Alfredo
Ruscigno, 37 anni, operaio finitura dice: "Qui a Bari siamo in
grado di produrre pneumatici di alta qualità Run Flat rispetto ad altri
stabilimenti del gruppo che non hanno questa omologazione. E' indispensabile
che la Comunità Europea metta al centro della sua azione politica una nuova e
diversa strategia sul fronte del welfare e della giustizia sociale”.
Francesco Schirone.
Qualcuno fuori dai cancelli si chiede ancora quali siano i veri motivi per
cui la società nipponica abbia preso una decisione così drastica: “Per ora
hanno ritirato l’aggettivo irrevocabile, ma i dubbi e le preoccupazioni restano
– sottolinea Mario Cea, 41 anni, operaio confezionatore -.
Dopo 13 anni di lavoro mi sento in dovere di portare a casa lo stipendio, il
pane. Ho dato qualcosa di mio all’azienda ed essere tolto quel qualcosa fa
male. Non capisco perché abbiano intenzione di chiudere la fabbrica considerato
che i livelli di produzione sono oltre il cento per cento. Combatteremo fino
allo stremo se ci sarà da combattere”.
Lavoratori determinati a lottare per non trovarsi sul lastrico: “Abbiamo
troppa rabbia perché ognuno di noi ci ha messo impegno e sudore – afferma Francesco
Schirone, 54 anni, operaio carrellista -. Non meritiamo questa assurda
decisione. Vent’anni di duro lavoro, sempre presente e a disposizione della
fabbrica. Sono con il morale a terra, a volte mi vien da piangere. Anche mio
figlio Vito fa l’operaio macchinista qui. Ha un mutuo sulle spalle. Due
famiglie minate nella loro serenità. Io spero che ci sia una schiarita, che la
Bridgestone torni sui suoi passi. Altrimenti mi legherò al cancello. Non so
dove andrà a finire la mia dignità di uomo”.
Luigi Carofiglio.
C’è tanta coesione, solidarietà e unità d’intenti. “Siamo sempre stati ligi
al dovere abbiamo lavorato con la massima dedizione – fa notare Luigi
Carofiglio, 44 anni, verificatore di finitura -. Con caparbietà ho
ottenuto nel 2001 un contratto di 40 ore. Poi ho messo su famiglia, ho due
bambini di 9 e 7 anni. Se penso di dover restare senza occupazione mi vengono i
brividi. Quando c’è stato il terremoto in Giappone siamo stati tutti quanti
solidali contribuendo con un’ora del nostro lavoro a riparare i danni subiti
dagli stabilimenti nipponici.
Domenico Cazzato (tutte le foto di questo servizio sono di Cosmo Laera).
Adesso vogliono mandarci a casa. Mi auguro che le
istituzioni diano un ulteriore segnale forte perché la trattativa entra ora nella
fase decisiva”.
Nessuno intende abbassare la guardia come afferma con decisione Domenico
Cazzato, 42 anni, operaio controllore Bmw: “Vogliono calpestare la
nostra dignità. Lotteremo per i nostri figli, le nostre famiglie. La chiusura
di questa azienda sarebbe un vero e proprio disastro non solo per noi, ma per
l’intero sistema economico e produttivo pugliese. Se serve un piano di
riorganizzazione aziendale va elaborato in tempi brevi. Bisogna agire in
fretta, soprattutto a livello istituzionale e governativo”.
Nicola Lavacca