12/08/2012
Il presidente del Napoli Aurelio De Laurentis.
Sembrava che il calcio
italiano avesse sfogatole sue perversioni periodiche con Scommessopoli,
contorni e dintorni compresi, ma a Pechino, dove si è organizzata la finale
della Supercoppa italiana fra Juventus campione e Napoli primo in Coppa Italia
proprio sulla Juventus, pensando ad un mercato di un miliardo e mezzo di
persone da affascinare con il grande spettacolo, è andata in scena un’altra
penosa recita, tutta nostra, senza nessun aiutino locale,ambientale: il che è
stato un bene considerando la competenza dei cinesi che sul 2 a 2 dopo i
90’ regolamentari hanno lasciato in maggioranza lo stadio, quello dei Giochi
olimpici 2008, convinti che tutto fosse finito, e che soltanto un appello dello
speaker ha riportato sugli spalti per assistere ai supplementari ed applaudire
il 4 a 2 della Juventus (i tifosi di
Pechino erano in maggioranza bianconeri, grazie a misteriose vie mediatiche ).
Il presidente del
Napoli, l’armatore De Laurentiis che ogni tanto dice e fa cose buone, magari
proprio perché felicemente inesperto dell’ambiente e dunque della sua corrotta
presupponenza, ogni tanto sembra muoversi nel calcio con l’albagia di un
tecnico della Silicon Valley fra i selvaggi del Borneo, ha comandato ai suoi,
speriamo sconcertati, di non andare alla premiazione, ritenendola sua squadra
penalizzata da un discusso rigore pro Juve e da due espulsioni. Mancare la
cerimonia che doveva mostrare al mondo, cinese e non solo, la faccia aperta,
comunque sportiva del nostro calcio è colpa gravissima, e nessun errore
eventuale dell’arbitro e dei suoi collaboratori la giustifica. Per i cinesi
pensare al grande sport olimpico di quattro anni prima, proprio ospitato lì, per
tutti pensare ai Giochi di Londra che, davvero gonfi di sportività, assegnavano
le penultime medaglie (compresa quella del football, al povero Messico sul
ricco e tronfio Brasile che mica rifiutava di partecipare alla premiazione),
mentre il calcio offriva ed infliggeva questo controshow sempre in Mondovisione,
è automatico.
Il tutto a prescindere da
buone ragioni eventuali del Napoli per quel che riguarda la partita, messa
presto sul piano della lotta dura, delle scorrettezze, e sfuggita di mano
all’arbitro e ai suoi collaboratori, tutti - toh - italiani.
Insomma, peggio non
si poteva fare. Il nostro calcio non solo è sempre eguale a se stesso, ma spesso
si inventa nuove occasioni di peggioramento. Il campionato che comincia fra due
sabati promette bene,nel senso che promette tutto il brutto possibile ai noi
viziosi. Le premesse sono pessime ed abbondanti. La Juventus farà pesare psicologicamente la squalifica di
Conte come persecuzione, continuando a offrire la massima solidarietà ad una
persona senz’altro valida ma che la giustizia sportiva ha detto pur sempre
colpevole di doppia omessa denuncia di
un illecito (il quale Conte, intanto, provvisoriamente
ma anche formalmente sostituito da Carrera suo discepolo, finalmente dalla
tribuna potrà vedere bene le partite, come non è possibile dalla panchina a nessun
allenatore). Gli altri club leggeranno (e non è escluso che cominci il Napoli,
in queste ore) ogni presunto favore alla Juventus come coda di paglia della
giustizia sportiva stessa. Inter e Milan, non appena avranno trovato una
inquadratura decente, magari spendendo forte sul mercato ultimo - i nerazzurri hanno rischiato l’eliminazione
ad opera di una squadretta di Spalato nei preliminari della non eccelsa Europa
Cup, i rossoneri hanno preso cinque gol a uno dal Real Madrid in un’amichevole
molto seria -, oltre che ai casi propri penseranno ad un patto antiJuve, ad un
asse Milano-Napoli.
Passando per Roma, per la Roma di Zeman più che per la
Lazio di Petkovic, allenatore croato che è arrivato qui come un Mourinho bis
però a basso costo e ha subito quattro sconfitte nelle prime quattro partite di
preparazione. Zeman, sia detto, per inciso, non tradisce la nota passione anti-juventina con la frase detta in conferenza stampa: "Sentenza lunga? Non è possibile allenare", alludendo a Conte. Ci sono insomma tutti
gli ingredienti non per la solita minestra, ma per la solita brodaglia. Manca
poco e poi, turandoci il naso, potremo andar e a tavola, per la crapula
chiamata campionato.
Gian Paolo Ormezzano