Ciad, le verità scomode del vescovo

Monsignor Russo, vescovo di Doba, è stato espulso dal Paese per aver criticato il Governo sulla gestione del petrolio. Unanimi le reazioni di solidarietà: "Ha detto solo la verità".

14/10/2012
Monsignor Michele Russo, vescovo di Doba (Foto Misna).
Monsignor Michele Russo, vescovo di Doba (Foto Misna).

Il petrolio non si tocca. Guai a parlarne. Guai a criticare il Governo, anche solo per dire che è «iniqua la gestione dei proventi del petrolio», durante un’omelia. Per questo monsignor Michele Russo, vescovo di Doba, ha ricevuto un decreto di espulsione (entro 7 giorni) firmato dal Governo del Ciad. Ha osato dire, durante la Messa del 30 settembre scorso trasmessa dalla radio diocesana, che la gente, poverissima, del Ciad non vede alcun beneficio dallo sfruttamento delle risorse naturali, soprattutto dai nuovi ingenti introiti derivanti dall’estrazione petrolifera.

     L’accusa? L’Alto consiglio per la comunicazione ciadiano ha reso nota la decisone dell’espulsione spiegando che monsignor Russo si è dedicato «ad attività incompatibili con il suo ruolo», attentando «all’ordine pubblico prestabilito». Secondo le autorità del Ciad, quindi, dire dal pulpito di una chiesa che gli ingenti introiti derivanti dal petrolio devono essere distribuiti anche per lenire l’estrema povertà del Paese è quasi eversivo.

     Eppure è la realtà. Secondo l’Atlante dei conflitti e delle guerre nel mondo «il problema principale resta l’estrema povertà del Paese». E nell’ultimo Rapporto Indice Globale della Fame 2012, appena pubblicato, il Ciad – governato da 22 anni da uno degli ultimi “dinosauri” africani, Idriss Déby, il presidente salito al potere nel 1990 con un golpe – è fra i Paesi più poveri del mondo: la situazione quanto a fame e denutrizione è considerata «allarmante» (il suo indice è del 28,3, dal 30 in su è viene definito “estremamente allarmante”). E il tasso di mortalità infantile dei piccoli sotto i 5 anni è tra i più alti del mondo: fra il 17 e il 18%.

     La scoperta di ricchi giacimenti petroliferi nella Regione meridionale del Chari-Baguirmi è recente. Ma per ora pare che l’unica a trarne benefici sia la Cina, che attraverso la società China National Petroleum Corporation si è assicurata lo sfruttamento del greggio.

     Alla notizia dell’espulsione di monsignor Russo, le reazioni sono state tutte di «incredulità e sorpresa». Così è stato anche da parte dei padri sinodali riuniti a Roma. Monsignor Russo è conosciuto da molti vescovi africani presenti al Sinodo per il suo impegno a favore dei popoli dell’Africa dove ha trascorso 32 anni della sua vita missionaria e 23 di vescovo a Doba, una delle diocesi più povere.

     Monsignor Joachim Kouraleyo Tarounga, vescovo di Moundou, rappresentante al sinodo per il Ciad ha detto all’agenzia di stampa Misna: «Non si capisce questa espulsione, sia nei termini che nelle modalità. Sono anni che noi vescovi del Ciad denunciamo le stesse cose a tutti i livelli».

Pozzi di petrolio in Ciad.
Pozzi di petrolio in Ciad.

In effetti, è recente la lettera pastorale della Conferenza Episcopale ciadiana nella quale era stato denunciato che il «flusso di denaro generato dallo sfruttamento del petrolio, anziché risolvere i nostri problemi di sviluppo, ha causato la corruzione, il favoritismo e lo storno dei fondi pubblici nell’impunità totale».

     Quindi, perché cacciare monsignor Russo? Secondo diversi osservatori potrebbe essere un duro monito da parte del governo stessa Conferenza episcopale, "rea", negli ultimi tempi, di essersi mostrata molto critica nei confronti del presidente Idriss Déby.

     I vescovi hanno preso subito posizione con un comunicato: «È un momento molto difficile per i vescovi del Ciad», vi si legge, «che invitano la popolazione di Doba a rimanere tranquilla e a mantenere la calma mentre si portano avanti i negoziati per trovare una soluzione alla decisione del governo».

     Sull’espulsione del vescovo italiano di Doba, comboniano, è intervenuta anche la Congregazione missionaria, per voce del suo superiore, padre Enrique Sánchez González: «Il Padre Generale dei Missionari Comboniani col suo Consiglio», ha scritto in una Sànchez Gonzàles, «esprime, a nome di tutto l’Istituto, solidarietà a monsignor Michele Russo e alla popolazione della diocesi di Doba, augurandosi che si creino i necessari spazi di dialogo con le autorità del Paese al fine di evitare che l’espulsione di monsignor Russo dal Ciad privi la Chiesa di Doba del suo Pastore».

     È già stato fatto un primo incontro per cercare una soluzione tra monsignor Russo, l’arcivescovo di N’Djamena Matthias N’Gartéri Mayadi e il ministro dell’Amministrazione territoriale. Il ministro avrebbe rinnovato l’accusa secondo la quale monsignor Russo avrebbe invitato gli abitanti di Doba a sollevarsi contro il governo. L’arcivescovo avrebbe risposto leggendo al ministro il testo dell’omelia, nella quale in nessun passaggio si fa riferimento a sedizioni o sollevazioni contro il governo. «Quel che si chiedeva», avrebbe sottolineato l’arcivescovo Mayadi, «era semplicemente una più equa ripartizione della ricchezza nazionale derivante dallo sfruttamento delle risorse naturali».

     «Monsignor Russo ha detto semplicemente una verità che tutti conoscono», commenta Arnaud Ngarldjimti, direttore della Voce del contadino, la radio diocesana che ha trasmesso l’omelia "incriminata". «È risaputo che non tutti gli abitanti di Doba hanno accesso all’acqua potabile, alla corrente elettrica e a quel benessere che lo sfruttamento delle risorse naturali avrebbe dovuto garantire. Monsignor Russo ha fatto riferimento ai tanti poveri bisognosi, ai bambini indigenti e al dovere di ogni cristiano di adoperarsi per migliorare la società in cui vive».

     Il vescovo comboniano sarebbe già oggi in partenza per l’Italia. Nel frattempo continueranno le trattative per consentirgli di ritornare al più presto nella sua diocesi di Doba.

Luciano Scalettari
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