Gentile, mi chiamavano "Gheddafi"

Il soprannome era per via dei baffoni e del fatto che è nato a Tripoli, ma per lui il dittatore libico era una ferita aperta che ora racconta, finalmente sollevato.

20/10/2011
Claudio Gentile
Claudio Gentile

Finalmente libero, anche lui. Da quel nome che lo perseguitava, appiccicato addosso come il numero di una maglia invisibile eppure indelebile come un tatuaggio. Lo chiamavano Gheddafi perché Claudio Gentile era nato a Tripoli, perché aveva i baffoni spioventi, perché un giorno il dittatore arrivò anche tra gli azionisti della Juventus di cui Gentile era poco gentile ma efficacissimo marcatore.

Ma a lui quel soprannome era sempre andato di traverso, né su né giù nella strozza. Fino a poche ora fa, quando finalmente libero dalla sua ombra, ha espresso i suoi pensieri al primo microfono che passava:«Non si rendevano conto di quanto detestassi quel soprannome, anche se non potevo manifestare il mio pensiero: non lo sopportavo perché sapevo che cosa aveva fatto agli italiani e ai miei parenti. Non è mai bello quando qualcuno viene ucciso. Ma se serve per liberare un Paese e dare a tutti una possibilità di sviluppo allora forse è meglio che sia andata così».

Si materializza il ricordo degli zii tornati in Italia con la vita intera in una valigia, costretti
a lasciare in Libia tutti i valori, la fede nuziale come unico ricordo di una vita di lavoro lasciata al sole di Tripoli. Claudio Gentile quel sole l'ha ancora impresso sulla pelle e nel ricordo, anche se suo padre, intuendo il disagio che montava, se n'era andato prima della dittatura. E' il ricordo di una Libia perduta, da quarant'anni cancellata, che Gentile ha conosciuto con gli occhi di un bambino e spera possa ancora tornare: «Tra italiani e libici c'era un bel rapporto prima di Gheddafi, poi è arrivato lui e ha pagato chi non c'entrava, cacciato anche se aveva portato lavoro e impresa. Sento che molti degli italiani che ci avevano lavorato con successo in Libia torneranno».

Anche Gentile vorrebbe tornare: «Sono stato contattato da persone che hanno rapporti diplomatici con la Libia, vorrebbero che diventassi il Ct della nuova nazionale. Sarebbe bello, non per prestigio, ma affetto». Tripoli per Claudio Gentile è il posto dei primi calci al pallone. Quando è diventato campione del mondo, nel 1982, festeggiato anche dagli italiani in Libia, avrebbe voluto celebrare a Tripoli con i suoi genitori. «Mi avevano chiesto tante volte di tornare là, ma Gheddafi ci ha negato due volte il permesso, temeva l'effetto mediatico». Tornare ora sarebbe un modo di rimettere le tessere del tempo al loro posto.  

Elisa Chiari
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