Barletta, un caffè contro il racket

La storia di Carmine Loffredo, il commerciante che ha saputo ribellarsi al racket delle estorsioni.

02/03/2013
Carmine Loffredo nel suo bar (foto Lavacca).
Carmine Loffredo nel suo bar (foto Lavacca).

Il coraggio di denunciare i suoi estorsori per ricominciare una nuova vita. E’ la storia di Carmine Loffredo, commerciante di Barletta laboriosa città della Puglia, che per molti anni è stato vittima dei suoi aguzzini. Poi, la decisione di rompere il velo di omertà. Così, dopo tanta sofferenza, oggi ha potuto riaprire quel bar che aveva visto andare letteralmente in fumo.


Finalmente è riapparsa la luce in fondo al tunnel in cui Loffredo si era trovato imprigionato a causa dei ripetuti taglieggiamenti ai suoi danni da parte di alcuni malavitosi. Gente senza scrupoli che impone la “legge del racket” gettando spesso nella disperazione chi lavora con onestà e impegno costante. “Avevo un bar dal valore di un miliardo - ha dichiarato Carmine Loffredo -. Per me era tutto, il bene più prezioso per poter vivere dignitosamente insieme alla mia famiglia. Ma, ad un certo punto, più di dieci anni fa è cominciato un vero e proprio incubo”.

La sua serena quotidianità fatta di duro lavoro e sacrifici viene squarciata dalle minacce, dalle richieste insistenti di pagare il “pizzo”. Per Carmine Loffredo è l’inizio di un calvario, di un dramma che sconvolge la sua esistenza. Una realtà triste e dura a cui non è facile ribellarsi. I ricattatori si fanno sempre più pressanti, insistenti, aggressivi attraverso continui atti intimidatori, fino all’estreme conseguenze. Nell’ottobre del 2003 il “Bar Toscanino” del signor Loffredo viene completamente distrutto dall'esplosivo. Ma neppure questo piega, la voglia di rinascere, di ripartire di Carmine Loffredo che, con coraggio e determinazione, si rivolge all’Associazione Provinciale Antiracket Antimafia di Molfetta. 

Il suo grido di aiuto trova ascolto. Fa leva sulla sua grande forza d’animo, sconfiggendo la paura di ritorsioni, e decide di denunciare i suoi estorsori. “Uno schiaffo alla mafia locale” è stato il commento degli inquirenti che si sono occupati del caso. Il signor Loffredo, con il sostegno dell'Associazione di Molfetta ha potuto anche accedere al fondo a favore delle vittime di usura e estorsione (Legge 44/99) per ricostruire il suo bar. “Per me è cominciata una nuova vita, professionale e personale - ha detto con un filo di emozione nel momento in cui ha potuto rialzare quella serranda divelta circa dieci anni fa dall’esplosione -. Il mio ringraziamento va a chi mi è stato vicino e ai rappresentanti dello Stato e dell'Associazione Provinciale Antiracket Antimafia di Molfetta. Ho sofferto tanto, troppo ma ora so che rinascere è possibile”.

Il coraggioso atto di Carmine Loffredo è stato sottolineato dal responsabile regionale della Fai (Federazione delle associazioni antiracket italiane), Renato de Scisciolo: “Un sincero augurio per la riapertura della sua attività commerciale. E’ un risultato importante, ricco di significato, che sancisce un lieto fine realmente possibile solo nel caso in cui le vittime decidano di denunciare i propria aguzzini mettendo la parola fine ad un incubo”. Mai un caffè ha avuto un profumo così fragrante di giustizia e riscatto sociale.

Nicola Lavacca
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