Via le slot machines dal mio bar

Monica Pavesi, titolare di un bar a Cremona, ha "dismesso" le slot. "Non sono una santa", dice ora, "ma non ne potevo più di vedere gente rovinata".

22/11/2012
Monica Pavesi nel suo bar a Cremona.
Monica Pavesi nel suo bar a Cremona.

A Pavia i locali senza slot-machines hanno affisso il cartello “Questo bar è No slot”. A Casorate Sempione, nel varesotto, un pub ha tolto le macchinette per fare spazio a formaggi, vini e birre artigianali e adesso organizza aperitivi “anti azzardo”. 

L'ultimo caso di “obiezione” al gioco d'azzardo arriva ancora dalla Lombardia, da Cremona, dove Monica Pavesi, titolare del Gio Bar Tabaccheria, in via Mantova, semi periferia della città, ha deciso di spegnere le slot perché era stanca, ha raccontato, di vedere persone che si rovinano. Guai però a dipingerla come un'eroina. «Ho fatto questa scelta consapevole dei rischi», spiega a Famiglia Cristiana.it, «ma non volevo che si alzasse tutto questo polverone. C'è troppo clamore, non mi piace. Non sono una santa come ha scritto qualcuno. Semplicemente, non ce la facevo più».

Le due macchinette del locale, attive dal 2008, sono ferme da un mese. La concessionaria dei giochi Snai non le ha ancora ritirate. Pavesi teme le conseguenze dopo la decisione di recedere dal contratto: «So di dover rinunciare agli introiti, circa mille euro ogni 15 giorni, ma non so ancora quanto pagherò di penale», spiega, «e questo mi preoccupa». Pentita no, non lo è affatto però. «Finalmente sono tranquilla e d'ora in poi posso lavorare con più serenità», dice.

C'è chi plaude alla sua scelta, chi la contesta. Chi, come molti gestori, a cui va il 6% degli introiti, considerano le slot un male necessario per guadagnare qualcosa in più, specie di questi tempi.  Ma il lavoro, per Monica, con le due macchinette da gestire e tutto il movimento di contanti, era diventato quasi insopportabile: «Chi gioca vuole che gli si cambino subito i soldi», ha detto al quotidiano locale La Provincia, «vuole subito la vincita, anche se si tratta di due-tremila euro. Molti si lamentavano per l'aumento di 10 centesimi del caffè e poi andavano a spenderne 50 alle slot».

Poi c'è anche l'aspetto umano. «Magari capitava che venissero da me i parenti di qualche giocatore incallito per esternare il loro disagio», dice, «io ero lì, li ascoltavo, senza sapere bene cosa dire. Sia ben chiaro: non se la prendevano con me ma certamente mi facevano riflettere. Come le persone che spendevano tutto quello che avevano. Le slot non sono come andare al casinò: lì ci va chi ha soldi da spendere, qui no».

A Cremona sono circa un migliaio le persone ammalate d'azzardo. I giocatori a rischio sono quasi quattromila. Cento i casi patologici seguiti dall'Asl. Si tratta di persone tra i 45 e i 65 anni. Oltre la metà sono signore di mezza età. Gli psicologi che hanno in cura chi soffre di ludopatia lo dicono da tempo: è come se le lucine delle macchinette avessero un effetto ipnotico. «Si vede chiaramente che non si accorgono minimamente del tempo che passa», dice la Pavesi, che ora sarà premiata dal Comune con una targa per il «coraggio dimostrato», come ha detto il vice sindaco Carlo Malvezzi.

Un segnale importante, quello di Pavesi. «Ma vi prego», dice al cronista, «ora lasciatemi lavorare in pace. Non ne posso più di questa pubblicità».

Antonio Sanfrancesco
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Postato da AZZURRA63 il 22/11/2012 20:30

Che bella notizia. Un esempio da seguire. Un esempio per tutti. Il denaro non è l'unica bussola da seguire. Grazie alla signora barista.

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