Cristina: e se mi risvegliassi domani?

La storia di Cristina Magrini, in coma da 30 anni dopo un incidente. E di un papà, Romano, che le dedica ogni ora della propria vita. In risposta a Fazio e a Saviano.

27/11/2010
Romano, il papà di Cristina Magrini, con Silvia Cocchi, la preside della scuola media di Bologna frequentata dalla ragazza prima dell'incidente.
Romano, il papà di Cristina Magrini, con Silvia Cocchi, la preside della scuola media di Bologna frequentata dalla ragazza prima dell'incidente.

“Vorrei che Cristina, quando non ci sarò più, fosse accudita con l’attenzione e la cura che la sua mamma ed io le abbiamo dedicato. Non è una pianta da innaffiare, è una persona da accarezzare, per evitare quelle piaghe da decubito che non ha, e da nutrire naturalmente, imboccandola non in modo artificiale”.

Comincia così l’ elenco di Romano Magrini, 78 anni, una figlia in coma da 30, una replica pacata alle polemiche suscitate dagli elenchi letti da Fazio e Peppino Englaro durante la fortunata trasmissione “Vieni via con me”, giudicata offensiva dalle associazioni pro vita. Critiche respinte al mittente dallo stesso Fazio e dagli autori del programma che si sono rifiutati di ospitare nell’ultima puntata di lunedì prossimo l’elenco delle ragioni di chi difende il diritto alla vita. Romano Magrini potrebbe farlo, perché da 30 anni dedica ogni ora della giornata all’assistenza della figlia Cristina, in coma da quando un’auto pirata l’ha investita sulle strisce pedonali.

Aveva 15 anni, tornava da scuola ed era felice perché portava a casa un bel voto da far firmare ai genitori. Cristina non è più tornata cosciente. Da allora ha avuto bisogno di un’assistenza costante, come un neonato, e ha assorbito tutte le energie della famiglia. Fino al ’91 Romano ha avuto l’aiuto della moglie, ma poi anche lei l’ha lasciato, colpita da una grave malattia, e si è ritrovato solo con Cristina. “Sono felice di fare quello che faccio, per me non si tratta nemmeno di un sacrificio, il problema è che ormai sono arrivato al capolinea. Ho quasi 78 anni, le forze se ne vanno. Non ricordo più una notte in cui sia riuscito a fare un sonno decente”, spiega.

Romano viveva a Bologna, ma si è trasferito a Sarzana, in Liguria, in cerca di un clima migliore. Tutti gli anni fa fare due mesi di mare alla figlia, la mette in costume e le fa prendere il sole, in carrozzina. “La gente non si rende conto di quello che significhi”, continua, “devo lavarla, imboccarla, cambiarle continuamente posizione. Il comune mi dà un po’ di assistenza durante il giorno, ma dalle sette di sera rimango solo con lei e ormai sono vecchio”.

E’ questo il problema che non è stato nemmeno sfiorato dagli elenchi di Fazio e Saviano. Il "dopo di noi" di quelle famiglie che si sono sempre fatte carico dell’assistenza dei loro cari e che pensano con terrore a quello che succederà quando non potranno più farlo. “Devo ringraziare i volontari che mi aiutano, persone di fede che si sono prese a cuore la mia storia”, conclude Romano, “ma non posso accettare di mettere mia figlia in un istituto non adatto a questi tipi di malati. Allora, davvero, per lei sarebbe meglio morire”.

Gli amici di Cristina si stanno dando da fare. Stanno creando un sito (www.cristina.it) e hanno raccontato la sua vicenda in un libro pubblicato dalla Digigraf (Se mi risvegliassi domani?, info f.golfarelli@gmail.com). Anche grazie a loro a Monzuno, nell’ Appennino bolognese, sta partendo un progetto, “Casa Cristina”. Una struttura riabilitativa con alcuni appartamenti dove le famiglie nella situazione di Romano possano ricevere assistenza e abituarsi, gradualmente, al passaggio. Un segnale concreto per dire che queste famiglie, al di là delle prese di posizione ideologiche, in un paese civile non vanno lasciate sole.

Simonetta Pagnotti
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Postato da Franco Salis il 28/11/2010 17:58

Ripropongo una opinione espressa ieri o avantieri e non apparsa.Non capisco:sono io che non sono riuscito a inviarla correttamente? può esserfe anche così o siete voi che non la ritenete degna?Ma io sono solo alla ricerca della "verità". Ho una certa difficoltà:più vado avanti con gli anni,più sono smemorato e più divento pignolo nell'accertamento dei fatti. Quindi, ma Luana,veniva alimentata con macchine o veniva imboccata come Cristina? ma sopratutto chi ha pronunciato la frase "e se mi sveglio domani?" perchè invero ricordo di averla già sentita,ma è stata smentita,da uomini di sienza(venduti all'ideologia?).Io credo che l'ideologia vada bandita da casi così tragici.Eppure ho letto che una autorità ecclesiale ha accusato Peppino Englaro di assassinio.Secondo me,sia Eluana che il padre,hanno portato la Croce di Cristo per (17)anni e poi non ce l'hanno fatta più.Cristo l'ha portata fino all'ultimo,ma era Cristo. Eppure ricordo altresì di aver udito in TV una autorità vicina a Papa Giovanni Paolo II che così raccontava gli ultimi momenti di vita:Tutti i presenti premurosi nei confronti del Papa,gli chiedevano se volesse essere trasportato in ospedale,il Papa ha rispesto,con una domanda:guarirò? con la delicatezza e affettuosità che il caso richiedeva gli hanno risposto di no.Il Papa allora ebbe a dire:" allora lasciatemi ritornare alla casa del Padre".Allora anzicchè perdere tempo in inutili, vergognosi e violenti attacchi alla copia Saviano Fazio,non sarebbe stato meglio spiegare le diffenze? Buona sera

Postato da Leo Re il 27/11/2010 16:11

La FAZIOsità - che è un atteggiamento antopologico - induce a pensare che i problemi si risolvono con la scienza e la tecnica e dove esse non arrivano il problema va cancellato per non intralciare la felicità. In realtà la felicità si raggiunge e tutti i problemi umani si risolvono con il "cuore". "Cuore" nel senso biblico, ovvero con tutte le risorse della persona a cominciare dall'amore per gli altri, passando per il rispetto della vita lungo tutto il suo decorso naturale e nel mentre si utilizzano i progressi disponibili e chiudendo con l'accettazione dell'inevitabile sofferenza umana.

Postato da 53franco il 27/11/2010 12:56

Che grande rispetto suscitano questi casi, che grande riflessione meritano questi sacrifici. Genitori che per tanti anni accompagnano i figli sofferenti e che rischiano di arrivare loro per primi al momento dell’abbandono, momento che diventa disperazione se ci si rende conto di lasciarli in mani meno amorevoli, meno attente, delle loro. Al punto che emerge un grido di dolore che sembrerebbe “stonato” nella sua tragicità: “..allora per lei sarebbe meglio morire..”. Ecco dove mancano le istituzioni, lo stato, tanta parte della società distratta, di quella società pronta a fare barricate e denunce e aggressioni contro altri genitori, altre disperazioni, altri uguali dolori come nel caso di Eluana. Perché infierire contro quella scelta disperata e “non giudicabile” e non impegnarsi a sostenere coloro, i più, che accompagnano eroicamente la vita “immobile” dei loro figli ? Perché tanta cattiveria contro chi ha scelto dopo anni di inutili cure di abbandonare una figlia al suo destino anziché contrastare la morte. Perché non riconoscere a tutti coloro che convivono con questi drammi una dignità cristiana. Perché non riconoscere a chi vuole tenere acceso il segno di una vita tutto quell’aiuto che una società civile e cristiana deve dare. Perché metterli gli uni contro gli altri speculando su due eroiche tragedie.

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