16/02/2012
Mario Monti (foto Ansa).
Alla fine si è fatta chiarezza, proprio nell’anniversario dei Patti Lateranensi. Almeno per quanto riguarda la legge. Sui mass media no: a leggere certi giornali il polverone è ancora notevole, sembrava che finalmente la Chiesa fosse stata messa in condizione di non evadere l’Ici. In realtà l’emendamento del Governo “che chiarisce in maniera definitiva la questione” è un capolavoro di concertazione tra Stato e Chiesa. Serve, tra l’altro, ad impedire che l’Unione europea intervenga con una procedura di infrazione per violazione della concorrenza ed illegittimo aiuto di Stato, su sollecitazione di un esposto dei radicali dell’ottobre del 2010. La questione è nota: secondo la legge 222/1985 gli enti non profit (laici o religiosi), “destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative o sportive, nonché delle attività di religione o di culto” hanno diritto all’esenzione dell’ICI.
Un oratorio, una mensa Caritas, un rifugio per senzatetto, una casa famiglia per giovani madri rientrano in questa sfera. Si è gridato allo scandalo, anche se gli enti religiosi rappresentavano una piccola parte (il quattro per cento) del mondo non profit che aveva diritto all’esenzione (sindacati, musei, enti culturali, associaizioni ecc). Il problema sorgeva nell’interpretazione di un emendamento alla legge del 2005 fatta dal governo Berlusconi, mantenuto anche dal governo Prodi. Se per gli enti commerciali (un hotel, un ristorante, una libreria, anche di proprietà di un aparrocchia) l’ICI andava pagata fino all’ultimo centesimo, si allargava l’esenzione anche agli enti “non esclusivamente commerciali”. Il caso che veniva fatto era quello di un hotel con una piccola cappella (quindi di un luogo di culto) al suo interno. La corretta interpretazione in realtà doveva essere che, non essendo quella di culto (la cappelletta) attività prevalente, l’hotel avrebbe dovuto pagare l’ICI. Ma, in certi casi, c’era chi considerava estensivamente la norma in favore dell’esenzione. Si era creata insomma una specie di “zona mista” che si prestava a interpretazioni diverse o quanto meno ambigue. Ora non più.
L’emendamento infatti dice che l’esenzione è riservata ai soli enti “non commerciali”, non importa se misti o prevalenti. In quel caso l’ICI (ora si chiama IMU) va pagata. Ma attenzione (ed ecco una novità): solo per la frazione dedicata all’attività commerciale, attraverso parametri fissati dal ministro dell’Economia. Proprio così: la ormai celeberrima cappelletta viene esclusa dal conteggio. Paradossalmente, in alcuni casi, gli istituti misti che pagavano l’ICI (proprio perchè l’attività commerciale era prevalente su quella cultuale, sportiva, assistenziale etc.), ora avranno diritto a uno sconto.
Francesco Anfossi