Governo tecnico, non solo prof

Per il prossimo esecutivo guidato da Mario Monti, se tutto va bene, si prevede un'infornata di professori. Ma quello che si aspettano gli italiani è che non facciano solo i docenti.

15/11/2011
Il Presidente del Consiglio incaricato, senatore Mario Monti.
Il Presidente del Consiglio incaricato, senatore Mario Monti.

Avremo un governo tecnico, quindi fiducia ai tecnici. Con una sola postilla. Per tecnico che sia un governo, la sua non potrà non essere un’azione politica. Certo i suoi attuali obiettivi sono essenzialmente economici, spread e riforme, come ci chiede l’Europa. Ma le conseguenze saranno politiche. Buone o cattive, a giudicare non saranno soltanto i mercati internazionali. O, a Roma, le Camere. Saranno anche le famiglie italiane, ai cui crescenti problemi il nostro giornale dedica da sempre articoli, inchieste, studi, copertine.

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Nove secoli fa Brunetto Latini, maestro di Dante, scriveva che la politica è “scienza e arte di governare lo Stato”. Nel ‘600 Michelangelo Buonarroti detto “il giovane”, nipote del sommo artista, capovolse il concetto adattandolo allo spirito dei tempi (diremmo, non solo i suoi): politica è “accortezza, astuzia o furberia nell’agire o nel parlare”. All’interno di queste due definizioni, l’una volta al bene pubblico, l’altra all’interesse privato, sappiamo che esistono infinite varianti. Noi italiani non vorremmo di sicuro una versione mediana, un po’ benintenzionata un po’ furbesca. La politica cui sentiamo di avere diritto si identifica esclusivamente con il buon governo. Appunto la “scienza e arte” di ser Brunetto.

Allora, il governo tecnico. Se tutto andrà bene, come si spera, alla sua guida sarà un collaudato europeista, Mario Monti, che sa tutto di economia ma ha pure una corposa esperienza politica. A parere unanime, l’uomo giusto al posto giusto, soprattutto nel momento giusto. Quanto ai ministri che sceglierà, girano voci di ogni genere ma nessuna certezza. In genere però si prevede una infornata di professori. E qui, con tutto il rispetto per le loro eventuali qualifiche, bisogna un po’ ragionare.

Da noi i professori, visti come amministratori della cosa pubblica, non godono di buona stampa. Alla Rai, tanto per dire, combinarono disastri. Lo stesso per gli economisti, docenti o no, e per i guru della finanza. Più questi personaggi sapevano e pontificavano, più sbagliavano previsioni e dispensavano titoli spazzatura. Nell’opinione corrente, insomma, non danno più garanzie dei politici.

Ora quello che gli italiani si aspettano è che i professori del nuovo governo non facciano solo i docenti e che gli economisti sappiano guardare oltre le leggi schematiche dell’economia. Per dirla in due parole, è qui che deve intervenire la scienza politica. Che è, sia pure nei limiti del possibile, equilibrio e misura. D’accordo cioè sul calo dello spread, sulle riforme, sui sacrifici che ci aspettano. Ma attenzione ai precedenti.

Il governo Berlusconi aveva promesso mari e monti, anche ed anzi principalmente a favore delle famiglie. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Berlusconi era ed è un grande imprenditore, ma non è stato un buon politico.

Ai professori, o tecnici assortiti, chiediamo adesso che lo siano. Se impongono sacrifici, ai quali siamo preparati, oltre ad esaminare i riflessi sull’economia in generale indaghino a fondo sul prezzo che dovranno pagare le famiglie. Se lavorano per il risanamento erariale, non considerino l’impoverimento delle famiglie come un dettaglio secondario. E nemmeno come una situazione momentanea, destinata col tempo a migliorare.

Già siamo pieni di giovani disoccupati, di donne che nemmeno provano più a cercare un lavoro. Un tenore di vita in declino, un “momentaneo” che si protrae da decenni. Così stando le cose, i ministri facciano con bravura i tecnici. Ma ricordino che il giudizio popolare non sarà tecnico. Sarà politico e sociale.

Giorgio Vecchiato
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Postato da Franco Salis il 15/11/2011 19:12

Insisto nel dire che non esiste un” governo tecnico” e che non può esistere. Nell’agire politico vi sono aspetti tecnici ma accompagnati da aspetti politici. Mi spiego o tento di farlo con un esempio che proviene dall’edilizia. L’architetto stabilisce che quella determinata colonna per reggere il peso ha bisogno di ferro tondino zigrinato(per una maggiore aderenza) da mm 14 e calcestruzzo da 350 cioè 350 kg. di cemento a fronte di un metro cubo di inerti. Se si diminuiscono le dimensioni del ferro e la dose cemento, la casa viene giù con o senza terremoti o inondazioni. Bene questo è un fatto tecnico, Ma la casa è solo un fatto tecnico? Che faccio, io committente, mi accontento delle colonne e delle arcate? O piuttosto mi interessano gli spazi, la luminosità, i colori, l’utilizzo degli spazi le superfici, volumetrie e forme in armonia di quelle preesistenti e con il tutto il resto, l’arredo fisso e mobile etc. Se la casa è già costruita e mi sta crollando addosso, non vado a cercare spazi luminosità etc ma per prima cosa la metto in sicurezza. In effetti contrariamente alle ripetute menzogne del PDL, l’Europa, questo ci chiede, mettere in sicurezza la casa, l’Italia, il resto è affare nostro, è politica. Politica è primariamente la equa distribuzione dei costi. QUESTO L’EUROPA NON CI CHIEDE. Ecco perché il governo non è mai solo tecnico. Ne consegue che la prima cosa a cui mettere mano è il debito sovrano, diversamente questo ci mangia ogni sacrificio fatto, cui punterà senz’altro il PDL privo com’è del più ben piccolo senso di stato. Il debito sovrano si potrà estinguere solo con la patrimoniale, ma non una strana patrimoniale che ogni tanto leggo: una imposta oltre il milione di reddito. Ma piuttosto ,fatta salva la fascia reddituale che non si può spremere oltre, con una imposta in proporzione al patrimonio, non solo per il debito, ma anche per avviare il processo di crescita non alle aziende. Se al nord fanno resistenza oltre i limiti ragionevoli, per salvare la patria, si faccia ricorso alle forze che abbiamo in Afghanistan. Che c’è da stupirsi? Non dicono di non essere italiani? Ebbene io li occupo con la forza.

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