Quei "nuovi italiani" in lista

Gli immigrati di seconda generazione candidati al Parlamento. Ecco chi sono, cosa pensano e cosa sperano per il futuro del Paese.

21/02/2013
Khalid Chaouki.
Khalid Chaouki.

“L’Italia sta cambiando e finalmente anche la politica lo capisce”, dice Khalid Chaouki, nato a Casablanca (Marocco) nel 1983 e arrivato in Italia con la sua famiglia all’età di 10 anni. Potrebbe essere il primo onorevole figlio di immigrati: è candidato alla Camera con il Partito Democratico al 14esimo posto della lista Campania 2 e sarà probabilmente eletto nel nuovo Parlamento. Le precedenti legislature avevano già visto “onorevoli” nati all’estero ed emigrati in Italia, ma le votazioni di febbraio porteranno per la prima volta a Montecitorio un volto delle seconde generazioni.

Khalid sottolinea che il suo candidato premier Bersani ha annunciato che, in caso di vittoria, la riforma della legge sulla cittadinanza sarà il primo provvedimento del Governo, ma aggiunge: “Speriamo che il consenso sia ampio e coinvolga altri partiti. Del resto, secondo l’Istat, oltre il 70% degli italiani è favorevole al diritto di cittadinanza per i figli di immigrati”. Scommette che questa sarà “la legislatura della riforma” anche Rania Ibrahim, 36 anni, mamma di 3 figli in attesa del quarto, candidata al 21esimo posto in Lombardia 2 per Scelta Civica con Monti. Sa che con le liste bloccate del Porcellum non sarà eletta, ma parla di questa avventura come di una collaborazione che continuerà anche dopo le urne. È un volto della società civile: “Non sono mai stata interessata alla politica partitica, ma in questi anni ho parlato delle seconde generazioni, dei migranti e delle Rivoluzioni Arabe in incontri pubblici, nelle scuole e come giornalista di Yalla Italia e del blog La città nuova del Corriere della sera”.

Anche il percorso di Khalid, oggi padre di due figli, è iniziato nell’associazionismo, a Parma, Reggio Emilia e Napoli; nel 2001, è stato tra i fondatori dei Giovani Musulmani d’Italia, di cui è poi divenuto presidente, ed è stato il più giovane membro della Consulta per l’Islam in Italia. Giornalista, ha scritto nel 2005 “Salaam Italia. La voce di un giovane musulmano italiano” e, a marzo, pubblicherà un nuovo libro, “Una generazione che brucia”. Il suo impegno politico è un percorso iniziato alcun anni fa, che lo ha portato a essere tra gli animatori del Forum Immigrazione e il responsabile Nuovi Italiani del Pd: “La mia candidatura non è solo un fatto personale, ma il riconoscimento di una campagna culturale di anni e di un lavoro collettivo di molte giovani seconde generazioni che ora si sentono parte integrante del Pd”. Spiega: “La nostra proposta di riforma è chiara: lo ius soli, cioè dare la cittadinanza italiana ai minori che nascono in Italia da genitori residenti da almeno cinque anni. Oppure, dopo un ciclo scolastico per i bambini nati all’estero e arrivati da piccoli in Italia.


Ranja Ibrahim.
Ranja Ibrahim.

Fondamentale è lo snellimento delle pratiche burocratiche (ora si aspetta anche 4-5 anni prima di una risposta). Ma, soprattutto, la cittadinanza ai nuovi italiani non deve più essere una concessione, com’è ora, ma un diritto”. Rania e Khalid concordano che la presenza dei “nuovi italiani” in politica possa aiutare la battaglia per la nuova legge sulla cittadinanza. Secondo Rania, “abbiamo la nostra biografia che racconta l’ingiustizia della legge attuale”. È così anche per la sua storia personale: “Io sono arrivata dall’Egitto a 2 anni. Ho ottenuto – anzi, mi è stata concessa – la cittadinanza quattro anni fa, dopo ben 30 anni che ero in Italia. E solamente perché ho sposato un italiano. Insomma, sono una ex-extracomunitaria!”. Aggiunge: “All’università ho poi studiato Scienze Politiche, ma per un periodo pensavo di fare l’ispettrice di polizia. Fino a scoprire che per accedere alla selezione, la prima richiesta era la cittadinanza italiana, che allora non avevo. Fine del sogno”. Ed è sempre a partire dalla propria biografia che Rania lancia un appello: “Capisco la rabbia di tante persone che vorrebbero astenersi, ma non dobbiamo rinunciare a questo diritto. Ci sono tanti giovani che vorrebbero votare e non possono. Io, ad esempio, dai 18 ai 32 anni non ho potuto”.

È d’accordo Khalid: “Generalizzare o abbandonare il terreno sarebbe sbagliato. La partecipazione è lo strumento per cambiare le cose, con uno sguardo al futuro più che al passato”. Secondo Khalid, “i nostri legami con le comunità di origine potrebbero essere una risorsa, dai rapporti con i Paesi del Mediterraneo alle comunità musulmane”. “Ciascuno di noi – aggiunge la candidata della Lista Monti – porta con sé anche altre sfaccettature della propria identità: io, per esempio, sono anche una giornalista precaria, una donna e una madre in attesa del quarto figlio. Per questo, vorrei occuparmi di temi come la violenza sulle donne, la scuola, il sostegno alle famiglie numerose o monoreddito”. In questi giorni, parte la campagna elettorale. Per entrambi, social network e incontri. Conclude Rania: “Sicuramente la nostra presenza la renderà più colorata e più vicina all’Italia reale”.

Non saranno i soli “nuovi italiani” tra i candidati. Con ottime possibilità di essere eletti, ci sono per il Pd Cecile Kyenge Kashetu, una donna di origine congolese arrivata in Italia nel 1983 a 18 anni e impegnata contro le discriminazioni, e per Sinistra Ecologia e Libertà Pape Diaw, capolista in Veneto al Senato e portavoce della comunità senegalese. In posizioni che con l’attuale legge elettorale rendono quasi impossibile l’elezione, ci sono invece Zeinab Ahmed Dolal, nata in Somalia e membro della Consulta per l’Islam in Italia, candidata con Scelta Civica con Monti nel Lazio, mentre sono in lista con il Partito Democratico Nona Evghenie, già consigliera comunale emigrata dalla Romania a Padova, e in Trentino Fernando Biague, ricercatore universitario della Guinea Bissau.

Stefano Pasta
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