Il cinese e il banco del pesce

Al mercato di Chioggia hanno ceduto una rivendita di pesce, ma il proprietario non è un chioggiotto: è, tenetevi forte, un cinese. Scandalo! In nome della "identità d'origine"...

15/12/2010
Acqua alta al mercato del pesce di Chioggia.
Acqua alta al mercato del pesce di Chioggia.

Segno dei tempi, dice Luca Zaia, ma brutto segno. Succede che a Chioggia, patria delle Baruffe goldoniane, abbiano venduto un banco del mercato. Cosetta da nulla, verrebbe da commentare, e comunque evento non tanto allarmante da far intervenire addirittura il presidente della Regione veneta. Senonché, come sappiamo tutti, il diavolo si nasconde spesso nei dettagli. E il dettaglio è che non solo si tratta di una rivendita di pesce, cosa nostra per chi butta le reti nell’Adriatico, ma il nuovo titolare non è un chioggiotto. È, teniamoci forte, un cinese.

Dicono le cronache che pescatori e commercianti sono in agitazione, ciò che non stupisce per due motivi. Primo, il concetto di indebita concorrenza. Secondo, anche dopo Goldoni, l’attitudine dei miei paesani alla baruffa. A Venezia città, che si raggiunge da Chioggia in battello, scoppiò una mezza rivolta per l’assunzione di una gondoliera donna, giudicata insultante. Dalle mie parti, insomma, si bada alle tradizioni. E appunto Zaia tiene a ricordarle, in nome della “identità d’origine” e, più ancora, del fatto che “quando un veneto va a comprare un branzino, vuol sentire l’idioma locale”.

Luca Zaia è tutt’altro che uno sciocco. Anzi governa bene e pare destinato a maggiori destini. Ma è un veneto di terraferma. In laguna, e come veneziano glielo posso assicurare, quando si va al mercato si bada poco all’idioma locale. Meno culturalmente, ci basta capire se il pesce è fresco. Certo, se volessimo del branzino giovane, non diremmo a un cinese di venderci una “sbregaùra”, che più o meno significa minutaglia frantumata. Ma non è problema grave.

Piuttosto grave, invece, sarebbe il circoscrivere al branzino una questione che riguarda un’intera società. Tanto per fare un esempio, anche a Prato c’era una fortissima “identità d’origine”. Solo che il monopolio tessile sta passando, pure là, ai cinesi. I locali, in crisi nera. E tanti altri casi si potrebbero citare. Inoltre sarebbe bene scegliere. Se consideriamo gli immigrati come gente che non si vuole integrare, non possiamo insorgere quando entrano – con i loro mezzi – nella competizione economica. Sempre procedendo per esempi, a New York prosperava Little Italy. Adesso, di nuovo, è un quartiere cinese. Tutti i negozi oltre la Quinta Avenue sono in mano a orientali di pelle gialla. In California è peggio. Là, però, business is business, non contano gli idiomi ma i dollari.

Un’ultima noterella. A Venezia si mangia quella prelibatezza che è il baccalà mantecato, gloria locale. Beh. Nelle migliori rosticcerie francesi si trova la “brandade de morue”, che è la stessa cosa. Gli esperti sostengono che è un piatto bretone, copiato da quei pescatori veneti che si avventuravano nell’Atlantico. Concorrenti abusivi, pure noi. Ma vero o no che sia, mantecato o “brandade”, noi ce lo teniamo.

Giorgio Vecchiato
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