L'Italia sotto le macerie dei partiti

Il Barometro Politico di Demòpolis mostra che la fiducia nei partiti è ormai a zero. E' giusto. Ma che cosa resta della politica senza i partiti?

14/10/2012

Ci sono notizie che, come certi cibi avariati, danno molta soddisfazione all'inizio del pasto e provocano molti dolori alla fine della digestione. E' quanto avviene con la lettura dei risultati dell'ultimo Barometro Politico dell'Istituto Demòpolis, che certifica la fine di qualunque fiducia nei partiti da parte dei cittadini: solo il 3%, oggi, si fida dei partiti (era il 20% nel 2008: già poco in assoluto, ma tantissimo rispetto a ora), un tasso di (s)fiducia che è il minimo storico degli ultimi trent'anni. E in caso di elezioni l'astensionismo dichiarato sarebbe intorno al 32%.


"Gli scandali delle ultime settimane", commenta Pietro Vento, direttore del'Istituto Demòpolis, "sembrano aver dato il colpo di grazia alla fiducia dei cittadini, e ad apparire in crisi, ormai, è la stessa legittimazione della classe politica. La crescente insofferenza degli italiani verso i partiti che hanno governato il Paese negli ultimi anni sta determinando un netto incremento non solo dell'astensione ma anche di quanti non saprebbero chi votare, ormai oltre il 23%. Si tratta in prevalenza di elettori dell'area moderata in cerca di rappresentanza, di nuove valide ragioni per tornare alle urne".


Un cartello di protesta contro il governo Monti (foto Reuters).
Un cartello di protesta contro il governo Monti (foto Reuters).

Come ricorda Vento, i partiti in fondo stanno facendo la fine che si meritano, tra scandali da urlo e un'inefficienza (anche parlamentare) non meno scandalosa. Ma la domanda di difficile digestione, appunto, è: finiti i partiti, che cosa c'è per l'Italia? E' ancora possibile la politica fuori dal sistema dei partiti?


Non è una domanda oziosa o retorica. L'abbiamo già visto succedere. Ricordate il 1994, il nuovo partito (Forza Italia) creato dal nulla da Silvio Berlusconi? Ricordate per quanti anni Forza Italia si portò appresso la nomea di "partito di plastica", senza congressi, senza correnti, tutto appeso alle decisioni del Capo e della sua stretta cerchia di collaboratori? Bene, in questi giorni il PdL (erede appunto di Forza Italia) si dibatte tra mille correnti, con lo stesso Berlusconi (oltre a molti militanti) che accusa lo staff dirigenziale di essersi troppo chiuso su se stesso. Di essersi partitizzato, appunto.

Fuori dalla forma partito, insomma, pare esserci solo il culto della personalità, l'omaggio al Capo che tutto può e tutto decide. Identica cosa è successa alla Lega Nord: anche lì, niente congressi, nessuna democrazia interna, Umberto Bossi per tutti. Fino a quando... beh, sappiamo tutti che cos'è successo.

Il Pd? Quello è il partito più partito di tutti, con i vecchi difetti che gli altri volevano appunto evitare. Correnti? Quante se ne vuole. Congressi? Quanti se ne vuole. E poi le primarie, la contestazione perenne del Capo, le decisioni prese e subito dopo sabotate... Insomma, tutto l'armamentario che ha stufato gli italiani. 

Che altro resta? Il Movimento % Stelle, che il Barometro Politico dell'Istituto Demòpolis dà ormai saldamente ancorato nei pressi di quota 20%. Anche qui abbiamo un leader, Beppe Grillo, che promette di essere molto diverso da Berlusconi e da Bossi, anche nella gestione del Movimento. Che succederà, però, quando i "grillini" manderanno un po' dei loro in Parlamento? Quando bisognerà agire e non solo protestare? Quando l'attività politica pretenderà un'organizzazione, un calendario, riunioni, votazioni? Riuscirà il Movimento a non diventare un partito, e dopo un po' magari un partito come gli altri: democraticamente diviso, con una leadership democratica e per questo democraticamente contestata o criticata, con qualche parlamentare magari pronto a dissociarsi dalla linea in questa o quell'occasione?

Ah, già, ci sono anche i tecnici. Monti, Passera, Fornero, Cancellieri, Riccardi, Grilli... Ma non abbiamo appena finito di dire che la loro è una parentesi (i più critici dicono: una "sospensione della democrazia") destinata (dicono anche: per fortuna) a chiudersi presto? Non dicono, gli intellettuali, che la politica deve riappropriarsi del proprio ruolo? E come farà, come farebbe, senza i partiti?

Il periodo del Governo Monti avrebbe dovuto essere impiegati dai partiti per la riforma più preziosa ed essenziale: quella, appunto, dei partiti stessi. Non è successo e le intenzioni dei cittadini elettori sono, come vediamo, punitive.  Ma l'esigenza di quella riforma resta. E la punizione, se arriverà, ricadrà anche sulle nostre spalle.






Fulvio Scaglione
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Postato da DOR1955 il 14/10/2012 15:50

Egregio Dr. Scaglione, la "punizione" purtroppo arriverà e non tarderà molto. E ricadrà, come al solito, sulle spalle dei più deboli, dei meno fortunati, delle persone oneste, di chi crede che l'onestà paghi. E sarà un "disastro" economico e di credibilità per l'talia; il primo rappresentato da un "gap" tecnologico e produttivo di 20 anni rispetto ai Paesi dove la politica ha fatto e sta facendo scelte lungimiranti, il secondo rappresentato dal fatto che, riproponendo ancora una volta i "soliti noti", perderemo ogni attendibilità circa i nostri futuri impegni a livello internazionale. Con la conseguenza di un inevitabile "scivolamento" verso quel così detto "Terzo Mondo" che oggi riteniamo lontano anni luce dalle nostre possibilità. Grazie ai signori politici. Di ieri e di oggi.

Postato da Rodolfo Vialba il 14/10/2012 11:29

Si dice spesso che ci si può non interessare della politica ma che la politica si interessa comunque di noi con le leggi che approva o non approva e le decisioni che assume o non assume. Non mi pare sia questo il caso. Ciò che mette in evidenza l’indagine di Demòpolis più che il disinteresse per la politica, che ammesso ci sia come fenomeno riguarda una minoranza in quanto la somma dei votanti e degli indecisi è al 91% degli elettori, quanto la credibilità che hanno le forze politiche in campo oggi, quasi tutte coinvolte e sconvolte dalla pessima immagine che di sé da la politica in conseguenza dei molti scandali che le indagini della Magistratura stanno portando alla luce. A fronte di tutto ciò non vale la distinzione tra il ruolo di maggioranza e quello di opposizione per addossare le responsabilità a chi è al governo in quanto l’opposizione appare complice e partecipe del malgoverno e della mala politica (vedi il caso della Regione Lazio), oppure inerte di fronte allo scandalo di un Consiglio e di una Giunta Regionale in cui 14 su 80 tra consiglieri e Assessori sono interessati dalle indagini della Magistratura (vedi il caso della Lombardia). A fronte di tutto ciò non vale neanche il richiamo, sempre più debole e inefficace, alla dimensione ideale e valoriale, o al bagaglio ideologico, di cui il singolo partito e tutti i partiti sono portatori, e non vale perché i partiti, governati da gruppi dirigenti vecchi e inamovibili, non essendo stati finora in grado di riformare loro stessi come chiede la Costituzione all’Art. 49, hanno perso la capacità e il prestigio necessario per indicare mete collettive di sviluppo e di progresso per le loro comunità e per il Paese. Piccoli o grandi, vecchi o nuovi che siano i partiti appaiono nei loro riti e nei loro incomprensibili linguaggi come corpi estranei, o quanto meno lontani, dalla realtà e dai problemi che la gente vive e, dunque, incapaci di dare risposte credibili ed efficaci. E’ vero, il tempo del Governo Monti avrebbe dovuto essere opportunamente impiegato dai partiti per autoriformarsi approvando la Legge richiesta dalla Costituzione. Ciò non è avvenuto e, come afferma Scaglione, “se la punizione arriverà ricadrà anche sulle nostre spalle”, e non solo su queste aggiungo io, perché, dice la Costituzione, che i partiti sono la garanzia della democraticità del sistema istituzionale. Di tutto ciò la responsabilità maggiore è indubbiamente dei partiti che sono stati, e sono, molto più attenti alla conquista e alla gestione del potere, che non al ruolo di rappresentanza e mediazione tra le esigenze della realtà che rappresentano e le risposte dei governi che presiedono. Ma davvero la responsabilità è tutta loro e non vi sono altri soggetti che, in misura diversa, sono ugualmente responsabili? A parte la scarsa partecipazione dei cittadini alla vita dei partiti e delle istituzioni, non c’è anche l’assenza, quando non la contrarietà, dei “corpi intermedi” e delle così dette agenzie formative ai temi della politica e del governo delle istituzioni? Non ha forse ragione, ad esempio, chi sostiene che la Chiesa del dopo Concilio sia stata più attenta alla attuazione della dimensione “liturgica” che non a quella dei “segni dei tempi”, quindi della “dimensione sociale” del messaggio cristiano? E che dire del così detto “terzo settore”, cioè di quell’insieme di organizzazioni di volontariato, di cooperative, di movimenti, ecc, che svolgono attività essenziali per la vita delle comunità, e che sono troppo spesso autoreferenziali di se stesse fino al punto di rifiutare l’incontro e il confronto con la politica? Non c’è pertanto anche la necessità di un esame di coscienza da parte di tutti costoro per capire se vi sono responsabilità anche loro per la situazione che si è determinata, ma anche per riscoprire compiti e funzioni che utilmente possono svolgere per la soluzione della crisi dei partiti e della politica, e dunque per il bene comune di tutte le persone e del Paese? E questa è la ragione per la quale ci si deve interessare della politica.

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