06/03/2012
Il Presidente del Consiglio Monti con alcuni ministri.
Sono passati poco meno di quattro mesi
dall’insediamento del Governo Monti.
Un breve periodo, ma sembra un secolo.
Finalmente, la politica ha cambiato passo.
Fin dai primi giorni, l’ex commissario europeo
ha riscattato una gestione “allegra”
della cosa pubblica. Ha ridato dignità al Paese
nelle sedi internazionali. S’è distinto per
uno stile sobrio. Non solo personale (ha rinunciato
all’indennità di capo di Governo e
di ministro dell’Economia), ma anche
nell’azione politica. In soli cento giorni ha
fatto risparmiare a Palazzo Chigi (quindi, ai
cittadini) quarantatré milioni di euro. Ha tagliato
il 92 per cento dei voli di
Stato, ha ridotto consulenze e spese di rappresentanza.
Ha vietato a ministri, sottosegretari
e funzionari di accettare regali oltre i
centocinquanta euro.
Per non parlare delle risorse che verranno
liberate dal tetto imposto ai compensi abnormi
dei burocrati di Stato. Siamo il Paese con
gli stipendi tra i più bassi d’Europa e, al tempo
stesso, con gli emolumenti più alti per i
manager pubblici. Il “tetto” non sarà facile
da far digerire alla casta di privilegiati, che
già scalpita. E briga con deroghe e rinvii. In
poche settimane, abbiamo visto riforme vere.
Necessarie al Paese, non ai partiti. Dalle pensioni
alla lotta all’evasione, dalle liberalizzazioni
al contenimento dei conti pubblici. Sia
pure con qualche “cedimento” alle lobby e
scarsa equità sociale.
Dopo tanti teatrini e sterili dibattiti, si è
tornato a parlare degli interessi dei cittadini.
Dal lavoro alla disoccupazione, piaga sociale
che mette in ginocchio migliaia di famiglie.
Da Paese da operetta, con nani e ballerine, irrisi
in tutto il mondo, abbiamo riconquistato
prestigio in Europa e negli altri Paesi. E riconquistato
il posto che ci spetta nella diplomazia
internazionale.
La “vecchia” politica, però, non si dà per
vinta. Pensa già al dopo Monti. Nostalgica
del vecchio “andazzo”, dopo questa parentesi
considerata “fastidiosa” ma necessaria. Il pericolo
è, tuttora, in agguato. Dei partiti, come
mediazione tra lo Stato e i cittadini, non
possiamo fare a meno. Ma di questi partiti
famelici e inconcludenti sì. Non è qualunquismo
o antipolitica. È voglia di altra politica,
più seria e rigorosa. Possibile solo con uomini
nuovi, che antepongano il bene del Paese
agli interessi personali.
Ma, anche oggi, non è oro tutto quel che
luccica. Nel suo efficientismo, il Governo dei
tecnici sacrifica corpi intermedi di “economia
civile”. Come l’Agenzia del Terzo settore.
Per non dire del mancato finanziamento del
servizio civile. O dell’incertezza sui fondi a favore
della cooperazione internazionale. Tutto
a danno del non profit, che dà lavoro a un
milione di persone e coinvolge sei milioni di
volontari. E, soprattutto, crea coesione sociale.
Risorsa indispensabile per il Paese.