Immigrati, malati due volte

Indagine del Naga“I cittadini stranieri irregolari che necessitano di assistenza soffrono una doppia malattia: quella organica e quella derivante dal mancato accesso alle cure”.

13/04/2011

 La legge italiana considera la salute un diritto inalienabile per ciascun individuo, anche per chi è privo di permesso di soggiorno. La Turco-Napolitano del 1998 ha stabilito che le cure mediche “essenziali e urgenti” devono essere garantite anche agli immigrati irregolari: al posto della tessera sanitaria, viene rilasciato dagli ospedali il codice STP (Straniero Temporaneamente Presente), valido sei mesi. Questo sulla carta. L’applicazione però è di competenza delle singole Regioni, che attuano pratiche molto diverse tra loro. In Puglia, unico caso in Italia, anche gli immigrati irregolari possono avere il medico di base; alcuni ospedali siciliani, invece, sono all’avanguardia per la presenza di ambulatori pubblici per gli irregolari.

In Lombardia, dove il numero di stranieri è il più alto d’Italia, la situazione è molto critica. Già nel giugno 2010 il rapporto La tutela della salute degli immigrati nelle politiche locali della Caritas di Roma parlava per Lombardia, Basilicata e Calabria di “un livello non adeguato di assistenza, fornita solo dal pronto soccorso, o da ambulatori di volontariato non convenzionato, comunque senza una direttiva regionale che uniformi l’assistenza e garantisca livelli assistenziali adeguati.” Lo conferma l’Indagine sulla (non) applicazione della normativa sanitaria per i cittadini stranieri irregolari a Milano presentata questa mattina dal Naga, un’associazione di oltre 300 volontari che dal 1987 garantisce un’assistenza legale, sanitaria (più di 15.000  visite ambulatoriali all’anno) e sociale gratuita a stranieri e rom.

L’indagine è intitolata La Doppia malattia. Guglielmo Meregalli e Stefano Dalla Valle, i medici che hanno coordinato la ricerca, spiegano: “I cittadini stranieri irregolari che necessitano di assistenza soffrono una doppia malattia: quella organica e quella derivante dal mancato accesso alle cure”. Per cinque mesi, tredici medici hanno verificato la prassi quotidiana dei singoli ospedali milanesi. Il campione sono stati 560 pazienti dell’ambulatorio dell’associazione, in prevalenza provenienti dall’Egitto, Marocco, Senegal, Sri-Lanka, Bangladesh, Tunisia, Romania e Perù. Il punto cruciale è il rilascio del codice STP. Il 61,6% dei pazienti inviati dal Naga agli ospedali con la richiesta di cure essenziali ha ricevuto una risposta negativa. Soprattutto emerge una forte frammentarietà e casualità della risposta. Il comportamento è estremamente variabile, a discrezione del singolo ospedale e, spesso, del singolo operatore. Se dal 2007 il San Paolo è l’unico ospedale con un ambulatorio dedicato agli irregolari, al San Raffaele e al Cto l’indagine rileva una “chiusura totale”.

Ci sono molte storie esemplari, come Rashid, un palestinese di 25 anni, che è riuscito ad ottenere un STP per un controllo al cuore solo al quarto ospedale. Carla, salvadoregna, ha passato più di tre ore tra vari uffici dello stesso ospedale per capire come prenotare un controllo all’addome. Oltre alle direttive della Regione e dei singoli ospedali, il problema spesso è la disinformazione degli operatori. Lo stesso Meregalli, medico al San Gerardo di Monza, dice: “L’STP è del 1998, ma io ho scoperto cosa fosse solo nel 2003 da un collega. Ancora oggi per molti medici e operatori l’STP è un illustre sconosciuto!”   Meregalli sostiene che il livello di accesso alle cure per i cittadini stranieri possa essere inteso come un termometro del grado di accoglienza e civiltà di un territorio. Ma dall’indagine emerge chiaramente che a Milano migliaia di persone con malattie gravi non sono assistite adeguatamente.

Per questo, il Naga lancia tre proposte all’Asl di Milano e alla Lombardia: iscrivere i cittadini irregolari alle liste dei medici di base; applicare in modo omogeneo la normativa e il rilascio del codice STP in tutte le strutture sanitarie, garantendo anche i successivi percorsi diagnostici e terapeutici; promuovere una campagna di informazione rivolta al personale sanitario e agli stranieri. Conclude l’avvocato Pietro Massarotto, presidente del Naga: “Difendere il diritto alla salute dei cittadini stranieri irregolari vuol dire difendere i diritti di tutti. I diritti sono universali, negare un diritto significa colpire un diritto della collettività. L’immigrazione è stato un terreno per sperimentare politiche di compressione dei diritti. Lo abbiamo visto con l’allarme securitario di questi anni: prima ha colpito i cittadini stranieri, poi altri soggetti deboli.”    

Stefano Pasta
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