"Enrica Lexie", che cosa vuole l'India

Dietro l'indagine sull'incidente in mare, i problemi politici dell'India, del Partito del Congresso e di Sonia Gandhi con le sue origini italiane.

22/02/2012
Massimiliano Latorre e Salvatore Girone (al centro), i due soldati italiani trattenuti a Kochi (copertina: Reuters; questa foto: Ansa).
Massimiliano Latorre e Salvatore Girone (al centro), i due soldati italiani trattenuti a Kochi (copertina: Reuters; questa foto: Ansa).

Una cosa è certa. L'India ha bisogno di uscire dalla crisi con l'Italia con una medaglia di risoluta imparzialità. Non solo perché il partito al Governo è attualmente impegnato nella corsa elettorale in quattro Stati dell'Unione, una prova definita decisiva per il suo futuro. Ma anche per cancellare, una volta per tutte, l'accusa di favoritismi e indulgenza nei confronti del nostro Paese.

     Italiana, infatti, è anche Sonia Gandhi, la donna più potente del subcontinente, presidente del partito di maggioranza, il Congresso, e considerata da molti il vero potere occulto che agisce dietro le quinte. Vedova dell'ex primo ministro Ragiv Gandhi, assassinato nel 1991, la scalata al potere di Sonia non è stata né veloce né facile. Per molti anni considerata una usurpatrice, ridicolizzata per come indossava il sari, o per come si esprimeva in hindi, la Gandhi è riuscita poco alla volta a conquistare una stima e un rispetto mai raggiunto in precedenza da nessun altro straniero.

     Tuttavia, le sue origini italiane non si possono cancellare né dimenticare. E davanti a una crisi che coinvolge il suo Paese, si teme sempre che il Governo finisca per chiudere un occhio, se non tutti e due, per difendere i compatrioti di Sonia. Accusa che si insinua anche nel caso della "Enrica Lexie". Troppi, per esempio, sono sembrati i quattro giorni presi dal Governo per decidere l'arresto dei due marò italiani. Sarebbe stata altrettanto ponderata la procedura, se fosse stata coinvolta un'altra nazione europea?

     Perché Nuova Delhi ha dovuto prendere tempo? Resta forte la sensazione che la decisione di adottare una linea dura sia scattata più per considerazioni politiche che per volontà di trasparenza. I media, d'altro canto, hanno dato ampio risalto alla notizia, sottolineando con forza gli aspetti più polemici. Secche dichiarazioni del ministro Giulio Terzi, che suonano abbastanza stonate rispetto a quelle riportate dai media italiani, e toni da melodramma. Sembra quasi che la gravità della situazione sia volutamente esagerata.

     Anche questa potrebbe essere una mossa politica. Mostrare all'opinione pubblica una facciata intransigente, e sprezzante del pericolo di creare una frattura con l'Italia, e intanto agire diplomaticamente su altri canali. Questo potrebbe essere il senso del viaggio in India del sottosegretario agli Esteri Staffan De Mistura, inviato in questi giorni in speciale missione diplomatica. Permettere al governo indiano di uscire “pulito” dalla faccenda, per mantenere aperte trattative diplomatiche più "discrete", come le ha definite il minstro Terzi.

Marta Franceschini
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Postato da Filippo1184 il 23/02/2012 15:12

L'India vuole vendetta e non giustizia. Parliamo di un paese che fa parte del Bric, ma in cui, di fatto, alla crescita economica fanno da contraltare problemi sociali enormi. Un paese militarista in guerra da un ventennio con il suo vicino islamico. Un paese dove le caste, abolite per legge, sono di fatto ancora presenti (testimonianza di un missionario in India che conosco bene). Un'accusa basata sul nulla, indimostrabile, che è stata portata ed è portata avanti in nome dell'odio. Un capro espiatorio, i nostri Marò, che si sono ingenuamente fatti portare via dalla nave su cui prestavano servizio. Un'aperta violazione del diritto internazionale. E' difficile prevederne la svolta, ma in India c'é la pena di morte. E noi che facciamo? Non possiamo fare nulla, se non aspettare. D'altronde si sa, che i paesi con l'atomica sono paesi da cui ci si deve aspettare di tutto. La necessità di trovare un colpevole ha fatto in modo che fosse l'Italia a dover pagare. Anche questa volta. Al limite un risarcimento alle vittime (ma se non le hanno uccisi loro i pescatori!), solo per far stare tranquilli tutti. Provo pena per le famiglie dei pescatori morti, così come ne provo per le famiglie dei marinai a casa in Italia. Saluti!

Postato da giancarlochiari il 23/02/2012 12:37

la vicenda mi ricorda un film di successo di cui non ricordo il titolo, che racconta la storia di un marinaio di una nave occidentale in un porto cinese. Il marinaio venne accusato ingiustamente di un omicidio a terra, per quanto sulla nave tutti si rendessero conto che non era colpevole, il marinaio venne consegnato alla giustizia (?) cinese che lo aveva condannato a morte perchè le autorità minacciarono di non lasciar partire la nave. il film fece discutere, la vicenda dei due marò replica trama e sensazioni: c'è da chiedersi se l'India sia ancora il paese di Gandhi, un avvocato capace di andare in carcere per contestare una legge a quanto pare gli indiani hanno violato tutte le leggi internazionali e senza neppure consentire di vedere uno straccio di prova; nessuno ha visto la barca dei pescatori, nessun difensore ha potuto prendere parte all'autopsia, e la sovranità nazionale sulle navi (sacra in quel film perfino per i cinesi) è stata violata a ripetizione da chi è salito a bordo alla ricerca di armi e proiettili (forse per costruire prove?) Non so come finirà, sarebbe triste e indegno che la patria della non violenza si macchiasse di un ingiustizia clamorosa e che l'Italia, in nome dei sacri diritti del commercio, sacrificasse il diritto e due marò in servizio anche per far fronte all'incapcità dell'India di garantire la sicurezza sui mari

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