28/06/2011
Lella Golfo, deputato del Pdl e presidente della Fondazione Marisa Bellisario, prima firmataria della legge.
Le quote rosa nei consigli di amministrazione delle società quotate in Borsa e delle società a partecipazione pubblica sono diventate legge. La presenza di due donne, Emma Marcegaglia e Susanna Camusso, ai vertici dei maggiori organismi rappresentativi di imprenditori e lavoratori, non aveva trascinato con sè una maggiore apertura alle donne negli organismi di gestione delle aziende. Dopo un iter tormentato, dopo aver affrontato le levate di scudi avverse di Confindustria, Ania e Abi, nonchè le singole obiezioni di esponenti politici e imprenditoriali, il disegno di legge bipartisan presentato dalle deputate del Pdl Lella Golfo e del Pd Alessia Mosca alla fine ha incontrato l'approvazione definitiva da parte della Camera.
I consigli di amministrazione e gli organismi di controllo delle due tipologie di imprese ricordate all'inizio, a partire dal 2012 dovranno essere composti per un quinto da donne, e per un terzo dal 2015. Il mancato rispetto della norma verrà punito, prima con un richiamo, quindi con una sanzione pecuniaria e infine con la decadenza del consiglio di amministrazione o dell'organismo di controllo. La legge entrerà in vigore a un anno dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, ma si valuta che sarà a pieno regime nel 2015 via via che scadranno i mandati.
Ricordiamo che in Italia la metà delle società quotate non ha nessuna donna nei consigli di amministrazione, e nelle società pubbliche la presenza femminile si riduce ulteriormente. Rientrano tra esse, per esempio, Telecom e Fiat, e giganti a partecipazione pubblica come Eni ed Enel. Tranne singole voci, la legge (approvata con 438 sì, 27 no e 64 astenuti) ha raccolto commenti entusiastici in entrambi gli schieramenti politici. Ma tra i più soddisfatti c'è sicuramente l'onorevole Lella Golfo, prima firmataria del disegno di legge e da molti anni, come presidente della Fondazione Marisa Bellisario, volto rappresentativo delle istanze di imprenditrici e manager.
Onorevole Golfo, perchè sono necessarie le quote rosa nei consigli di amministrazione?
"Perchè nel nostro Paese questa cultura non c'è. Tanto è vero che le società quotate in Borsa hanno cercato di autoregolamentarsi sulla presenza delle donne nei CdA, ma non sono neppure riuscite a trovare un accordo in proposito. Nell'ultima tornata di nomine di membri del board in varie società, mentre la legge continuava il suo iter, non c'è stata neppure la sensibilità di aumentare il numero delle donne. D'altra parte, il problema è che una donna toglie il posto a un uomo, e questi cancelli alle donne non li avrebbero mai aperti. Io sono sempre stata contraria alle quote, però mi sono resa conto della loro necessità. Perché? Perchè la prima donna entrata in un consiglio di amministrazione nel nostro paese lo ha fatto nel 1932, e nel 2011 siamo a una percentuale del 6,4%. Ecco perché ci vogliono le quote".
Un'obiezione è che non ci sarebbero abbastanza profili femminili all'altezza della quantità di posti che la legge apre loro.
"Guardi, l'anno scorso, mentre l'iter della legge andava avanti e si sollevava già questa critica, come Fondazione Marisa Bellisario abbiamo fatto un appello per raccogliere 1.000 curricula eccellenti di donne. Ne abbiamo raccolti 1.800, certificati da due società specializzate. Quindi, abbiamo anche dimostrato che le donne ci sono, sono preparate, sono pronte per entrare nei CdA. Non esistono più scuse".
Perché una maggior presenza di donne nei CdA farebbe bene alle aziende?
"Tutti i dati ci dicono che dove si è realizzata, anche in Europa e in America, il bilancio per le aziende è stato molto positivo. Perché le donne non sono superficiali, perchè studiano di più, si preparano e perché non possono assolutamente deludere. Quando si mettono a lavorare, lavorano bene. Ripeto, i bilanci sono andati molto meglio dove la loro presenza è cresciuta".
Rosanna Biffi